Il Cile di Boric: cronaca di un fallimento annunciato

Per sapere cosa vuole il popolo,
basta andare a parlare con il popolo,

e questa sarà sempre la nostra linea di condotta;
e il giorno in cui non potrò stare davanti al popolo,
il giorno in cui non potrò discutere con il popolo,
quel giorno per me sarà la fine di ogni missione
e di ogni funzione di natura pubblica“.

Fidel Castro.
(Tratto dal Discorso pronunciato
dal balcone della Società “El Progreso”,
Sancti Spiritus, 6 gennaio 1959)

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Nessun cambiamento può essere costruito sulla base di un’orgogliosa mediocrità e dell’arroganza che vi è implicita, che purtroppo è diventata la caratteristica dell’attuale governo cileno.

di Oleg Yasinsky, giornalista ucraino-cileno

Fonte:
Traduzione e aggiunte: GFJ

Gabriel Boric si consulta con l'amico Joe Biden. 9 giugno 2022

Quando in Cile, dopo la dittatura, le timide democrazie si sono alternate al potere, instaurando il nefasto gioco dell’alternanza tra il centro-destra e l’ultradestra, rispettivamente chiamati “centro-sinistra” e “centro-destra”, anche il ruolo di chi di noi si sentiva la vera sinistra anticapitalista era ripetitivo e prevedibile.

Abbiamo criticato il potere delle “due destre”, abbiamo spiegato che erano due facce della stessa medaglia, abbiamo giurato di non cadere mai più nel ricatto di votare per il “male minore“, ma al secondo turno delle elezioni serrate tra il pinochetismo e il “centrosinistra” neoliberista, con il dolore nell’anima ci siamo recati alle urne per “salvare la democrazia” e quindi detestarla per i successivi 4 anni per poi ripetere la stessa cosa. Abbiamo continuato alla stessa maniera, con riunioni interminabili, la creazione di organizzazioni “di tipo nuovo“, la ricerca dell’unità tra i tanti settarismi e le diverse nostalgie e l’eterna sensazione di solitudine in mezzo al tempo fermato.

Ricordo anche la sensazione contraddittoria di molti miei amici cileni che tornavano a casa da altre parti dell’America Latina: con tutte le nostre critiche alla brutale disuguaglianza sociale e alla sua ipocrisia come base della società cilena, era un Paese abbastanza confortevole dal punto di vista convenzionale, legalista, con poca criminalità di strada rispetto alla maggior parte dei suoi vicini, molto tranquillo e prevedibile per quel mitico segmento che era conosciuto come “la classe media”. “Qui non succede niente“, dicevamo, con uno strano miscuglio di delusione e orgoglio. Sono passati alcuni anni e molti ricorderanno quei tempi con nostalgia e perplessità. I sogni e le paure di molti si sono realizzati: il Cile di oggi è un altro Paese.

Un incredibile fenomeno psicologico e politico, noto come “esplosione sociale“, con migliaia di barricate e milioni di persone in piazza in tutto il Paese nell’ottobre 2019, ha posto fine al mito del “miracolo economico cileno” e ha messo a nudo le gravissime contraddizioni del modello economico concepito dalla dittatura di Pinochet e che per più di tre decenni è stato amministrato dai socialisti e dai loro partner democristiani, che hanno fatto poco o nulla per cambiare le cose. Sono stati mesi di vera ribellione cittadina, onesta, necessaria, piena di creatività e poesia, che non è riuscita a diventare una rivoluzione. Nonostante il motto più usato dai milioni di manifestanti da Arica a Punta Arenas, il Cile non si è svegliato.

Il giovane e carismatico leader studentesco Gabriel Boric, precedentemente scelto e approvato dalle élite politiche nazionali e internazionali, è diventato Presidente della Repubblica. Il capo di Stato più giovane e più votato nella storia del Cile è salito al potere (se in questi tempi di globalizzazione possiamo considerare un trionfo elettorale in un Paese dipendente e del terzo mondo come una “salita al potere”), in circostanze molto particolari: una crisi totale della democrazia rappresentativa e di tutti i suoi partiti politici, la disunione e la mancanza di un progetto politico di sinistra (che in tutto il mondo viene solitamente sostituito o soppiantato dalle mode europee, volentieri servite dai media come “le tendenze rivoluzionarie dei nuovi tempi”) e le conseguenze devastanti della pandemia di Covid, che è stata particolarmente letale per l’economia delle classi medie e basse.

