La stampa internazionale raramente sceglie di occuparsi delle questioni interne a Cuba e gli accadimenti “rilevanti” da diffondere oltreoceano sono in genere selezionati con cura, affrontati superficialmente e, soprattutto, totalmente decontestualizzati.
La stampa internazionale raramente sceglie di occuparsi delle questioni interne a Cuba e gli accadimenti “rilevanti” da diffondere oltreoceano sono in genere selezionati con cura, affrontati superficialmente e, soprattutto, totalmente decontestualizzati.
Nelle ultime settimane è stato dato un certo risalto alla protesa del Movimento San Isidro e all’arresto, il 9 novembre, di uno dei suoi attivisti, il rapper Denis Solìs, complice la diffusione a Cuba della rete 3G, ben sfruttata dai manifestanti, che consente loro di ottenere un’enorme visibilità.
Il Dipartimento di Stato degli USA ha immediatamente supportato la protesta del Movimento San Isidro sostenendo la necessità di rafforzare “la capacità dei gruppi indipendenti della società civile a Cuba di promuovere i diritti civili e politici nell’isola” e condanna “la responsabilità dei funzionari cubani nelle violazioni dei diritti umani”.
In un articolo deludente dell’Agenzia di Stampa Francese, consultabile sulla rivista l’Internazionale, pur riconoscendo l’elargizione di smisurati finanziamenti da parte di Washington ai gruppi dissidenti, si parla di risveglio delle coscienze e di come al Movimento si siano presto unite intere comunità di artisti e personaggi pubblici nel chiedere libertà di espressione e la fine della repressione.
In una interessante intervista su Cubadebate, la dottoressa Anayansi Castellón Jiménez, a capo del Dipartimento di Filosofia dell’Università Centrale “Marta Abreu” di Las Villas, che da anni si dedica allo studio dell’ideologia della Rivoluzione cubana, ha dichiarato che un’analisi generale dello scenario attuale deve partire da un’idea fondamentale: si tratta di una questione politica e della sopravvivenza del progetto socialista della Rivoluzione cubana.
“Dobbiamo chiederci che cos’è Cuba, che cosa rappresenta la Rivoluzione e come è stata sottoposta in modo permanente ad un assedio da parte delle forze dell’imperialismo”.
Da sempre in trincea, il bene maggiore rimane l’indipendenza di Cuba, la cui autonomia è costata una lotta infinita che va avanti da sessant’anni. Sui social network appaiono continui incoraggiamenti e consigli su come sviluppare le proteste in luoghi che permettano un maggior impatto internazionale.
Inoltre la televisione cubana ha mostrato un video in cui Ileana Hernández, attivista del Movimento San Isidro e portavoce di Cibercuba (una piattaforma “indipendente” sostenitrice di Trump), afferma che il democratico Joe Biden rilasserà i rapporti con l’isola e l’opposizione soffrirà la perdita di sostegno.
La dottoressa Castellón prosegue “Esiste una sorta di manuale delle operazioni psicologiche delle agenzie militari e di intelligence degli Stati Uniti, lo abbiamo visto più volte in Venezuela, Bolivia, Nicaragua, Ecuador, Argentina e Brasile, nell’ambito del laboratorio sperimentale permanente dell’imperialismo, che usa la stessa formula per generare i pretesti che permettono loro di attivare più sanzioni e persino di giustificare le loro avventure di guerra. Creano il problema e promettono una soluzione che porta ad una maggiore sofferenza i nostri popoli”.
Sono molte le testimonianze di cubani incarcerati reo-confessi (Alejandro Cesaire, Manuel Aria, Jose Osmani Bauta, Francisco Felipe), che ammettono di essersi prestati ad atti di vandalismo e sabotaggio sotto compensi provenienti dalla Florida, spesso da parte di cubani residenti negli Stati Uniti. Basta avere una conoscenza profonda di Cuba ed essere legati al suo popolo per comprendere quanto sia comune sull’isola avere almeno un conoscente che cede informazioni in cambio di dollari.
Nella sua intervista, Anayansi Castellón spiega come “la decomposizione morale della politica estera statunitense li porta alla pratica criminale di acquistare sovversivi a prezzi scontati. In mancanza di una vera motivazione politica, ideologica o etica, è con il denaro che si sentono in diritto di realizzare il tanto agognato cambio di regime a Cuba“.
