Il “vecchio” ordine e la nascita del “nuovo”? (di Jorge Casals Llano, Granma)

Il “vecchio” è quello emerso dopo la Seconda Guerra Mondiale, egemonizzato dagli Stati Uniti, in particolare dopo l’implosione dell’URSS; il “nuovo” è quello che comincia a diventare più che evidente con la risposta della Russia alle provocazioni degli Stati Uniti, della NATO e dei loro alleati che hanno portato allo scoppio della guerra in Ucraina.

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Fonte: Granma
Traduzione e aggiunte: GFJ

Foto: Presa da elcolombiano.com

Naturalmente, il riferimento all’ordine, sia esso “vecchio” o “nuovo”, ha a che fare con l’attuale riassetto geopolitico globale; il “vecchio” è quello emerso dopo la Seconda Guerra Mondiale, egemonizzato dagli Stati Uniti, in particolare dopo l’implosione dell’URSS; il “nuovo” è quello che comincia a diventare più che manifesto con la risposta della Russia alle provocazioni degli Stati Uniti, della NATO e dei loro alleati che hanno portato allo scoppio della guerra in Ucraina.

Anche con la risposta della Cina alle provocazioni del Paese, un tempo egemone incontrastato (USA, ndt), quando questi ha violato l’accordo sul riconoscimento di una sola Cina e ha effettuato visite ufficiali, prima da parte di nientemeno che il terzo della gerarchia statunitense e poi, con una nuova provocazione, da parte di membri del Congresso degli Stati Uniti nel territorio cinese di Taiwan, con l’obiettivo implicito di rompere l’accordo del 1979 che riconosceva l’esistenza di una sola Cina, che aveva poi aperto la porta al neoliberismo globalizzante.

E sebbene il tentativo di individuare la data di inizio della fine del vecchio ordine (che comprende la fine della Guerra Fredda, del neoliberismo e della globalizzazione) e l’inizio della transizione possa essere controverso, non sembra sbagliato, dato il suo simbolismo, collocarlo negli anni ’90, paradossalmente in coincidenza con l’implosione dell’URSS; anche, e per motivi diversi, la non meno fragorosa implosione della Jugoslavia, avvenuta negli anni ’90 e culminata nella guerra non dichiarata – in violazione della Carta delle Nazioni Unite e di tutte le norme di diritto internazionale – che si è conclusa con il bombardamento della NATO nel 1999, causando la morte di migliaia di civili.

L’inizio della fine si è visto anche nel XXI secolo con gli attacchi aerei alle Torri Gemelle di New York, molto sospetti e mai chiariti, trasmessi in diretta, mentre il Presidente del Paese attaccato appariva tranquillo, leggendo una pubblicazione capovolta, ma pronto a dichiararsi pronto ad attaccare gli aggressori “in qualsiasi angolo oscuro del mondo“.

Quel che è certo è che l’invasione dell’Iraq del 2003 e le menzogne ​​per giustificarla dovrebbero anche essere considerate segni del crollo del vecchio ordine – e dei tentativi di mantenerlo; l’allargamento della NATO, con l’inclusione dei paesi ex sovietici; il colpo di stato in Ucraina e la sua nazificazione; non di meno la risposta della Russia, beneficiata dagli alti prezzi del petrolio a seguito di quella stessa guerra; il riavvicinamento degli interessi di Russia e Cina, l’appello di Putin (2007) di fronte ai tentativi statunitensi di creare un mondo unipolare con l’annuncio della creazione di uno scudo antimissilistico, presumibilmente volto a proteggere l’Europa da possibili attacchi di Corea del Nord e Iran; la violazione degli accordi di Minsk e il ritorno e l’adesione della Crimea alla Russia.

Il tutto in concomitanza con l’inarrestabile e accelerato sviluppo economico e scientifico-tecnologico della Cina, realizzato nel quadro della globalizzazione. Il risultato di quanto finora brevemente delineato è il rafforzamento dei legami tra Cina e Russia, tanto temuto dal noto politologo americano Henry Kissinger, consapevole che gli Stati Uniti non saranno in grado di combattere una guerra su due fronti.

È necessario ricordare quanto sopra. È il contesto in cui il mondo si sta “de-globalizzando” o, come altri sottolineano, in cui la globalizzazione si sta “regionalizzando“, che rende necessario indagare sulle cause che determinano il ritorno a una “nuova” Guerra Fredda (a prescindere dalle ideologie) e perché, come ha sottolineato il Segretario Generale dell’ONU António Guterres, “la prospettiva di una guerra nucleare è ora nel campo delle possibilità“, il che ci pone sull’orlo dello sterminio.

ECONOMIA E CAPACITÀ MILITARE

Il declino dell’impero occidentale. Il potere globale è ormai troppo articolato per restare nelle mani di un’unica superpotenza. Anche alla luce della guerra in Ucraina, per evitare disastri, la strada è riconoscere parità di diritti e pari dignità ai popoli, senza imporre il modello di società maturato in Europa e negli Usa nel corso dei secoli

Il declino dell’egemonia statunitense e del suo “ordine basato sulle regole“, che lo ha reso disfunzionale, così come la cosiddetta democrazia rappresentativa“, che rappresenta gli interessi del grande capitale e degli oligarchi, e non dei popoli, è una storia ben nota; né ci riferiremo all’inesistente “liberalismo economico“, così manipolato dalle grandi transnazionali, che fa sì che gli Stati impongano “sanzioni” che lo convertono in una fallacia.

