21 dicembre 1949 nasce Thomas Sankara, il “Che” africano

Le principali potenze capitaliste si rendono conto che Thomas Sankara rischia di rappresentare un pericoloso esempio e modello per gli altri paesi africani. USA, Francia e Gran Bretagna decretano dunque la sua morte.

di Roberto Vallepiano

Nacque il 21 Dicembre del 1949 durante un concerto di musica tipica africana.
Le note gli resteranno nel sangue e da ragazzo inizierà a guadagnarsi da vivere nei locali di Ougadougou come chitarrista del gruppo “Tout-à-Coup Jazz”.

Come il Che ha iniziato studiando medicina ma proseguirà diventando un soldato della Rivoluzione.
All’interno delle Forze Armate fonda una organizzazione segreta chiamata ROC (Raggruppamento degli Ufficiali Comunisti), il programma d’azione si ispirava al marxismo e all’antimperialismo.
Il suo punto di riferimento ideologico era Fidel Castro.

Inizia a combattere la corruzione e sostiene che l’esercito dev’essere al servizio del popolo e non delle oligarchie e delle élites al potere.

Nel 1983, all’età di 35 anni diventa Presidente con l’aiuto della Libia di Gheddafi, suo grande amico e sostenitore.
Appena eletto Presidente cambia il nome al Paese africano, da Alto Volta a Burkina Faso che significa “la Terra degli Uomini Integri”.

Promuove l’uguaglianza tra i sessi e la difesa delle donne.
Vieta per legge e contrasta con pene molto severe l’infibulazione e la mutilazione genitale femminile.

Costruisce scuole e ospedali, fa vaccinare milioni di bambini, da vita a campagne di donazione del sangue, combatte attivamente l’AIDS, fa crescere esponenzialmente l’alfabetizzazione del suo popolo.

Raggiunge l’autosufficienza alimentare e tessile, predica le virtù dell’economia locale, rifiuta e respinge i prestiti della Banca Mondiale e gli interessati “aiuti” di ONG e Comunità Internazionale pronunciando la celebre frase:
“L’aiuto di cui abbiamo bisogno è quello che ci aiuti a fare a meno degli aiuti”.

Invita la cittadinanza a mangiare e vestirsi con prodotti locali per non dipendere dall’estero.
Costruisce le condizioni perché i giovani non siano costretti a emigrare all’estero allontanandosi dalla propria gente e sradicandosi dalla propria cultura.

Da vita ad una riforma agraria che ridistribuisce la terra ai contadini.
Lancia un piano di edilizia popolare che garantisce una casa alla maggioranza dei suoi cittadini.
Promuove un Ministero dell’Acqua per garantire l’approvvigionamento idrico ad ogni villaggio.
Blocca l’avanzata del deserto piantando migliaia di alberi.

Riesce a donare nuovo protagonismo e voce a chi non ha mai avuto voce. Inventa la “Radio entrate e parlate”: ognuno poteva entrare liberamente nei locali della Radio Nazionale e dire ciò che voleva in diretta.

Crea gli “Orti Ministeriali” e manda a zappare funzionari e burocrati statali, per non fargli perdere il contatto con la realtà rurale della maggioranza della popolazione.

In pochi anni riesce a trasformare la Nazione più povera e iniqua dell’intera Africa in un modello di autodeterminazione e decolonizzazione, sconfiggendo la piaga della fame, delle sete, della disoccupazione, della malasanità e dell’analfabetismo.

Le principali potenze capitaliste si rendono conto che Thomas Sankara rischia di rappresentare un pericoloso esempio e modello per gli altri paesi africani.
Il Burkina Faso Socialista è la dimostrazione che è possibile affrancarsi dall’imperialismo e risolvere tutti i problemi facendo affidamento esclusivamente sulle proprie forze.

USA, Francia e Gran Bretagna decretano dunque la sua morte. Che, come nella peggiore tradizione shakespeariana, avverrà per mano di colui che considerava come suo fratello: l’amico d’infanzia e braccio destro Blaise Compaorè.

Per tutta la vita ha rinunciato a qualunque beneficio personale e, al momento della morte, gli unici beni in suo possesso si rivelarono essere un minuscolo conto in banca di 150 dollari, la piccola casa di famiglia in cui era cresciuto e la propria chitarra.

Pubblicato in Attualità, Internazionale

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