Gene Sharp è l’uomo a cui si attribuisce lo sviluppo della strategia delle rivoluzioni non violente. Il suo libro “Dalla dittatura alla democrazia”, diffuso e tradotto in tutto il mondo, sottolinea l’importanza di utilizzare loghi e tattiche di marketing che si rivolgano ai giovani, i quali dovranno occuparsi di fomentare “piccole rivolte di strada” per creare un ambiente permanente di instabilità e caos.
Importante, secondo Sharp, è attirare l’attenzione dei media internazionali e istigare forme di repressione da parte delle forze di sicurezza, in modo da proiettare un’immagine intesa come violazione dei diritti umani e utilizzarla per giustificare qualsiasi azione contro il governo.
“Secondo il manuale della lotta non violenta, fattori esterni contattano, organizzano e forniscono denaro e formazione ai gruppi di opposizione, in modo da generare un effetto moltiplicatore delle azioni di strada dei giovani attivisti. […] La promozione del caos interno è accompagnata da una grande pressione internazionale per sollecitare il rispetto dei diritti umani dei manifestanti e la generazione di misure di coercizione economica che provocano grandi spirali inflazionistiche, carenza di cibo e insicurezza, in modo da soffocare il governo vittima dell’attacco e trascinare altri settori nelle azioni di strada”. Eventi visti e rivisti anche di recente in America Latina.
Raul Antonio Capote, ex agente segreto cubano infiltrato nella CIA dal 1990 al 2000 e oggi professore di Storia e gran studioso di Gramsci, in un articolo sul quotidiano Granma ricorda come il quartiere San Isidro alla fine del XIX secolo, fosse abbandonato al degrado e tormentato dalla presenza dei Marines americani in cerca di divertimento e sesso a buon mercato.
La vita dei suoi abitanti è cambiata con il trionfo della Rivoluzione nel 1959 e oggi il quartiere conta 14 consultori medici, una clinica di medicina tradizionale, una clinica veterinaria, tre asili nido, una scuola materna e quattro scuole.
Il 18 novembre i giovani artisti di San Isidro si barricano all’interno della sede del Movimento all’Avana Vecchia dichiarando uno sciopero della fame per chiedere la scarcerazione di Denis Solìs, tra le ostilità di alcuni abitanti del quartiere, che inizino a diffondere fotografie e scontrini per testimoniare il costante ingresso di cibo e acqua.
Tra i manifestanti c’è Carlos Manuel Àlvarez, giornalista e scrittore cubano residente in Messico che collabora con El Paìs, rientrato a Cuba il 24 novembre per unirsi immediatamente alla protesta, dopo aver rilasciato un indirizzo sbagliato in aeroporto e violando la quarantena prevista dal protocollo sanitario legato alla pandemia in corso.
La notte del 26 novembre la polizia entra nella struttura e procede allo sgombero. Tutti i presenti vengono sottoposti a tampone molecolare e rilasciati.
La dottoressa Anayansi Castellón Jiménez sottolinea: “Come è stato studiato da molti analisti, il richiamo alle emozioni nelle reti coinvolge le persone in comunità sentimentali transitorie e paralizza la capacità di ragionare, giudicare e verificare dove sono i limiti tra realtà e finzione”.
Il 27 novembre scorso il viceministro Fernando Rojas incontra gli attivisti del Movimento San Isidro, i rappresentanti dell’Unione Nazionale degli Scrittori e degli Artisti di Cuba (Uneac) e dell’Unione dei giornalisti di Cuba (Upec). Si decide di rimandare la riunione alla presenza del Ministro della Cultura, Alpidio Alonso.
Poco prima dell’incontro il Movimento San Isidro invia una lettera al Ministero dove, a nome di tutti i presenti alla scorsa riunione, impone unilateralmente una lista di condizioni (come la presenza alla riunione di alcuni mezzi di stampa “indipendenti” notoriamente supportati da finanziamenti esteri) e dichiara la propria disponibilità al dialogo solo se tali condizioni vengono rispettate.
