Fidel e il Popolo russo. A proposito del monumento a Fidel (+FOTO)

La sua volontà di non essere eternato in monumenti o statue, cosa che è stata resa legge per Cuba, ma che non può essere legiferata per altri Paesi dove ancora oggi centinaia, se non migliaia, di seguaci delle sue idee cercano un luogo per ricordarlo.

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L’autrice, Arleen Rodríguez Derivet, racconta la stretta complicità e il valore dell’affetto che hanno sempre contraddistinto il rapporto tra il leader della Rivoluzione cubana e i popoli della Russia, fin dal primo scambio dal vivo.

di Arleen Rodríguez Derivet
Fonte:
Traduzione e aggiunte: GFJ

Fidel e il suo stretto rapporto con il popolo russo. Foto: Archivo/Cubadebate.

A proposito del monumento a Fidel

Saranno presto 60 anni dalla prima visita di Fidel all’enorme Paese – una nazione di nazioni, sarebbe più appropriato per parlare di URSS – che divenne l’ispirazione e il sostegno fondamentale per i grandi sogni di emancipazione e sviluppo dei rivoluzionari cubani, con lui in prima linea.

La dimensione di quei sogni potrebbe essere calcolata in base al tempo di permanenza del leader di una rivoluzione che stava appena iniziando a decollare come opera di trasformazione sociale.

Si parla di 40 giorni (anche se sono meno quelli trascorsi tra il 27 aprile, quando arrivò via Muskman, e il 3 giugno, quando tornò all’Avana), ma è un fatto che nessun altro statista, né prima né dopo, abbia trascorso così tanti giorni a girare il grande Paese da nord a sud e da ovest a est.

Chi ha conosciuto personalmente il Comandante in capo della Rivoluzione cubana sa che possedeva una sorprendente capacità di decifrare i fatti dai dettagli, tanto che non è difficile immaginarlo mentre cerca di assorbire l’essenza di quel processo che ha cambiato drasticamente la storia e i paradigmi politici dell’intero pianeta.

Basta leggere alcuni dei suoi testi per apprezzare la sua assoluta ammirazione per l’epopea che ha dato tutto il potere agli sfruttati sui loro sfruttatori e, con enormi sforzi e sacrifici, è riuscita a far crescere una grande potenza, capace di sconfiggere le molteplici guerre condotte dai suoi avversari, una delle quali non solo ha vinto, ma lo ha fatto, salvando l’umanità dalla terribile avanzata del fascismo, che era stato stimolato dalle potenze occidentali per distruggere gli impressionanti progressi del socialismo e la sua crescente influenza mondiale.

Come ha raccontato più di una volta l’indimenticabile Nikolai Leónov, che fu il primo e grande amico di Fidel, Raul e del Che fin dai tempi in cui organizzavano la lotta rivoluzionaria, quella prima visita, in cui fece da traduttore a Fidel, ebbe un’importanza storica mondiale, non solo per i giorni che il giovane leader cubano (che non aveva ancora compiuto 37 anni) trascorse in giro per la grande nazione delle nazioni, ma anche per gli onori e i riconoscimenti ricevuti quando è stato decorato con la Medaglia d’Oro e l’Ordine di Lenin, nel grado di Eroe dell’URSS, “un’onorificenza raramente assegnata a uno straniero“, e ha ricevuto un Dottorato onorario dalla prestigiosa Università Lomonosov di Mosca per i suoi contributi alla Scienza politica. Riconoscimento visionario.

Fidel Castro durante una delle sue visite in Russia.Foto: Archivo/Cubadebate.

Quando si rivedono le fotografie di quella visita, si rimane colpiti dalle folle di persone che si sono presentate per salutare la delegazione cubana, dai luoghi impensabili in cui la gente si arrampicava per vedere e ascoltare Fidel, rischiando anche di cadere. Dagli alberi, dai balconi o da qualsiasi altro luogo accessibile alla vista, si vedono uomini e donne di un’epoca e di una tradizione eroica che salutano con visibile commozione l’eroe caraibico, quando sono passati solo pochi mesi dalla crisi di ottobre, per la cui falsa soluzione il giovane rivoluzionario aveva messo in discussione la leadership sovietica nei termini più forti.

