Che Guevara su Stalin

Che Guevara: “Sono arrivato al comunismo a causa di Stalin

7 novembre 2023

Fidel Castro e Ernesto Che Guevara

Riportiamo di seguito alcune affermazioni su Stalin a riprova che il pensiero forte del Che non appartiene a tutti ma solo al movimento marxista-leninista internazionale contro quella pletora di libertari piccolo borghesi, anarchici, trotzkista che hanno sempre cercato di impossessarsi della sua figura e delle sue idee per strumentalizzarla, svuotare di ogni significato il suo contributo all’ideologia rivoluzionaria del proletariato, come i revisionisti italiano hanno fatto con Gramsci.

Nel suo viaggio in Unione Sovietica e negli altri paesi socialisti nel 1960; il Che volle rendere omaggio alla tomba di Stalin creando un certo imbarazzo ai diplomatici kruscioviani.

Il Che a Mosca, 1965

“E’ fondamentale pubblicare le opere di Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao così da mettere in evidenza gli ‘eterodossi capitalisti’ come Kruscev e Trozkij. In Stalin sta la differenza fra la rivoluzione ed il revisionismo. Nei cosiddetti errori di Stalin sta la differenza tra un rivoluzionario e un revisionista. Si deve vedere Stalin nel suo contesto storico, nel quale si è sviluppato, così lo si deve apprezzare […]..Sono arrivato al comunismo grazie a Stalin e nessuno può dirmi di non leggere le sue opere. Le ho lette anche quando era considerato molto male leggerle, ma questo era un altro periodo. Siccome sono una persona non troppo brillante e per di più testarda continuerò a leggerle.”
Che Guevara, 14 dicembre 1965 – lettera al compagno Armando Hart dalla Tanzania

Ernesto Che Guevara visitò Zanzibar nel 1965; insieme a lui nella foto c'è Said Iddi Bavuai, Ali Mwinyogogo, Ali Sultan e Mussa Maisara. Il Che è arrivato in Tanzania per la prima volta giovedì 11 febbraio 1965 lasciando la Cina.

“Il mio dovere di marxista-leninista è quello di smascherare chi si cela dietro al revisionismo, il trozkismo e l’opportunismo e insegnare ai compagni che non devono accettare come validi i giudizi contro Stalin, formulati borghesi, socialdemocratici o poseudocomunisti, lacchè della reazione il cui vero scopo è distruggere il movimento operaio dall’interno.”
Che Guevara, Novembre 1966

Il Che in Bolivia

Infine non possiamo dimenticare la responsabilità storica della tragica fine del gruppo guerrigliero eroico alla Quebrada del Yuro. Essa non è da imputare solo all’esercito boliviano ma in particolare a Mario Monje, segretario generale del Partito Comunista di Bolivia schierato su inequivocabili posizioni revisioniste (solo i fratelli Coco e Inti Peredo, tra i dirigenti del PCB aderirono al movimento guerrigliero) e che non organizzò il movimento urbano di massa a sostegno della guerriglia come era stato precedentemente concordato e che avrebbe favorito il radicamento e lo sviluppo della rivoluzione.

La demonizzazione di Stalin serve a nasconderne i grandi contributi alla teoria rivoluzionaria

di Rainer Shea
Fonte:

Perché “stalinista” è usato come peggiorativo, nonostante non ci sia nemmeno un’ideologia chiamata “stalinismo?” Perché sotto la visione del mondo che i propagandisti anticomunisti e i loro lacchè ideologici cercano di coltivare, lo studio della teoria rivoluzionaria marxista-leninista è associato all’essere complici delle atrocità di cui Stalin è accusato. La falsa immagine di Stalin che tali propagandisti hanno prodotto è destinata a descrivere il marxismo. La natura di tale disonesta tattica retorica si trova inquadrando l’insulto “stalinista”. L’implicazione di tale insulto è che con Stalin è sempre esistito un culto della personalità, che per estensione fu accettato da chi studia il marxismo. Ma tale idea viene dalla narrativa fuorviante che un tale culto esistesse intorno Stalin.

 http://domenicolosurdo.blogspot.com/

L’affermazione “Stalin aveva il culto della personalità” fu originariamente coltivata da opportunisti nel governo sovietico, che cercavano di screditare Stalin dipingendolo come vanitoso e chi lo sosteneva come ingenuo. Stalin criticò e ridicolizzò l’idea che meritasse un culto, il che rende completamente assurda l’accusa che i marxisti-leninisti semplicemente assecondassero i desideri di un egocentrico. È anche disonesto ritrarre l’ideologia immaginaria dello “stalinismo” come da associare a crimini indifendibili contro l’umanità. Le affermazioni che dipingono Stalin come criminale genocida provengono solo da propagandisti nazisti od anticomunisti le cui affermazioni furono smentite, o dai citati leader sovietici opportunisti. L’affermazione “Stalin fece morire di fame l’Ucraina” viene dal Terzo Reich, che convinse i media statunitensi a diffondere la loro menzogna. I resoconti sui gulag sovietici e il Grande Terrore a cui gli occidentali di solito vengono esposti provengono da fonti screditate come Robert Conquest e Aleksandr Solzhenitsyn. Le affermazioni secondo cui Stalin creò gli errori giudiziari del sistema legale sovietico provengono da Nikita Krusciov, smascherato sulle sue accuse a Stalin.