L’Uneac, l’Upec e l’Università di Scienze Informatiche (UCI) si dissociano fermamente dalle richieste. L’Upec dichiara: “In qualità di giornalisti e comunicatori di un Paese che è stato vittima del terrorismo a tutti gli effetti, letteralmente e nei media, denunciamo manipolazioni e opportunismo politico per coprire un’operazione di guerra di quarta generazione estremamente pericolosa”.
L’Uneac: “Rispettiamo e incoraggiamo la componente critica dell’arte e la sua capacità di rivelare sia le aree luminose che quelle in cui compaiono conflitti e problemi dell’individuo e della società. Non possiamo però entrare in sintonia con il ricatto, la simulazione e l’assurdità di chi sminuisce e falsifica l’esercizio artistico e lo prende come pretesto per denigrare l’opera culturale che per tanti anni, dopo il trionfo del gennaio 1959, è avvenuta tra di noi”.
Nella sua intervista, la Castellón rimarca la legittimità di un dialogo costruttivo sulle manifestazioni sperimentali dell’arte, sulla indispensabile funzione critica della creazione artistica e sul tema della libertà di espressione. Resta invece inaccettabile il ricatto nei confronti delle istituzioni, la ricerca di notorietà attraverso la provocazione, la collaborazione diretta o indiretta con storici nemici che ancora oggi lavorano per distruggere la Nazione e soprattutto fomentare il coro di odio che invade le reti.
Il mondo si trova ad affrontare una terribile crisi causata dalla pandemia e dal neoliberalismo globale e Cuba subisce allo stesso tempo vessazioni senza precedenti da parte degli Stati Uniti, i quali continuano a finanziare spettacoli che offrono un’immagine sfigurata del Paese. Come ha dichiarato il giornalista americano Treacy Eaton: “Il business della democrazia a Cuba è in pieno boom”.
Il Movimento San Isidro ha fatto dell’arresto di Solìs il suo punto di forza e ha ottenuto una enorme visibilità anche all’estero, dove la stampa parla di repressione e violazione di diritti umani da parte del regime cubano.
Difficile non pensare al manuale di Gene Sharp. Il Parlamento europeo e alcune organizzazioni per i diritti umani, Amnesty International e Human Rights Watch, hanno invitato le autorità cubane a rilasciare Solís e anche il Segretario di Stato americano Mike Pompeo, e il senatore della Florida Marco Rubio, hanno denunciato il governo dell’isola come persecutore dei dissidenti e dichiarato di dover rilasciare il musicista ingiustamente incarcerato. Mike Pompeo conclude il suo Tweet con “La libertà di espressione è un diritto umano. Gli Stati Uniti sono con il popolo cubano”.
Interessante punto di vista da parte di un Paese che annovera Cuba tra i nemici e lo Stato di Israele tra gli amici, che è stato ufficialmente coinvolto in diversi colpi di Stato esteri (gli ultimi, i documenti desecretati della CIA sugli aiuti americani a Pinochet per il colpo di Stato in Cile) e in cui ancora si muore a causa del colore della pelle o delle proprie disponibilità economiche.
Prima di entrare a far parte del Movimento San Isidro (costituito nel 2018), Denis Solìs, il cui padre risiede negli Stati Uniti dal 1994, era un membro dell’organizzazione dissidente Cuba Independiente y Democrática, con sede a Miami.
Il segretario generale dell’organizzazione era il Comandante Huber Matos Benítez, che, pur avendo partecipato alla Rivoluzione al fianco del Comandante Castro, ebbe da subito pesanti scontri con il neo-Presidente, essendo fortemente contrario alla svolta socialista del nuovo Governo. Dopo il carcere a Cuba fu esiliato in Florida dove fu sempre dichiaratamente a favore delle sanzioni contro Cuba e degli interventi violenti per rovesciarne il regime.
Quando la polizia arriva a casa di Solìs, due giorni prima del suo arresto, il giovane rapper inizia ad alterarsi gridando insulti omofobi contro il poliziotto, calmissimo, e inneggiando a Donald Trump: “Trump 2020” “Donald Trump è il mio presidente!”.
Potrebbe sembrare un atto di coraggio o una provocazione infantile, ma il dato su cui ragionare è, pur disapprovando le politiche del proprio governo, perché un giovane cubano dovrebbe dichiarare con tanta fierezza di sostenere un presidente americano come Donald Trump, se conosce anche solo un decimo della storia del suo Paese (eventi che a Cuba sono molto più noti che altrove)?
