Le Rivoluzioni colorate e alcune verità lapilassiane (II) …che alcuni non conoscono, o ignorano consapevolmente

Il lettore informato sugli attuali avvenimenti in Bielorussia si sentirebbe sicuramente giustificato nel sospettare l'origine delle tecniche di rivoluzione non violenta applicate in quel paese.

Devo scusarmi per una piccola digressione iniziale. Molto necessaria, perché credo che sia sostenuta da prove storiche sull’argomento e dalle prove stesse di Cuba durante la sua già lunga resistenza all’aggressione.

Si tratta di una questione estremamente complessa e seria, perché le tecniche delle rivoluzioni colorate si basano sull’utilizzazione delle frontiere diffuse.
Ecco perché, come si vedrà più avanti, non si preoccupano delle ideologie delle schiere che addestrano, né del loro destino dopo gli eventi.

Nessun finanziamento del tipo che vedremo sotto nel suo rapporto con le rivoluzioni  colorate e con le tecniche che vengono applicate è neutro, apolitico, o eticamente sostenibile in relazione alle intenzioni sovversive degli enti finanziatori che lo concedono o lo canalizzano, se si tiene conto della natura e dell’obiettivo della sua attività internazionale: far crollare un sistema politico in nome della democrazia.

Ma questo è evidente, e quindi gode di un maggiore consenso legale e morale, quando le vie del denaro sono individuabili, rintracciabili, nascoste o confessate. Ma i suoi obiettivi non possono essere nascosti né quando sono canalizzati da terzi “legali” o presumibilmente “trasparenti” di fronte alla comunità internazionale, né legalizzati nella giurisprudenza di una potenza straniera. Si tratta quindi di corsi per “indipendenti”, borse di studio, raggruppamenti di figure di pensiero in piattaforme che agiscono al di fuori delle istituzioni del paese in questione, o protetti dalla “rispettabilità” che finge di basarsi sulla biografia o sugli studi di accademici, di ricercatori, ecc.

Questi metodi sono diretti, – e sono l’ “offerta” in un presumibile “mercato” -, ad una “domanda” liquida esistente, meglio se amorfa ed eterogenea (vedremo più avanti: NON importano le ideologie! ): specialisti, studiosi, o aspiranti attivisti, giovani e non, che hanno alcune delle convinzioni riguardo al concetto di “Società Aperta” o che, in alcuni casi, nel migliore e nel peggiore dei casi, sono simpatizzanti della sinistra, o anche del socialismo, e trovano nell'”offerta” un modo per dare impulso alle loro aspirazioni e alla loro carriera, con la razionalizzazione ideologica e psicologica di non essere distolti, cooptati o posti in funzione di azioni o idee contrarie alle loro convinzioni, quando queste ultime pretendono di essere sostenute da aspirazioni socialiste, libertarie o democratiche. Sono i “filoni” del “tesoro” esistente che intendono sfruttare le tecniche che commenteremo in un altro testo.

Sono queste convinzioni razionalizzate, quando sono oneste, che vengono utilizzate da alcune delle tecniche di Gene Sharp, CANVAS e dalle tesi della Società Aperta. Credere che, poiché in un conclave un attore si manifesta come “plurale”, o avverso alle intenzioni o ideologie degli altri partecipanti, hanno già legittimato la loro partecipazione davanti alle proprie coscienze e convinzioni è ciò che queste tecniche sfruttano. Perché ciò che è importante e che viene sfruttato è essere contro “qualcosa” del sistema che si vuole defenestrare.

Ciò si manifesta nell’ampia copertura che le finanze di Soros forniscono, attraverso molteplici canali “legali”, a centri di studio, istituzioni, think tank, conclavi, ecc. e, soprattutto, ad alcuni attori accuratamente selezionati di istanze femministe, ecologiste, sessuali, antirazziste, preferibilmente se si manifestano diffusamente dissociati da un pensiero indubbiamente anticapitalista o antisistemico.

Pertanto, il più delle volte, e questo è ciò che più interessa ai promotori della tesi della società “aperta”, è che tali inviti o sostegni si basano su alcuni aspetti dell’ideologia politica dei loro partecipanti quando sono in linea come critici, o sono apertamente contrari, a partire da posizioni non istituzionali, a qualsiasi politica dei loro governi locali. Perché in questo modo sono sottilmente funzionali alle tecniche sotterranee che sono la concimazione e la semina, senza fretta, ma senza sosta, in uno stato sociale soggettivo in cui in seguito possono fiorire i loro obiettivi. Come vedremo più avanti, una delle tecniche di Sharp è quella di catturare chiunque sia contro “qualcosa”. Qualcosa: non importa cosa. Non sostenere, non essere, non ubicarsi, questa è la questione che interessa gli organizzatori dei “rivoluzionari”  e delle “rivoluzioni” non violente. Ma importante è essere, come dice Sharp, e con CANVAS, contro “qualcosa”.