Il governo del “sinistroide” Gabriel Boric non solo mantiene il Cile come uno dei principali satelliti politici e militari degli Stati Uniti nella regione, attaccando di tanto in tanto il Venezuela, il Nicaragua o Cubaper le violazioni dei diritti umani“, e senza alcun riferimento ai crimini internazionali di Washington e dei suoi alleati, non solo ha dichiarato le sue simpatie e il suo sostegno al governo di Volodymyr Zelensky e ha condannato “l’imperialismo russo“, cosa che fa già parte del repertorio obbligatorio della “sinistra” politicamente corretta, che non è disposta a perdere i crediti finanziari o la compiacenza della stampa internazionale, ma anche in politica interna ha mantenuto tutte le posizioni dei precedenti governi di destra, rafforzando la militarizzazione dei territori mapuche e la repressione contro tutte le forze sociali che osano pretendere un minimo di coerenza.

Dire che non è cambiato nulla con il governo di Boric in Cile sarebbe una bugia. La situazione è peggiorata notevolmente. Il più evidente è il rapido ed esplosivo aumento della criminalità, l’arrivo sul territorio cileno dei principali cartelli del narcotraffico a fronte della crescente inefficienza dello Stato. Qualche giorno fa, una mia amica, giornalista cilena, è stata aggredita da un gruppo di persone armate, che l’hanno tenuta ammanettata e minacciata in casa sua, ben sapendo che la polizia, come accade dall’inizio della rivolta popolare, non sarebbe arrivata rapidamente. È successo in uno dei quartieri più tranquilli di Santiago. Molti suoi vicini hanno vissuto situazioni simili negli ultimi mesi. Quello che un tempo era uno scandalo sta diventando un fatto quotidiano. Alla mia amica, che ricorda bene il periodo della dittatura, trema la voce e mi dice: “Non ho più provato questa paura da allora“.

Per battere fascisti e neoliberisti serve la bandiera rossa, non quella arcobaleno!

In questi tempi per il Potere mondiale, quello delle Corporazioni e del Capitale finanziario, i governi di pseudo-sinistra come Boric sono molto più funzionali di qualsiasi dittatura di ultra-destra che abbiamo già conosciuto. Se l’obiettivo del sistema è impedire qualsiasi cambiamento fondamentale, tenendo il popolo occupato con le sue preoccupazioni quotidiane e/o con cause “light”, che distolgono l’attenzione da quelle secondarie, questo tipo di governo funziona come nessun altro. L’agenda dell’attuale governo cileno sembra essere perfetta, le nobili cause dell’ambientalismo, del femminismo e dell’animalismo, senza un solo accenno alla lotta di classe e senza una seria e sostanziale messa in discussione dell’ordine mondiale. Invece di mettere in discussione, criticare o ribellarsi agli Stati Uniti, il Nicaragua viene accusato (indipendentemente dalla veridicità delle sue ragioni) per dimostrare il suo impegno democratico, proprio come fa la stampa di ultradestra.

L’attuale pandemia di criminalità in Cile ha lo stesso scopo di quella di Covid: paralisi sociale, smobilitazione e depressione di massa per impedire la costruzione di qualsiasi immagine positiva del futuro, e la cosa più grave è che per le nuove generazioni cilene, vittime della pessima educazione ricevuta, l’immagine del governo di sinistra sarà quella di Boric. L’illusione di un cambiamento per non cambiare nulla. La nuova drammatica esperienza cilena ci ricorda ancora una volta che nel mondo sociale non esistono miracoli, che nessun cambiamento può diventare una nuova alternativa senza un duro, lungo, costante, persistente lavoro politico che costruisca vere leadership e un vero progetto ideologico serio.

Il discorso di Boric è un concentrato di luoghi comuni di tutte le sinistre che negli ultimi decenni non sono riuscite a concretizzare nulla, quando invece di dedicarsi rigorosamente al lavoro politico, questo è diventato esercizio di cattiva letteratura del tipo “linguaggio inclusivo”, che esclude la grammatica e il comune buon senso.

La conseguenza principale e più evidente di tutto ciò è una grande deriva sociale che già si fa sentire e un’ulteriore frammentazione e depoliticizzazione della società cilena, che solo poco tempo fa era riuscita a superare l’apatia e la paura ereditate dalla dittatura.


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