Il mio dovere di comunista marxista-leninista è quello di smascherare la reazione nascosta dietro il revisionismo, l’opportunismo e il trotzkismo e di insegnare ai compagni (attuali e potenziali) che non devono accettare come validi i giudizi contro Stalin formulati da borghesi, socialdemocratici o anche da altri pseudo-comunisti lacchè della reazione, il cui vero scopo è quello di dinamitare il movimento operaio dall’interno
Ernesto Che Guevara

Tutto torna a ciò che disse Che Guevara: “Nei cosiddetti errori di Stalin sta la differenza tra atteggiamento rivoluzionario e atteggiamento revisionista. Devi guardare Stalin nel contesto storico in cui si muoveva, non come una specie di bruto, ma in quel particolare contesto storico. Sono arrivato al comunismo grazie a papà Stalin e nessuno deve venire a dirmi che non devo leggerlo”. Da quali informazioni cercavano di sviarci ingannatori, demagoghi e manipolatori che calunniano Stalin? A quale conoscenza si riferiva il Che dichiarando quanto fossero potenti gli scritti di Stalin? Mentre mi immergo nelle opere di Stalin, ho la sensazione di quanto sia stato bravo a rendere comprensibile la teoria rivoluzionaria proletaria, e quindi di quanto siano pericolose le sue idee per i difensori ideologici del capitale. Il primo passo di Stalin in cui mi imbattei e mi colpì fu questo, dal primo capitolo del suo libro I fondamenti del leninismo: “L’imperialismo è l’onnipotenza dei trust e dei monopolisti, delle banche e dell’oligarchia finanziaria nei Paesi industriali. Nella lotta a tale onnipotenza, i metodi consueti della classe operaia, sindacati e cooperative, partiti parlamentari e lotta parlamentare, si sono rivelati del tutto inadeguati. O mettersi alla mercé del capitale, vivere un’esistenza miserabile come un tempo e sprofondare sempre di più, o adottare una nuova arma: questa è l’alternativa che l’imperialismo mette davanti alle masse del proletariato. L’imperialismo porta la classe operaia alla rivoluzione”.

“Io credo che nelle questioni fondamentali su cui si fondava, Trozkij commetteva degli errori; credo che il suo comportamento posteriore fu erroneo e negli ultimi tempi anche oscuro. Credo che i trozkisti non abbiano apportato nulla al movimento rivoluzionario, in nessun paese, e dove hanno fatto di più hanno fallito perché i metodi erano sbagliati”.
Ernesto Che Guevara: Discorso al Ministero dell’Industria, 5 novembre 1964

Questo passaggio inizia a dare senso del motivo per cui il Che fu spinto a diventare comunista dopo aver letto Stalin. In esso, riassume le ragioni per cui lavoratori e poveri non avranno mai i loro interessi rappresentati nell’attuale struttura statale. E sostiene questo argomento non semplicemente affermando che lo Stato capitalista è innatamente cattivo, ma spiegando come anche le supposte opzioni di cambiamento offerte al proletariato non saranno efficaci finché esisterà lo Stato capitalista. Chiama tale dura realtà del capitalismo “prima contraddizione” dell’imperialismo, dove lo sviluppo del capitalismo verso la sua forma imperialista rafforza il potere dispotico dello Stato capitalista e lascia al proletariato altra scelta che la rivoluzione. Poi spiegava che la seconda contraddizione dell’imperialismo è l’indebolimento del capitale che emerge quando le diverse potenze imperialiste inevitabilmente si combattono per il dominio, e che la terza contraddizione dell’imperialismo è la grande disparità tra Paesi oppressori e Paesi sfruttati che porta inevitabilmente a rivoluzioni nei Paesi sfruttati. Queste debolezze innate nel sistema in cui viviamo, disse Stalin, porteranno “all’accelerazione dell’avvento della rivoluzione proletaria e alla necessità pratica di essa”. Qui vediamo Stalin, con la conoscenza che acquisì dalla Prima guerra mondiale e dalla Rivoluzione russa, espandendo la predizione di Marx che un giorno il capitalismo si divorerà da sé. Stalin spiegò perché gli eventi dell’inizio del XX secolo avevano completamente rivendicato la visione marxista su dove fosse diretto il capitalismo. E tutte le guerre, rivoluzioni e crisi economiche sotto il capitalismo da allora hanno solo dimostrato che Marx (e Stalin) hanno ragione.

