Gruppi di estrema destra, sostenuti da bande criminali, hanno letteralmente preso in ostaggio la popolazione del Nicaragua
di Fabrizio VerdeALBA LATINA
2 giugno 2018
Giovani manifestanti armati di tutto punto, finanche con armi da guerra come gli AK-47, ostentano le proprie ‘dotazioni’. Blocchi stradali, assedi, incendi, linciaggi. Siamo a Managua, la capitale del Nicaragua. Ma queste scene le abbiamo già viste a Caracas durante il periodo delle cosiddette ‘guarimbas’. Proteste violente che hanno insanguinato le strade del Venezuela con l’obiettivo di rovesciare il governo Maduro. Parimenti accade in Nicaragua. L’obiettivo è rovesciare il governo sandinista guidato dal Comandante Daniel Ortega.
Mentre i media mainstream, a Managua come a Caracas, descrivono le proteste come pacifiche e genuine.
Si tratta davvero di una protesta popolare?
«Ciò che avviene in Nicaragua non è un’insurrezione popolare, ma un’operazione per rovesciare il governo», spiega il direttore della rivista Correo, Jorge Capelán, in un articolo a sua firma e intitolato: ‘Cosa sta succedendo in Nicaragua?’.
Capelán sottolinea che gruppi di estrema destra, sostenuti da bande criminali, hanno letteralmente preso in ostaggio la popolazione del Nicaragua. Con blocchi stradali, la richiesta di pedaggi o per meglio dire estorsioni (proprio come avveniva in Venezuela), violenze con bombe e armi da fuoco e attacchi contro beni pubblici come ospedali, scuole, uffici comunali e il quartier generale del Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale (FSLN).
Il 30 maggio migliaia di madri del Nicaragua hanno marciato a sostegno della pace e per condannare gli omicidi durante le violenze nelle strade.
«In Nicaragua non c’è un’insurrezione popolare contro il governo, ma, al contrario, la resistenza di tutto il popolo sandinista e non sandinista, contro un progetto progettato da e per le élite finanziarie e settori potenti degli Stati Uniti con il sostegno di anche settori potenti dell’Unione Europea», ha denunciato inoltre Capelán.
Gli Stati Uniti e il ‘Nica Act’
La destabilizzazione pilotata dall’estero viene sempre accompagnata da sanzioni economiche. Ancora una volta siamo costretti ad evidenziare l’analogia con la strategia attuata in Venezuela.
L’iniziativa ‘Nica Act’ è stata approvata l’anno scorso dalla Camera bassa del Congresso degli Stati Uniti, per cercare di bloccare «i prestiti delle istituzioni finanziarie internazionali al governo del Nicaragua», ci viene ancora in soccorso il direttore Capelán, con il suo esaustivo articolo sulla situazione in Nicaragua, rilanciato dall’emittente teleSUR.
Un boicottaggio economico che trova sponda in alcuni individui nicaraguensi legati a doppio filo alla finanza internazionale.
Nomi come Michael Healey, José Adan Aguerri, o la famiglia Pellas già attiva negli anni 80’ nella guerra sporca condotta contro il governo sandinista.
La risposta del governo sandinista
Nonostante incendi, distruzioni, attacchi con mortai, il governo del Nicaragua con in testa Daniel Ortega e Rosario Murillo, ha deciso di rispondere ritirando il provvedimento sulle pensioni che avrebbe scatenato le proteste, e sostenendo con forza il dialogo e la pace.
«Vogliamo la pace, per tutte le famiglie nicaraguensi, la sicurezza per tutte le famiglie nicaraguensi, da chi possiede di più fino a chi ha meno, perché abbiamo tutti gli stessi diritti, davanti a Dio e davanti alla legge» ha affermato il presidente sandinista Daniel Ortega, in piazza a Managua. In mezzo al suo popolo che lo sostiene con ancora più forza davanti agli attacchi sferrati per rovesciarlo.