È forse la teatralità necessaria per istigare una risposta forte, che consenta di invocare libertà di espressione e rispetto dei diritti umani? Senz’altro la vuotezza culturale è facilmente manipolabile e, in un paese ridotto minuziosamente alla fame, è anche molto facilmente acquistabile. Denis ha accettato la sentenza e la condanna senza fare ricorso.
In un altro video diffuso sui social network dopo il suo arresto, viene ripreso Denis Solìs mentre descrive i contatti avuti, in qualità di attivista del Movimento San Isidro, con un esiliato cubano residente in Florida che gli avrebbe pagato 200 dollari se avesse rispettato le sue istruzioni.
La dichiarazione è stata condannata dagli attivisti del Movimento come falsa ed estorta con la forza e gli stessi sostengono che il presunto terrorista cubano di cui parla Solìs, Fernández Figueras, in realtà non esista.
Certo un gruppo di artisti, intellettuali, attivisti per i diritti LGBT, dallo stile anticonformista e un po’ hippie, non può che attirare le simpatie anche di quella piccola porzione della comunità mondiale che di solito è più scettica riguardo all’attendibilità delle notizie su Cuba proposte dai mass media. Determinate caratteristiche delineano inconsciamente un’idea di dissidenti dalla mentalità aperta, di un certo spessore culturale, proiettati alla modernità, il che conferisce al gruppo una maggior credibilità rispetto a quanto accaduto altre volte.
Luis Manuel Otero Alcántara, considerato il leader del Movimento San Isidro, e l’attivista Adonis Milàn appaiono in alcune foto di giugno 2019 all’Ambasciata americana all’Avana, durante la cerimonia per la celebrazione del 243° anniversario dell’Indipendenza degli Stati Uniti.
La responsabile degli Affari Esteri era Mara Tekach, grande sostenitrice del Movimento San Isidro e fotografata più volte in pubblico con Luis Otero. Le foto, pubblicate sul profilo Facebook di Adonis Milàn, lo ritraggono insieme a Luis Otero, a Berta Soler, leader dell’organizzazione dissidente las Damas de Blanco, e ad un gruppo di marines.
Certo non capita dappertutto di essere invitati ad una celebrazione ufficiale all’Ambasciata USA per il solo fatto di essere dei dissidenti apolitici in casa propria.
Oltre alla conoscenza approfondita dei fatti, c’è un altro elemento fondamentale per comprendere a fondo il rapporto tra il Governo cubano e il Movimento San Isidro: la Storia della coraggiosa isola caraibica, i cui eventi non sono mai stati degni di troppa attenzione da parte della stampa straniera e tutt’oggi restano molto poco noti.
La lunga storia dei tentativi di destabilizzazione di Cuba da parte degli Stati Uniti
A partire dal 2017 sono stati desecretati e pubblicati dalla Digital National Security Archive (DNSA) oltre 2.800 file della CIA relativi agli anni Sessanta che descrivono le innumerevoli e frenetiche operazioni ordinate dalla Casa Bianca (Eisenhower/Kennedy) e gestite dalla CIA e dal Pentagono, mirate a rovesciare il regime di Castro.
I documenti portano alla luce ciò che il Senior Fellow dell’Archivio, John Prados, definisce “l’ossessione inquietante” dei fratelli Kennedy per Cuba, e l’esborso di milioni di dollari di fondi della CIA per le incursioni degli esuli cubani. È tutto interamente visionabile sul sito web dell’Archivio.
Nel 1960, ad un anno dal trionfo della Rivoluzione Cubana, il presidente Dwight D. Eisenhower firmò un documento della CIA intitolato “Programma di azione segreta contro il regime di Castro”, operazione nota come l’Invasione della Baia dei Porci.
Il piano prevedeva la formazione di un’organizzazione di esuli cubani per avviare una “offensiva propagandistica” e attirare sostegno al movimento dissidente, creare una rete interna di raccolta di informazioni e sviluppare una forza paramilitare da introdurre a Cuba per organizzare, formare e condurre gruppi di resistenza contro il regime.
La stima dei costi da mettere a bilancio della CIA per questa operazione segreta fu di circa 4,4 milioni di dollari. In realtà, il costo dell’operazione ammontò ad oltre 46 milioni di dollari.