Fine della digressione.

Otpor - Wikipedia

Sotto il nome di Otpor, (resistenza), Srda Popovic, accompagnato da un compagno di studi, Slobodan Dinovic, – che in seguito occupò la proprietà delle telecomunicazioni serbe – organizzò dal 1998 un movimento studentesco che, applicando le tecniche del manuale di Gene Sharp, lavorò attivamente, e fu decisivo nel manipolare le proteste studentesche, fino alla partenza dal potere di Slobodan Milosevic, allora presidente della Repubblica Federale di Jugoslavia.

Queste azioni sono state tra le prime applicazioni pratiche di successo di una nuova variante di insurrezione artificialmente montata su dimostrazioni originariamente spontanee, e più tardi conosciuta come golpe “morbidi” o “rivoluzioni colorate”, o “primavere”.

Center for Applied Nonviolent Action and Strategies — Home

Quando il ricercatore ha visitato la sede dell’organizzazione CANVAS (il Centro per l’azione e le strategie nonviolente applicate di Popovic a Belgrado), la piccola agenzia aveva già inviato dei formatori per condurre dei workshop “in una cinquantina di paesi, tra cui Georgia, Ucraina, Bielorussia, Albania, Russia, Kirghizistan, Uzbekistan, Libano ed Egitto”. Ad una domanda, Popovic ha risposto che “formare ed educare gli attivisti è ora la nostra professione”, e che “La prima lezione è su come creare unità attraverso una potente visione del futuro. Spiego come riunire persone di diversa estrazione ideologica attorno a una causa comune per ottenere più del 50% dei voti”.

All’epoca la lista dei loro prossimi obiettivi erano paesi “come Vietnam, Zimbabwe, Swaziland, Siria, Somalia, Papua occidentale, Azerbaigian, Papua Nuova Guinea, Venezuela e Iran“. Alla domanda se CANVAS promuoveva qualche visione del mondo, ha dichiarato che non era “un’organizzazione ideologica, ma educativa”, e che “il colore politico degli attivisti non ci interessa. Ci interessa solo che non siano estremisti, perché le ideologie estreme non hanno la capacità di crescere in una lotta non violenta.

Una delle connotazioni a cui allude il sintagma “dei colori”, è quel principio de-ideologizzato: non importa quali siano le ideologie dei suoi discepoli, l’obiettivo è quello di manifestarsi “contro qualcosa”.

Il lettore informato sull’attualità bielorussa si sentirebbe sicuramente giustificato nel sospettare l’origine delle tecniche di rivoluzione non violenta applicate in quel Paese, sapendo che dal 2002, sempre secondo il ricercatore, il Fondo europeo per l’educazione, di origine polacca, aveva contattato Canvas “per formare i militanti del movimento Zubr (“bisonte”) che volevano porre fine al regime di Aleksandr Lukashenko in quel Paese.

I militanti georgiani del movimento Kmara! (Basta!) hanno partecipato a corsi di formazione in Serbia nel giugno 2003. Dopo di che apparvero nella “Rivoluzione delle rose” e furono un fattore determinante per la partenza di Eduard Chevardnadze nel novembre di quell’anno.

Nell’autunno del 2003 e in parte del 2004, la tecnologia testata in Serbia viene applicata su larga scala in Ucraina. In seguito CANVAS ha iniziato a formare attivisti di altri paesi: Azerbaigian, Lituania, Russia, Iran, ecc.

Per non dilungarci, vediamo un breve riassunto delle operazioni successive che il ricercatore cataloga, prima di commentare alcune delle tecniche applicate. Avvertiamo il lettore di considerare queste note come mera informazione storica, dato che contro Cuba, senza dubbio, si fa un tentativo subdolo, anche se inutile, di sperimentare questi metodi. Conoscendo alcuni aspetti del vasto manuale di Gene Sharp, sicuramente evocherete alcuni di questi tentativi, e trarrete le vostre conclusioni al riguardo, che è la ragione principale di queste note.

I discepoli di Srda Popovic hanno agito:

– alla vigilia della Rivoluzione dei Cedri, Libano 2005. Durante gli eventi, appare il simbolo del pugno nero su sfondo bianco, l’insegna delle rivoluzioni non violente che erano state create in una caffetteria di Belgrado nel 1998.

– Tre anni dopo, alle Maldive.

– Nel 2009, una quindicina di attivisti egiziani del movimento giovanile Kifaya (“Stop it now”) del “6 aprile” arrivano a Belgrado per studiare strategie che possano aiutarli a rovesciare il presidente Hosni Mubarak.

