Coronavirus, Cuba: la solidarietà nonostante l’embargo

La centralità delle vite umane, anche di quelle dei cittadini di altri Paesi, è la forza che muove Cuba, in contrasto con il primato del profitto privato che pervade ogni aspetto dell’esistenza nei Paesi capitalisti.

È giunta sabato in Italia la missione cubana richiesta dalla Lombardia per affrontare l’emergenza coronavirus. Intanto, nel mondo sono sempre più le voci che chiedono la fine dell’embargo criminale che gli Stati Uniti impongono all’isola da sei decenni.

Per anni, gli apologeti del neoliberismo a stelle e strisce ci hanno risposto che quello del sistema sanitario cubano altro non era che un mito ideologico. Quando però si sono trovati di fronte all’emergenza, neppure i leghisti della Regione Lombardia hanno badato a distinzioni politiche, e si sono rivolti alle autorità dell’isola di Cuba – non a quelle statunitensi o di altri Paesi occidentali – per ricevere assistenza, dopo aver già ottenuto il consistente aiuto cinese.

Un’ammissione che suona come una vittoria per un Paese sottoposto da sei decenni ad un blocco economico ingiusto e criminale, ma che ha saputo fare di necessità virtù, sviluppando un sistema sanitario all’avanguardia, completamente gratuito per chiunque, e mettendo le proprie conoscenze e capacità al servizio di tutto il mondo, come dimostrano altre emergenze sanitarie del passato (colera ad Haiti o ebola in Africa, per citare solo quelle più recenti). Un’assistenza fornita a chiunque ne abbia avuto bisogno, dai Paesi più amici, come il Venezuela, fino alla Lombardia leghista.

Nella giornata di sabato, 53 tra medici e infermieri cubani sono giunti in Italia per soddisfare la richiesta di aiuto presentata da questa regione per bocca di Giulio Gallera, l’assessore regionale alla sanità della giunta di centro-destra a trazione leghista. Il personale cubano andrà a lavorare nell’ospedale di Crema, attualmente in stato critico, andando ad aggiungersi al contingente cinese che è stato invece destinato a Bergamo. Mentre gli “amici” statunitensi occupano ininterrottamente il territorio italiano con oltre dodicimila soldati, i Paesi comunisti invadono il Paese con i propri medici e infermieri.

Sia Cuba che la Cina, del resto, stanno continuando a mostrare la propria solidarietà nei confronti di molti altri Paesi colpiti dall’emergenza coronavirus. Tra gli ultimi Paesi a beneficiarne, la Grecia ha ricevuto l’assistenza cinese, mentre i medici cubani si sono recati in questi giorni in SurinameGrenada e Giamaica, in ques’ultima con un contingente di 140 persone, di cui 97 donne, guidato dal dottor Eduardo Ropero Poveda. Persino le autorità brasiliane, che sotto il presidente di destra Jair Bolsonaro avevano espulso i medici cubani dal Paese, sono state costrette a tornare sui loro passi, ed ora supplicano L’Avana per ricevere nuovamente l’assistenza dell’isola comunista.

L’impegno di Cuba per fornire la propria assistenza al resto del mondo sta mettendo sempre più in evidenza, anche agli occhi dei meno attenti, l’ingiustizia sulla quale si basa l’embargo economico nei confronti dell’isola, imposto unilateralmente dagli Stati Uniti sei decenni fa, e condannato innumerevoli volte dall’Organizzazione delle Nazioni Unite. Le sanzioni economiche sono già esecrabili quando applicate contro Paesi militarmente ostili, ma diventano del tutto ingiustificabili quando queste vanno a colpire un’isola che fa politica estera non attraverso le armi, ma attraverso la cooperazione e l’assistenza sanitaria.

Non deve dunque sorprendere che sia partito proprio dagli Stati Uniti un nuovo appello per l’eliminazione dell’ingiusto blocco economico che affligge Cuba. La petizione è stata firmata da importanti economisti, tra i quali Jeffrey Sachs, direttore del Center for Sustainable Development della Columbia University, colui che fu incaricato di guidare il fallimentare processo di transizione verso l’economia di mercato nei Paesi dell’Europa orientale, dunque non certo un marxista-leninista. Sachs ha qualificato il blocco economico come “una politica smisurata ed in flagrante violazione del diritto internazionale”, riferendosi anche alle sanzioni imposte dagli Stati Uniti contro altri Paesi, quali l’Iran e il Venezuela.

Le sanzioni economiche contro questi Paesi, infatti, vanno a colpire soprattutto la popolazione, ed impediscono ai governi di rifornirsi di materiali utili per affrontare nel migliore dei modi l’epidemia: “È indispensabile che gli Stati Uniti revochino queste sanzioni immorali e illegali per consentire all’Iran e al Venezuela di affrontare l’epidemia nel modo più efficace e rapido possibile”.

Il Center for Economic and Policy Research (CEPR) ha sottolineato come le sanzioni economiche contro l’Iran possano essere considerate come una delle concause che ha portato alla diffusione dell’epidemia nel Paese. “Non vi è dubbio che le sanzioni abbiano inciso sulla capacità dell’Iran di contenere lo scoppio dell’epidemia, che a sua volta ha portato a più infezioni e forse alla diffusione del virus oltre i confini dell’Iran“, ha affermato il direttore dell’istituzione, Mark Weisbrot.

Anche il capoeconomista del CEPR, Dean Baker, ha invitato il governo statunitense a sospendere quanto meno provvisoriamente le sanzioni contro il Venezuela, che ad oggi sono costate al Paese sudamericano almeno 140 miliardi di dollari. Baker ha messo in evidenza il fatto che le sanzioni altro non fanno che ridurre la capacità di acquisire finanziamenti, forniture mediche e cibo per servire la maggior parte dei venezuelani.

Di tutti i blocchi economici criminali imposti dagli Stati Uniti nella storia, il più duraturo ed odioso resta però quello contro Cuba. Allo stesso tempo, la politica dell’embargo ha dato all’isola la possibilità di dimostrare le proprie capacità di adattamento e la propria resilienza, per questo i risultati raggiunti dai cubani meritano un ulteriore apprezzamento. Malgrado le difficoltà interne dovute alla situazione geopolitica, soprattutto dopo la fine dell’Unione Sovietica, il governo cubano non ha mai negato la propria assistenza ai Paesi in difficoltà, e l’Italia è solamente l’ultimo di questi a dover ringraziare i successi della rivoluzione castrista.

Alla luce di ciò, appare giustificato l’ottimismo con il quale il presidente Miguel Díaz-Canel si è indirizzato alla nazione caraibica: “Abbiamo dalla nostra parte un sistema sanitario pubblico per tutti, una comunità scientifica dedicata e un efficace sistema di protezione civile, un partito e un governo che mettono i cubani al centro della loro attenzione e abbiamo anche l’esercito popolare, e insieme a questi punti di forza abbiamo anche più di sessanta anni di addestramento in un lungo percorso di resistenza alle dure guerre di ogni tipo che ci sono state imposte”.

La centralità delle vite umane, anche di quelle dei cittadini di altri Paesi, è la forza che muove Cuba, in contrasto con il primato del profitto privato che pervade ogni aspetto dell’esistenza nei Paesi capitalisti.

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