La citta di Yangon, Myanmar

Myanmar – Strumentalizzazioni dell’Occidente per attaccare la Cina

Il Myanmar, in passato noto come Birmania, è stato una colonia britannica per molto tempo, nel 1948 ha ottenuto l’indipendenza e da allora è stato preso di mira dai tentativi occidentali di destabilizzazione volti a contenere lo sviluppo cinese e indiano nella regione. 

Inoltre il Myanmar è un paese ricco di energia nel sud-est asiatico, che attira l’attenzione soprattutto per le sue riserve di petrolio e gas. La vicinanza a India, Bangladesh, Cina, Laos e Thailandia, lo rende quindi geo-strategicamente importante per i corridoi energetici.  

Questo quadro d’insieme ci rende forse più facile la comprensione degli eventi che hanno riportato il paese all’attenzione delle cronache internazionali. La tensione infatti è ancora alta nel paese dopo la presa del potere da parte dei militari avvenuta il 1° di febbraio. Guidati dal comandante in capo Ming Aung Hlaing, i militari hanno bollato le elezioni del novembre 2020 come fraudolente e arrestato i membri di spicco della Lega nazionale per la democrazia, compresa la consigliere di Stato Aung San Suu Kyi. 

I paesi occidentali gridano quasi immediatamente al golpe. La Casa Bianca invita i militari a «rinunciare al potere» e minacciano affermando: «Gli Stati Uniti prendono atto di coloro che stanno con il popolo birmano in questo momento difficile». 

Gli Stati Uniti sono, secondo l’analista Evan Rees del Think Tank statunitense Stratfor, preoccupati per qualsiasi paese asiatico in cui la Cina possa guadagnare terreno e quindi, tentano di esercitare influenza, temendo di «perdere completamente il Myanmar in favore della Cina».

A tal proposito il quotidiano cinese Global Times in un editoriale scrive: «L’Occidente dovrebbe astenersi dal gettare benzina sul fuoco in Myanmar». Mentre in un altro articolo afferma che «Washington cerca di utilizzare la situazione del Myanmar per ripristinare la leadership globale». 

Le manovre USA

Gli Stati Uniti hanno mostrato un’attenzione particolare al Myanmar quando Obama ha sviluppato una strategia riguardante l’Asia-Pacifico. Il Segretario di Stato di Obama, Hillary Clinton, ha visitato il paese nel 2011, dove ha dichiarato che gli Stati Uniti avrebbero testato il Myanmar sulla disponibilità del paese a rinunciare alla dittatura militare. I rappresentanti degli Stati Uniti si sono offerti di revocare le sanzioni delle Nazioni Unite sul paese e di fornire assistenza economica, e in cambio hanno fatto pressioni sul governo del Myanmar per interrompere la sua cooperazione con la Corea del Nord negli affari militari e nucleari. L’amministrazione Obama mirava inoltre a bloccare la crescente influenza della Cina nella regione attraverso le relazioni USA-Myanmar. In questo contesto il Myanmar, pur avendo rapporti storici con Pechino decise di cancellare la costruzione di una diga che vedeva il coinvolgimento della Cina. 

Durante l’amministrazione Trump, gli Stati Uniti hanno imposto un regime di sanzioni al Myanmar utilizzando il conflitto di Arakan. Le relazioni Myanmar-Cina sono state prese di mira, ma le sanzioni hanno avuto l’effetto di spingere il governo del Myanmar ancora più vicino a Pechino. La Cina è diventata il principale partner commerciale del Myanmar.

A seguito delle sanzioni, Aung San Suu Kyi, leader del governo rovesciato, ha approfondito le relazioni economiche con la Cina. Nonostante ciò è ancora nota per aver intrattenuto buoni rapporti con l’Occidente, in contrasto con l’esercito del paese, e dall’Occidente è stata ricompensata con il Premio Nobel per la Pace. 

Rapporti con Russia e Cina

il Capo di Stato Maggiore dell’esercito del Myanmar, Ming Ang Hlaing, sanzionato in passato da Stati Uniti e Gran Bretagna, ha ottimi rapporti con Cina e Russia. Durante la sua visita in Myanmar nel contesto della Nuova via della seta, il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha anche incontrato Ming Aing Hlaing, applaudito la «rivitalizzazione nazionale» dei militari e definito i due paesi «fratelli».

Dopo la presa del potere dei militari in Myanmar, Pechino ha evitato di definire gli eventi un «golpe» nelle dichiarazioni pubbliche. Il governo cinese, che ha buoni rapporti sia con il governo che con i militari, ha rilasciato la seguente dichiarazione:

«La Cina è il vicino amichevole del Myanmar. Ci auguriamo che tutte le parti risolveranno le loro differenze all’interno del quadro giuridico e costituzionale e proteggeranno la stabilità politica e sociale».

Anche il ministro della Difesa russo Sergei Shoigu ha visitato il Myanmar il 21 gennaio. Shoigu ha incontrato il generale Min Aung Hlaing e rilasciato una dichiarazione:

«Consideriamo il nostro incontro di oggi come un’opportunità per far avanzare la nostra cooperazione militare. Qualunque siano le restrizioni che questi tempi difficili ci impongono, speriamo di approfondire le relazioni tra le nostre istituzioni di difesa».

Il generale Hlaing ha invece ringraziato Shoigu affermando che “la Russia ha sostenuto il Myanmar in tutti i momenti difficili e soprattutto negli ultimi 4 anni, proprio come fa un vero amico».

Manipolazione occidentale

Dall’inizio dello sconvolgimento politico in Myanmar, i media occidentali non hanno smesso di manipolare la situazione nel paese come strumento per promuovere le loro teorie cospirative contro la Cina, sottolinea il quotidiano cinese Global Times. 

L’Occidente ha sfruttato la situazione in Myanmar per attaccare la Cina. Essenzialmente per tre motivi: in primo luogo, dal punto di vista geopolitico, le potenze occidentali sono preoccupate che le sanzioni all’esercito del Myanmar lo spingeranno verso la Cina, come già avvenuto in passato. Quindi affermano che la Cina è dietro le turbolenze nel tentativo di impedire alle forze armate del Myanmar di avere un rapporto favorevole con Pechino come ha fatto il governo di Aung San Suu Kyi.

In secondo luogo, vogliono creare antagonismo tra il popolo del Myanmar e la Cina, con l’obiettivo di danneggiare le basi dell’amicizia a lungo termine tra i due paesi.

In terzo luogo, si vorrebbe costringere la Cina a interferire nella situazione del Myanmar, in modo da intrappolare Pechino in una spirale. Questo perché l’Occidente non si preoccupa di come si svilupperà la situazione in Myanmar, ma piuttosto di quanto la Cina potrà essere danneggiata dagli eventi nell’ex Birmania. 

L’atteggiamento dell’Occidente è un riflesso della sua solita doppia morale. Innalza la bandiera della democrazia e dei diritti umani, ma finge di non accorgersi delle sofferenze che dovrà patire il popolo del Myanmar se la situazione dovesse peggiorare.