Con il fallimento dell’attacco alla Baia dei Porci, nel 1961 John F. Kennedy ordinò la formazione di una Task Force al Pentagono, con a capo l’ufficiale Edward G. Lansdale, deputata alla pianificazione di operazioni segrete finalizzate alla caduta di Fidel Castro.
La CIA, diretta da Allen W. Dulles, avviò anche in questo caso il reclutamento di ingenti numeri di esuli cubani associati all’ex regime dittatoriale di Fulgencio Batista, ottenendo un budget di 5,3 milioni di dollari da utilizzare nell’anno 1962 per il finanziamento dei mercenari. L’operazione segreta di Cuba divenne la massima priorità degli Stati Uniti.
Iniziò un susseguirsi di azioni sovversive violente sull’isola. Durante una di esse, in cui i mercenari attaccarono una nave russa in un porto cubano, un fotografo della rivista Life smascherò che l’operazione era partita dal suolo americano.
I numerosi fallimenti e la sempre maggior indipendenza d’azione dei gruppi politici cubani in esilio, cominciò a costituire uno svantaggio per gli interessi statunitensi e ad allontanare l’obiettivo primario: creare le condizioni che giustificassero un intervento militare statunitense.
Lansdale, a capo della Task Force Cuba, intuì la necessità di un cambio di strategia che sostituisse le incursioni armate con azioni mirate alla nascita di un movimento popolare interno, che coinvolgesse studenti e lavoratori come parte attiva dell’operazione.
Nacque l’operazione Mongoose, guidata dallo stesso Lansdale, il cui obiettivo diventò l’identificazione e la distruzione di infrastrutture importanti per l’economia cubana, attraverso lo sviluppo di piani di sabotaggio, guerra psicologica e azione sindacale, che creassero un crescente malcontento interno. e attività propagandistiche includevano l’uso di mezzi di stampa e radio indipendenti per trasmettere messaggi anti-Castristi.
Questi programmi furono lanciati in tutta l’America Latina. I documenti riportano inoltre proposte di diversi potenziali attacchi segreti tra cui: utilizzo di agenti chimici per distruggere le colture dell’isola, sabotaggio di forniture aeree destinate a Cuba, uso di armi chimiche e batteriologiche, attacchi ai porti minerari e all’Ambasciata cinese all’Avana.
Parallelamente, già dal 1959, la CIA si concentrò sullo sviluppo di raffinati piani per assassinare Fidel Castro. Alcuni documenti risalenti al 1961-1963 riportano la richiesta di Robert Kennedy, procuratore generale degli Stati Uniti, di proporre a Sam Giancana (noto mafioso italo-americano) un compenso di 150.000 $ per l’omicidio del Presidente cubano. Sono 638 i falliti attentati al Comandante Castro, raccontati in un libro scritto dall’ex capo dei Servizi Segreti Cubani, Fabio Escalante.
Gli Stati Uniti le hanno tentate tutte: criminalità organizzata, sigari esplosivi, mute da sub infettate con funghi letali, pillole di botulino, bombe nascoste in conchiglie appariscenti, amanti pagate per l’esecuzione. Il tentativo più noto risale al 2000, quando i Servizi Segreti Cubani scoprirono 90 kg di tritolo nascosti sul palco dal quale Castro avrebbe dovuto tenere un discorso a Panama.
Nel 2003 George W. Bush creò la Commissione degli Stati Uniti per l’Assistenza a una Cuba Libera (CAFC). I due rapporti della commissione, pubblicati il primo nel 2004 e il secondo nel 2006, non sono mai stati desecretati per intero per “motivi di sicurezza nazionale” e per massimizzare le possibilità di successo.
Alcune parti furono desecretate anni dopo (non tutte) e rivelarono che il governo degli USA si impegnava a trarre vantaggio dai progressi della connessione satellitare e di fornire, sul territorio cubano, il maggior accesso possibile alla tecnologia sfruttando biblioteche indipendenti e altri gruppi civici e stanziando una cifra, rimasta ignota, per finanziare le attività di propaganda “per la democrazia”.
Sono riportate somme di milioni di dollari destinate ad attrezzature e supporto all’opposizione cubana per favorire il suo utilizzo dei media. Il documento prosegue sottolineando la preoccupazione per il rapporto sempre più profondo tra Cuba e Venezuela e di come insieme i due paesi stessero promuovendo un’alternativa anti-americana al mondo.
