Che Guevara, la CIA e gli extraterrestri

Mario Terán, militare boliviano che ha giustiziato Che Guevara, 50 anni fa, dieci anni fa è stato operato gratuitamente alle cataratte da un equipe di medici cubani inviati in missione solidaria in Bolivia (1). Una nota curiosa, senza dubbio, da includere in notizie o reportage sull’anniversario della morte del Guerrigliero (2). Ma no. Non la leggerete nei grandi giornali internazionali.

Un fatto con una simile carica simbolica attenta contro l’obiettivo centrale informativo dei media mainstream di questi giorni: la demistificazione della figura di Ernesto Guevara e della sua lotta per costruire una società solidaria.  Sia descrivendolo come avventuriero (3), come illuso idealista (4), come dirigente di un sistema socialista “fallito” (5) … addirittura come uno spietato assassino (6). Anche come una vuota icona pop (7) o mero oggetto di consumo per la vendita di camicette (8): la prova definitiva, senza dubbio, del presunto “fallimento” delle sue idee.

L’immensa maggioranza delle interviste che leggiamo in questi giorni non sono né a studiosi della sua opera, né ai suoi familiari, né ai suoi compagni di guerriglia. I quattro figli viventi del Che e due dei sopravvissuti della Quebrada del Yuro, dove il Che è stato catturato, partecipavano, insieme al presidente Evo Morales, alle cerimonie di omaggio in Bolivia. Erano a disposizione per la stampa. Ma le loro esperienze ed opinioni, semplicemente, non interessano.

I media -per esempio- come “Clarín”, il principale quotidiano argentino, cercano solo le dichiarazioni di coloro che hanno tradito la causa del Che. Di coloro che abdicarono alle sue idee. Nel 1996 è stato uno dei primi giornali che ha intervistato Daniel Alarcón, “Benigno”, membro della guerriglia che, in pieno Periodo Speciale a Cuba, ha deciso chiedere asilo politico in Francia (10). Questa settimana, “Clarín” pubblicava uno speciale sul Che che era piuttosto uno speciale su “traditori e disertori o loro figlie e figli”. Intervistava Laurence Debray (11), figlia di Regis Debray, e autrice di libri e documentari di propaganda monarchica, come “Juan Carlos de España” (12); Iliana de la Guardia (13), figlia di Antonio de la Guardia, colonnello cubano fucilato per la sua provata connessione con il narcotraffico (14); e suo marito, Jorge Masetti, ex-guerrigliero pentito (15) e figlio del fondatore di Prensa Latina (16). Tutti, senza eccezione, denigravano il Che, Fidel Castro e la Rivoluzione cubana.

Anche abbondano, questa settimana, le interviste ad antichi militanti della sinistra (17), detrattori, oggi, dei governi progressisti dell’America Latina (18). Non leggeremo una sola intervista o articolo d’opinione di intellettuali, politici o attivisti che difendano la validità del pensiero del Che, tranne in modesti media alternativi (19) (20) (21).

E la cosa più incredibile: il personaggio più intervistato e citato dai media, in questi giorni, è Felix Rodriguez Mendigutía, alias “El Gato”: l’agente che la CIA ha inviato in Bolivia per catturare e assassinare Che Guevara (22). Un criminale che il giornale spagnolo ABC descriveva come un innocente “cubano che ha dedicato la sua vita a combattere il comunismo in molti paesi” (23). Neppure una parola sulle sue azioni terroristiche a Cuba, la sua partecipazione al tentativo d’invasione della Baia dei Porci, il suo agire come torturatore in Vietnam, o il suo appoggio a varie dittature, come quella del Nicaragua, dove ha partecipato al piano di fuga di Anastasio Somoza dopo il trionfo della Rivoluzione Sandinista (24).

E’ importante occultare la sua storia di fanatismo anti-comunista per non sottrarre credibilità ai due messaggi chiave che ripete in ogni intervista: uno che il Che è stato “un assassino che godeva ad uccidere la gente” (25) e due, che Fidel Castro è stato colui che “lo ha inviato alla morte in Bolivia”, per presunti disaccordi “ideologici” (26).

Identici messaggi che leggeremo in nuovi libri, pubblicati da grandi case editoriali e promossi da giornali, radio e televisioni appartenenti agli stessi gruppi di comunicazione (27) (28).

È il caso di un’ultima truffa intitolata “Ho un papà. Le ultime ore del Che” Editorial Planeta (29) (30), scritto da J.J. Benitez, un noto ciarlatano (31) specializzato in libri sugli UFO (32), che dice che “oggi il Che Guevara sarebbe uno jihadista” ( 33) e che i suoi resti non si trovano a Cuba, ma in Bolivia (34). La sua fonte: un altro presunto “ex agente” della CIA (35). Sarà lo stesso agente che ha informato, l’autore, su una base aliena che, secondo quanto sostiene, avrebbe trovato l’Apollo XI sulla Luna, nel 1969, e che l’esercito USA ha distrutto -assicura- con una bomba nucleare? Tutto punta al sì.

 

José Manzaneda, coordinatore di Cubainformación

Traduzione Francesco Monterisi



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Pubblicato in Attualità, Cuba, Internazionale

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