Ho giurato davanti a una fotografia del vecchio e compianto compagno Stalin che non avrò riposo fino a che non vedrò annientare queste piovre capitaliste.
Lettera del Che a sua zia Beatriz da Costa Rica San José de Costa Rica, 10 dicembre 1953

Avendo stabilito perché il capitalismo era destinato a crollare e creare i semi della rivoluzione, nel secondo capitolo de I fondamenti del leninismo Stalin spiegò perché queste condizioni post-collasso avrebbero permesso specificamente la rivoluzione proletaria dopo l’ascesa al potere dei bolscevichi. Lo fece ripudiando le affermazioni senza senso dei riformisti borghesi opportunisti, che usarono credenze dogmatiche per dire che la creazione della nuova democrazia operaia era irrealistica: “Primo dogma: sulle condizioni per la presa del potere da parte del proletariato. Gli opportunisti affermano che il proletariato non può e non deve prendere il potere se non costituisce la maggioranza nel Paese. Alcuna prova viene addotta, perché non ci sono prove, né teoriche né pratiche, che possano confermare tale assurdità… Secondo dogma: il proletariato non può mantenere il potere se manca del numero adeguato di quadri culturali e amministrativi formati e in grado di organizzare l’amministrazione del Paese; questi quadri devono prima essere formati in condizioni capitaliste, e solo allora si potrà prendere il potere. Supponiamo che sia così, risponde Lenin; ma perché non girarla in questo modo: prima prendere il potere, creare le condizioni favorevoli per lo sviluppo del proletariato, e procedere con passi da sette leghe innalzando il livello culturale delle masse lavoratrici e formando numerosi quadri di dirigenti e amministratori operai? In questa sezione, spiegava quanto sarebbe relativamente facile il compito di creare lo Stato operaio marxista-leninista. I liberali, che continuano ad affermare in vari modi che le condizioni attuali rendono impraticabile il nuovo insediamento di una dittatura del proletariato in qualsiasi nazione, sono smentiti da questi ed altri argomenti addotti da Stalin. Sulla falsa convinzione altrettanto demoralizzante che la rivoluzione possa avvenire solo dopo che si è verificata una serie improbabile di condizioni in un dato Paese, nel terzo capitolo Stalin applica il leninismo per esporre la verità: “In passato, la rivoluzione proletaria era considerata esclusivamente risultato dello sviluppo interno di un dato Paese. Ora, questo punto di vista non è più adeguato. Ora la rivoluzione proletaria va considerata il risultato dello sviluppo delle contraddizioni nel sistema mondiale dell’imperialismo, come risultato della rottura della catena del fronte imperialista mondiale in un Paese o nell’altro. Dove inizierà la rivoluzione? Dove, in quale Paese si può sfondare per primo il fronte del capitale? Dove l’industria è più sviluppata, dove il proletario è maggioranza, dove c’è più cultura, più democrazia, questa era la risposta solitamente data prima. No, obietta la teoria leninista della rivoluzione, non necessariamente dove l’industria è più sviluppata, e così via. Il fronte del capitale sarà trafitto dove la catena dell’imperialismo è più debole, perché la rivoluzione proletaria è il risultato della rottura della catena del fronte imperialista mondiale nel suo anello più debole”. E come può la catena del capitale indebolirsi in un dato Paese? Attraverso gli inevitabili processi del collasso imperialista e capitalista che Stalin spiegò. Che la borghesia lo voglia o no, il suo sistema si tradurrà in crescenti tensioni di classe dovute a condizioni lavorative inaccettabili, all’indebolimento reciproco delle potenze imperialiste a causa della propria avidità e alle ribellioni delle colonie che gli imperialisti sottomisero.

Ho ancora molte altre opere di Stalin da leggere, ma dopo aver assorbito queste sue idee, ho già capito perché le sue opere sono viste come minacciose dai guardiani dell’egemonia della classe dominante. Le realtà che svela sulla natura autodistruttiva del capitalismo e la praticità della rivoluzione proletaria sono terrificanti per gli sfruttatori del mondo, perché possono mostrare alle masse perché è logico unirsi col partito del marxismo-leninismo.

Ogni rivoluzione comporta, lo si voglia o no, piaccia o no, una parte inevitabile di stalinismo, perché ogni rivoluzione deve fronteggiare l’accerchiamento capitalista. Noi abbiamo dovuto imparare in poco tempo cos’è il blocco economico, la sovversione, il sabotaggio e la guerra psicologica che l’imperialismo può condurre contro un paese rivoluzionario. Noi sappiamo che è una necessità assoluta difendersi dall’accerchiamento imperialista, e l’invasione del 17 aprile ci ricorda che nessuna misura, nessun sacrificio è superfluo su questo terreno.”
Che Guevara, 1961

Le dichiarazioni e le opinioni espresse in questo articolo sono di esclusiva responsabilità dell’autore e non rappresentano necessariamente le opinioni di www.cuba-si.ch/it.

 


Articolo correlato:

Fidel: “Trotzkismo, strumento volgare dell’imperialismo”. Screditare il Che per screditare il movimento rivoluzionario

Pubblicato in Attualità, Cuba, Cultura, Internazionale

ARCHIVI