In occasione dell’anniversario della guerra di indipendenza Ispano-Americana, con cui gli Stati Uniti si sostituirono alla Spagna sul territorio cubano, Bush registrò un messaggio in spagnolo trasmesso da Radio Martì, una stazione del governo statunitense trasmessa a Cuba attraverso i satelliti di Guantanamo e da sempre impegnata insieme a Tv Martì nella propaganda anti-Castrista: “A nome del popolo degli Stati Uniti, mando i saluti alla comunità cubana. La mia speranza è che il popolo cubano goda presto delle stesse libertà e diritti di cui godiamo noi. […] Le dittature non hanno posto nelle Americhe. Dio benedica il popolo cubano che lotta per la libertà”.
Bush sosteneva che il contatto con i giovani cubani, trattandosi della generazione meno legata alla Rivoluzione, rappresentasse l’opportunità più significativa per accelerare la fine del regime e fosse fondamentale conferire potere alla società emergente.
Con l’elezione di Barack Obama è stato avviato il cosiddetto “Disgelo USA-Cuba” che ha visto l’allentamento di alcune restrizioni, la riapertura delle due Ambasciate sui rispettivi territori e la rimozione di Cuba dalla lista statunitense degli Stati terroristi.
L’amministrazione Trump ha smantellato buona parte degli accordi fatti da Obama e ha introdotto nuove limitazioni alla circolazione turistica e nuove restrizioni commerciali. Ad oggi, non si sa nulla sulle eventuali operazioni della CIA pianificate dall’ultima amministrazione, ma è noto che Donald Trump abbia continuato ad investire decine di milioni di dollari nelle operazioni anti-Cuba.
Il sito Cuba Money Project, del giornalista americano Tracey Eaton, ha recentemente pubblicato i dati ottenuti dal Foreign Aid Explorer dell’Agenzia per lo Sviluppo Internazionale (USAID) degli Stati Uniti, che riflettono spese di più di 261 milioni di dollari in progetti sovversivi contro Cuba dal 1990 al 2020.
Le spese dell’USAID neanche si avvicinano al totale stanziato, in quanto non includono né le somme assegnate all’Ufficio delle Trasmissioni per Cuba (OCB) né i bilanci della CIA, storicamente il principale organo impegnato nelle operazioni sovversive.
È anche specificato che da quando Trump ha assunto la presidenza nel gennaio 2017, la USAID ha erogato 50 milioni di dollari in progetti finalizzati al rovesciamento del sistema politico dell’isola. Eaton ha diffuso inoltre la notizia che il Dipartimento di Stato degli USA sta offrendo sino ad un milione di dollari per programmi che dovrebbero fomentare “i diritti civili, politici, religiosi e del lavoro a Cuba”.
Per quanto riguarda i registri dell’OCB, mostrano gli ordini di pagamento emessi per giornalisti della stampa estera e gli ingenti finanziamenti a Radio e TV Martì, da sempre impegnate nella propaganda anti-regime e ora accaniti sostenitori del Movimento San Isidro.
A partire dal 2009, nonostante l’approccio “amichevole” dell’amministrazione Obama, gli Stati Uniti hanno iniziato a finanziare corsi di preparazione per giovani cubani in strutture accademiche americane, incentrati sullo sviluppo delle capacità di leadership con l’obbligo di rientrare a Cuba al termine del corso. Uno degli ultimi bandi risale al 2019 e si intitola Emerging Cuban Leaders.
Con quale arroganza la comunità internazionale considera accettabili ingerenze statunitensi di tale portata nelle questioni interne di Cuba (e non solo), quando in molti Stati, inclusi gli Usa, le organizzazioni politiche finanziate dall’estero sono considerate illegali?
Forse bisogna chiedersi quanti sono i paesi nel mondo ad essere realmente indipendenti, svincolati dalla ragnatela socio-economica degli Stati Uniti. Non molti. Probabilmente il Governo cubano ha qualche ragione storicamente fondata per diffidare e perseguire i simpatizzanti statunitensi: in tutto il resto del mondo il colosso imperiale è sempre riuscito, presto o tardi, ad utilizzarli a proprio vantaggio.