Chi dice che è morto? Cinque anni dopo la sua partenza -solo fisica- verso l’eternità, egli rimane scolpito nella memoria dei popoli riconoscenti del mondo. Egli rinasce in ogni battaglia quotidiana che difende la pace, la conservazione del pianeta e il progresso della scienza per il benessere comune.
Autore: Mailenys Oliva Ferrales
Fonte: Granma
Traduzione: GFJ
25 novembre 2021
Foto: Gilberto Rabassa
Il tempo infinito di Fidel
Ci sono fuochi che non si spengono mai. E ci sono verità che non hanno bisogno di essere evocate. Ecco perché ogni volta che una vittoria suscita le emozioni di quest’isola, c’è lui, vivo che rende la sua presenza immortale ancora più grande.
Ogni volta che una nuova sfida ci invita a reinventarci di fronte a tanti ostacoli imperiali, lui è lì, un torrente di azione e di pensiero per ricordarci che il lavoro non è perfetto, ma autentico, e soprattutto nostro.
Ogni volta che una campagna d’odio cerca di eclissare il nostro orizzonte, eccolo lì, vestito di verde oliva, con il suo gilet morale e la sua barba ribelle per avvertirci dei maggiori pericoli che vengono con la parola “interferenza”.
È il nostro Fidel, lo sappiamo tutti. E se lo sentiamo ancora presente, è perché non c’è stato un addio definitivo in quei giorni plumbei in cui un paese intero ha invaso marciapiedi, strade e vie per abbracciarlo, per l’ultima volta. Nel suo energico passaggio dall’Avana a Santiago de Cuba, ci ha confermato che “tutta la gloria del mondo sta in un chicco di mais“.
Chi dice che è morto? Cinque anni dopo la sua partenza -solo fisica- verso l’eternità, egli rimane scolpito nella memoria dei popoli riconoscenti del mondo. Rinasce in ogni battaglia quotidiana che difende la pace, la conservazione del pianeta e il progresso della scienza per il bene comune. Palpita, con il suo esempio collaudato, nella cultura che non si vende né si spegne. Continua, semplicemente, a fare la storia.
Altri lo hanno visto nella felicità dei bambini che sono tornati nelle loro classi, nel risultato di tre dosi salvavita di fronte a un’enorme pandemia e negli sforzi commoventi di medici, scienziati, insegnanti, lavoratori e studenti.
L’hanno visto pure nella necessaria trasformazione intrapresa nei quartieri poveri, nel volo libero di una colomba, nel pugno vincente di un pugile “senza padrone”, negli accordi di una canzone poetica… e nella resistenza stoica di una nazione.
La sua eredità – come ha detto Abel Prieto, presidente della Casa de las Américas – appartiene al presente, al futuro; “abbiamo bisogno di lui come dell’ossigeno perché in Fidel ci sono sempre risposte folgoranti, illuminate su ciò che sta accadendo e può accadere“.
Tale certezza è stata un colpo diretto al mento di coloro che, dal nord, hanno cercato di promuovere sulle reti sociali, ciò che non sono mai stati in grado di conquistare sul terreno. La prova: un 11 luglio che non si è concluso con l’esplosione sociale che sognavano, e un 15 novembre con una messa in scena, senza marcia e senza applausi.
È così che gli schiavi del denaro vanno di fallimento in fallimento, mentre l’impronta di Fidel brilla in coloro che preferiscono amare e fondare, in coloro che non hanno paura di nessuna tempesta, in coloro che non si scoraggiano, e in coloro che sostengono cambiamenti interni, sì, ma nati dallo sforzo collettivo e non da un servilismo a buon mercato senza patria e senza bandiera.
Questa è la forza morale di un leader che ispira sempre, l’inesauribile eredità intellettuale di un “uomo insolito” che è diventato un seme fertile nella mente di milioni di persone, la leggenda vivente di un gigante che, in realtà, non ha bisogno di altri qualificativi che il suo stesso nome, Fidel.
Sotto la protezione della sua straordinaria esistenza, la Rivoluzione Cubana avrà sempre una bandiera di luce e decoro che non possiamo lasciar cadere. Non per niente il nostro Primo Segretario e Presidente Miguel Díaz-Canel Bermúdez, ci ha esortato a “(…) pensare a Fidel, alle sue idee, alla sua imponente, feconda e indispensabile eredità, come un modo per alimentare quel sentimento genuino di perpetuare per sempre la sua presenza tra noi“.