L’appello per la chiusura della base militare USA e del carcere illegale di Guantanamo. Occupano un territorio che è parte integrante di Cuba
Prigionieri ammassati nell'inferno di Guantanámo
Dal punto di vista del diritto internazionale la presenza sul territorio cubano di una base aeronavale USA non ha nessuna giustificazione. All’inizio, durante la guerra ispano-americana del 1898, la baia di Guantanámo fece da testa di ponte per la marina americana e nel 1903, a guerra finita, il primo presidente cubano, Tomás Estrada Palma, uomo di fiducia di Washington, offrì un contratto di locazione perpetua della base con completa giurisdizione e controllo in favore del governo statunitense al costo di 2 000 dollari d’oro l’anno.
Con la rivoluzione cubana, l’annuale assegno salito a circa 4 085 dollari (dovuto ad una revisione concordata nel 1934), venne incassato una sola volta, in concomitanza con la grande euforia della rivoluzione. Successivamente, i contratti di locazione non sono mai stati revisionati, né gli assegni sono stati incassati dal Governo cubano, per rimarcare che la presenza militare statunitense è considerata illegale, visto che il Governo cubano post-rivoluzionario non riconosce come proprie, in conformità al diritto internazionale, le obbligazioni dei precedenti Governi di Cuba
Dal 2002 la base ospita una prigione militare, fino a poco tempo fa non accessibile, dove vennero imprigionati, e sottoposti, su autorizzazione dell’allora presidente George W. Bush, ad un trattamento non conforme alle norme del diritto internazionale, in special modo quelle della convenzione di Ginevra, i prigionieri di guerra, delle campagne militari in Afghanistan e Iraq, e quelli considerati collegati con la rete del terrorismo internazionale.
Il Governo degli Stati Uniti sostiene che i principali diritti previsti dalla convenzione di Ginevra sono comunque “sostanzialmente rispettati”, ma che lo status di “prigionieri di guerra”, non può legittimamente ricorrere per coloro che sono considerabili “combattenti irregolari, attentatori o terroristi”. Il 22 gennaio 2009, il presidente Barack Obama ha firmato gli ordini esecutivi per chiudere ciò che resta della rete di prigioni non accessibili, tra cui il campo di detenzione di Guantánamo, entro un anno.
Da allora però sono trascorsi ben 12 anni e l’insediamento continua a essere utilizzato illecitamente dagli USA e il mondo intero accetta la doppia prevaricazione: quella ai danni dei detenuti che sono in realtà vittime di un sequestro di persona e quella alla sovranità di Cuba sul proprio territorio.
Per questo l’Associazione Padre Virginio Rotondi per un giornalismo di pace e la redazione di FarodiRoma (che da essa è promosso) rilanciano l’appello di PeaceLink a firmare per la Campagna Guantanamo.
“Adesso – spiega PeaceLink – è venuto il momento della resa dei conti. Gli USA hanno perso la guerra, e anche la Nato. Adesso è il momento di essere intransigenti in modo nuovo, rivoltando la questione dei diritti umani sui paladini dei diritti umani che sono stati cacciati dall’Afghanistan.
Filo spinato attorno a Camp Delta, il centro di detenzione della base militare di Guantanámo occupata illegalmente dagli USA. - (INFOPHOTO)
La Campagna Guantanamo può diventare la base di partenza per una critica della guerra a partire dai diritti umani, ossia dall’humus culturale su cui gli Stati Uniti hanno lanciato le loro guerre umanitarie.
La NATO è sotto shock ma i politici nostrani che si sono inchinati alla guerra sono ancora lì, senza vergogna, a dire che era giusto intervenire, nonostante il disastro che la storia ha dimostrato. E’ terribile questo scollamento dalla realtà.
Occorre porre sotto accusa chi ha compiuto, in particolare dopo l’11 settembre 2001, crimini di guerra. La questione dei crimini di guerra non è stata sufficientemente presa in mano dal movimento pacifista, occorre alzare la voce. E’ il momento di chiedere il processo per crimini di guerra di coloro che dopo l’11 settembre hanno violato le Convenzioni di Ginevra. Bisogna farlo, o non saremo credibili.
L’11 settembre non può più essere narrato come prima, come inizio della guerra al terrore. È stato il terrore esercitato da noi, in modo inumano, segnando l’inizio di uno dei più bui periodi per la storia degli Stati Uniti e della NATO.
Deve essere, il nostro, un cambio di paradigma e di narrazione. I diritti umani sono stati usati per mettere sotto accusa i “nemici” dell’Occidente, mentre siamo stati noi a primeggiare nei crimini di guerra a livello globale.
E’ il momento di passare all’attacco per mettere sotto accusa la “guerra umanitaria” partendo proprio dai diritti umani violati e partendo in primo luogo dalla enorme quantità di crimini compiuti e documentati in questi venti anni. Chi come Assange ha rivelato i segreti di guerra è adesso in carcere: una vergogna assoluta su cui occorre mobilitarsi.
Dobbiamo far capire che è il momento di provare vergogna. E chi ha avuto responsabilità politiche per quell’intervento militare deve essere posto sotto moralmente accusa per non essere stato fedele alla Costituzione del suo paese. E per non voler fare nulla adesso per Assange o per la chiusura del carcere militare di Guantanamo.