Concentriamoci sul presente e, per quanto possibile, sull’immediato futuro e sui due aspetti che riteniamo più importanti.

Il primo ha a che fare con l’economia, per la sua capacità di riflettere l’insieme. La prima cosa possibile da notare è il declino della quota dell'”Occidente” nella generazione del prodotto interno lordo globale (anche se gli Stati Uniti mantengono la loro quota e restano la prima potenza economica mondiale, situazione che, salvo catastrofi, manterranno fino alla fine del decennio in corso).

Allo stesso tempo, e a causa di quanto sopra, l’aumento della quota dei cosiddetti Paesi emergenti, in particolare i Brics e tra questi la Cina (che, salvo cataclismi, supererà l’economia statunitense prima della fine di questo decennio). Tutto questo è stato accelerato dalla guerra in Ucraina e dalle sanzioni promosse da Stati Uniti, Nato e Unione Europea, che hanno aggravato la situazione e l’inclusione di nuovi membri nei Brics. Lo spostamento dell’asse geopolitico globale verso la regione Asia-Pacifico è irreversibile.

Al secondo posto per importanza c’è la capacità militare. La maggior parte di ciò che si può leggere sull’argomento (l’indice Global Firepower 2022 ne è un esempio) combina più di 50 indicatori, tra cui le dimensioni dell’esercito, il numero di carri armati, navi, aerei, finanziamenti, e pone gli Stati Uniti al primo posto, la Russia al secondo e la Cina al terzo.

A questo va aggiunto quanto affermato da Vladimir Putin nel suo discorso di apertura della fiera della difesa Army2022: “Le armi russe sono anni e decenni avanti rispetto alle loro controparti straniere, essendo di gran lunga superiori nelle loro caratteristiche tattiche e tecniche“, cosa che le ultime evidenze della loro efficienza sembrano confermare.

L’avventura degli Stati Uniti contro Taiwan non è solo il viaggio individuale di un politico irresponsabile, ma fa parte di una mossa consapevole e determinata per destabilizzare e caoticizzare la situazione in quella regione del mondo.

Ciò sembra essere confermato dall’articolo di Bloomberg del 9 agosto sui “giochi di guerra“, che simulano le azioni che si verificherebbero in un eventuale confronto tra Stati Uniti e Cina su Taiwan, e le loro tristi conseguenze. Sebbene la conclusione dell’esercitazione sia prevista per dicembre, è sufficiente citare un estratto dell’articolo: “I risultati mostrano che, nella maggior parte degli scenari, ma non in tutti, Taiwan può respingere un’invasione. Tuttavia, il costo sarà molto alto per le infrastrutture e l’economia di Taiwan e per le forze statunitensi nel Pacifico“.

Anche senza considerare il tributo umano del disastro, i dati recenti confermano il significato immediato: Taiwan conta con la produzione di circa il 26% della domanda di semiconduttori mondiali, percentuale che supera il 90% nel settore dei microchip di ultima generazione; la Cina continentale ne produce il 40% e si prevede che entro il 2025 produrrà il 70% dei semiconduttori.

La panoramica che si è delineata finora è preoccupante, e lo è ancora di più se si aggiungono altri dati, dato che gli Stati Uniti e l'”Occidente” cercano, nel migliore dei casi, di dividere il mondo in blocchi in guerra e, nel peggiore, di provocare uno scontro globale.

Gli scontri hanno ripercussioni su un numero sempre maggiore di nazioni, tra cui sempre più potenze regionali come Turchia e Iran, ma anche Australia, India o Giappone. La guerra per procura dell’Ucraina potrebbe estendersi ad altri Paesi europei come Serbia, Kosovo, Moldavia, Lituania ed Estonia.

L’Ucraina è sempre più vicina a scatenare un disastro nucleare in Europa con il bombardamento della più grande centrale atomica della regione. Se si guarda ai possibili Paesi colpiti, si potrebbe sostenere che sono sacrificabili per l'”Occidente” e quindi ammissibili. Se questo è inaccettabile e inaudito, basta pensare a Harry S. Truman e a Hiroshima e Nagasaki.

Indubbiamente, la violazione degli accordi di Minsk e l’avvicinamento della NATO alla Russia per costringerla a compiere l'”attacco non provocato e ingiustificato” all’Ucraina e la visita, prima di Nancy Pelosi e poi di altri membri del Congresso degli Stati Uniti, a Taiwan, sono state mosse che hanno dato il via a un gioco molto pericoloso che Biden, gli Stati Uniti e i loro accoliti, ignorando la logica e le raccomandazioni, hanno deciso di giocare sulla “scacchiera mondiale“. Costretti ad attraversare il Rubicone, Putin e la Russia hanno risposto con l'”operazione militare speciale” e Xi Jinping con l’avvertimento che “chi gioca con il fuoco si brucia“. Speriamo che l’istinto di autoconservazione sia più forte della brama di potere e ricchezza di chi ha iniziato il gioco.


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