31 marzo 1964, il golpe spezza il sogno di un Brasile più giusto

Il 31 marzo 1964, le truppe del I Esercito, di stanza a Juiz de Fora, Minas Gerais, marciavano su Rio de Janeiro. Era la scintilla che faceva deflagrare il colpo di stato, nell’aria da settimane, mesi, che avrebbe sospeso la democrazia in Brasile per oltre vent’anni.

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Brasile: un laboratorio di esperienze antidemocratiche

Con il golpe del 1964,  il Brasile aveva inaugurato il ciclo delle dittature militari in America Latina. Ora ha inaugurato un nuovo ciclo di governi antidemocratici. La prima volta la rottura democratica è stata possibile perché le forze popolari erano troppo deboli per resistere a un progetto golpista che si stava articolando dalla fine degli anni quaranta, con la fondazione della Scuola Superiore di Guerra e la diffusione della dottrina di sicurezza nazionale. La sinistra stava appena cominciando ad acquisire forza di massa, con l’estensione della sindacalizzazione urbana e l’inizio della sindacalizzazione rurale. Era una sinistra impreparata ad affrontare il golpe perché riponeva totale fiducia negli spazi legali. Il golpe si impossessò  rapidamente del governo, chiuse tutti gli spazi democratici, bloccò tutti i sindacati. Le forze di sinistra, duramente colpite, furono neutralizzate.

Il Brasile era un obiettivo importante del progetto nordamericano per il potenziale economico del paese e per i rischi, dal punto di vista degli USA, di produrre focolai guerriglieri nelle campagne, come a Cuba, per la miseria che caratterizzava le relazioni rurali nel paese. La dittatura, dopo aver represso  il Congresso e il potere giudiziario, ha potuto convivere con quegli organi, con i media subordinati al nuovo potere. Ci fu un numero sensibilmente minore di vittime che in Uruguay, Cile o Argentina come riflesso di una sinistra più debole.

Il Brasile è stato il modello più perfetto del progetto nordamericano della guerra fredda in America Latina. È stato dove la dottrina della sicurezza nazionale è stata la più elaborata, dagli stessi personaggi che, quasi due decenni dopo, avrebbero capeggiato il golpe militare: Golbery do Couto e Silva ed Humberto Castelo Branco. È stato dove meglio ha funzionato il modello economico della dittatura perché ha potuto ancora valersi del ciclo espansivo lungo del capitalismo internazionale, visto che il golpe c’era stato prima dell’entrata del capitalismo nella sua lunga fase recessiva. Questo colpirà negativamente le altre dittature militari, instaurate quasi dieci anno dopo.

Il Brasile è stato il paese che ha avuto per più tempo un regime militare, 21 anni, molto più che gli altri tre paesi. È stato dove la militarizzazione dello Stato ha assunto contorni più definiti, con le FFAA che funzionavano realmente come un partito militare delle classi dominanti e dell’imperialismo nordamericano.

La nuova esperienza antidemocratica ricomincia ora nuovamente in Brasile, ora per ragioni diverse. Non per la debolezza della sinistra e del campo popolare bensì, al contrario, per la sua forza. Per aver sconfitto quattro volte consecutive la destra, per aver messo in pratica il modello più di successo di  democratizzazione sociale, per averlo fatto nel quadro di un processo democratico. E per aver potuto contare sulla più importante leadership politica della sinistra contemporanea, Lula.

In questa nuova fase storica, il golpe ha assunto contorni istituzionali con la “guerra ibrida” come strategia della destra su scala regionale e internazionale. La combinazione della “giudizializzazione” della politica, i media monopolisti e un Congresso eletto dai grandi conglomerati economici, alleati delle chiese evangeliche, ha permesso la realizzazione in Brasile della nuova operazione antidemocratica della destra.

 

Fuente: Página12

Emir Sader, sociologo impegnato nei movimenti sociali brasiliani

traduzione di Rosa Maria Coppolino

Pubblicato in Attualità, Cultura, Internazionale

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