Ovunque Fidel si trovasse, la gente lo accoglieva con un entusiasmo e una simpatia che non ho mai visto“, ha raccontato a PL pochi anni fa il compianto Leonov, che era solito commuoversi ricordandolo.

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Davanti al monumento a Fidel appena inaugurato a Mosca dai presidenti Putin e Díaz Canel, pensavo al valore dell’affetto che ha sempre contraddistinto il rapporto tra il leader della Rivoluzione cubana e i popoli della Russia, fin dal primo scambio dal vivo.

Fidel e il suo affetto per il popolo russo. Foto: Archivo/Cubadebate.

Gli affetti, le pulsioni dell’anima, la spiritualità in tutte le sue dimensioni, sono forze che a Cuba raramente menzioniamo quando parliamo di leader vivi o morti (anche se José Martí lo ha fatto molte volte), qualcosa che lascia incomplete parti fondamentali dell’essere umano che intende esaltare.

Nel caso della nuova statua, che eterna in un’unica immagine molti profili di Fidel (quello nella Sierra, quello di Girón, colui che andava ad affrontare i cicloni…), non è possibile guardarla senza ricordare l’ultimo desiderio del leader rivoluzionario. Il suo desiderio di non essere eternato in monumenti o statue, cosa che è diventata legge per Cuba, ma che non può essere legiferata per altri Paesi dove ancora oggi centinaia, se non migliaia, di seguaci delle sue idee cercano un luogo per ricordarlo.

Non ha forse lasciato un suo particolare tributo a loro (in questo caso al popolo russo) in decine di dichiarazioni, discorsi, riflessioni, dove ha sempre distinto con parole di altissimo spessore il nobile ed eroico popolo che ha guidato la Rivoluzione d’Ottobre e che è parte fondamentale della più grande epopea umana: la Grande Guerra Patriottica e la sconfitta del fascismo?

La Russia di oggi affronta sfide colossali, assedi e campagne mediatiche che Cuba ha subito per più di 60 anni, ma è impossibile pensare a tutto ciò e dimenticare che per metà di questo tempo (30 anni quasi esatti) le punizioni inflitte all’isola sono state alleviate con la collaborazione delle stesse persone che hanno appena onorato Fidel, in una Russia che non è più l’Unione Sovietica, ma che conserva valori umani e di giustizia molto forti, anche se hanno fatto di tutto per cancellarli nel periodo post-sovietico.

Il monumento a Fidel è proprio l’espressione della vitalità degli ideali umanisti che lo hanno consacrato come leader del popolo. Del popolo cubano e degli altri popoli che si sono subito identificati con i sogni dell’uomo che un giorno incendiava i loro con le imprese sovietiche.

Parlando sulla Piazza Rossa di Mosca, durante lo storico viaggio del 1963, Fidel ha avvertiva che:

“Non importa cosa dicano gli imperialisti, non importa quali siano le loro calunnie, non importa quali siano le loro bugie. Sappiamo quali sono le calunnie degli imperialisti perché le hanno usate molto contro di noi. Ma, a prescindere da tutto, queste calunnie si sgretoleranno di fronte alla realtà.”

Mosca, il quartiere Sokol in cui si trova il monumento al Comandante in Capo. Foto: GFJ, settembre 2022

Sembrava che stesse parlando di ciò che i suoi avversari avrebbero detto tanti anni dopo a proposito dell’evento nel quartiere Sokol e dell’alleanza dei due presidenti di generazioni diverse, della Russia e di Cuba, che hanno inaugurato la sua statua.

 

Galleria di foto: Fidel in URSS

(clicca sulla foto per ingrandire)

 

 

 

 

 

 

 

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