Per quanto riguarda l’evento egiziano, Popovic ha spiegato al ricercatore che “questo (era) un caso unico in cui il modello è stato adottato nella sua interezza”. Hanno organizzato cinquanta workshop in quindici città egiziane. Tarel El-Khouly, ex membro del “6 aprile” e responsabile dell’organizzazione delle manifestazioni, ha affermato che “la formazione che abbiamo ricevuto sulla disobbedienza civile, la lotta non violenta e i modi per abbattere i pilastri del sistema hanno influenzato il modo in cui il nostro movimento ha agito.

– Nel gennaio 2011, in piazza Tahrir al Cairo, gruppi di giovani sventolano striscioni con il pugno alzato e lo slogan: “Il pugno scuote il Cairo! Su Internet circolava già un opuscolo che spiegava in dettaglio i posti che avrebbero preso (la radio e la televisione egiziana, le stazioni di polizia, il palazzo presidenziale) e i modi in cui avrebbero evitato le forze dell’ordine.

Rispetto al nostro continente (America latina, ndt), le attività di CANVAS non sono pubblicizzate come dovrebbero. Riassumiamo alcuni dati forniti dal ricercatore:

– Dopo l’incontestata rielezione di Hugo Chávez nel dicembre 2006 con il 62% dei voti, Canvas ha formato il movimento giovanile venezuelano, Generazione 2007, e ha lavorato con gli attivisti venezuelani soprattutto in Messico e in Serbia. Diversi membri del team di Guaidó hanno ricevuto una formazione a Belgrado nel 2007: Geraldine Álvarez, la sua direttrice della comunicazione; Elisa Totaro, che ha lavorato sulla comunicazione del movimento studentesco, ispirata ai metodi e all’identità visiva di Otpor! e Rodrigo Diamanti, responsabile degli aiuti umanitari dall’Europa.

Un fatto molto rivelatore è che dal 2010 un testo di CANVAS ha spiegato quello che per loro era un punto molto debole in Venezuela: il suo sistema elettrico (“Analisi della situazione in Venezuela”, Canvas Analytic Department, Belgrado, settembre 2010, citato da Ana Otaševic). Nel 2019 l’impianto idroelettrico di Simon-Bolivar subisce un guasto. Caracas e gran parte del Venezuela subiscono un black-out.

Sottolineo qualcosa che il ricercatore mette in evidenza: CANVAS era presente anche in Bolivia durante il colpo di stato, ma questa organizzazione non ha mai agito in paesi alleati degli gli Stati Uniti: Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti o Pakistan. Finora i suoi simboli non sono apparsi in nessun paese del nostro continente, come la Colombia, nemmeno nelle manifestazioni e nella lotta di quel popolo contro i crimini contro i giornalisti e i leader sociali.

La non violenza non è interessata a combattere questo tipo di violenza.

Citerò solo un altro fatto, perché è improvvisamente molto attuale a Cuba. L’origine delle finanze di CANVAS. Come forse saprete, alcune persone del presunto giornalismo che si presenta come “indipendente” a Cuba hanno riconosciuto di ricevere finanziamenti dalla Open Society, l’organizzazione di George Soros che, appunto, è il grande finanziatore dell’organizzazione di numerose azioni violente e “non violente” in numerosi scenari, ma anche da media accademici, siti digitali, incontri di intellettuali (indipendentemente dall’ideologia dei loro ospiti o dei loro padroni di casa).

Il ricercatore dice che “per capire l’influenza del piccolo team di CANVAS in così tanti paesi – (5 persone nella loro sede centrale, e alcuni attivisti diretti sparsi per il mondo), – bisogna tornare alla fine degli anni Novanta. Un rapporto speciale dell’Istituto per la Pace degli Stati Uniti (USIP) del 14 aprile 1999 ci dà un indizio: “Il governo degli Stati Uniti dovrà aumentare significativamente il suo sostegno alla democrazia nella Repubblica Federale di Jugoslavia dal suo attuale contributo di circa 18 milioni di dollari a 53 milioni di dollari durante questo stesso anno fiscale (…). Questi fondi potrebbero coprire i viaggi all’estero degli studenti leader e i programmi di studio e le borse di studio in Europa e negli Stati Uniti. Il rapporto è illustrato con l’immagine di un pugno nero in rilievo: il simbolo di Otpor!

Nelle parole di Popovic: “Molti attori a livello internazionale erano interessati a far cadere lo ‘Sloba’ [Slobodan Milosevic] “Erano persone con cui si poteva parlare di politica e ottenere denaro, come il National Endowment for Democracy [NED], l’International Republican Institute [IRI] e il National Democratic Institute [NDI], che lavorava con i partiti politici, e Freedom House, che lavorava con i media.

E lo studioso aggiunge:

” Secondo Paul B. McCarthy, allora capo regionale del NED, Otpor! ha ricevuto la maggior parte dei 3 milioni di dollari spesi dall’organizzazione statunitense in Serbia dal settembre 1998. Questi fondi sarebbero stati utilizzati per lanciare manifestazioni e per produrre materiale di propaganda – magliette, poster, adesivi con l’immagine del pugno – oltre che per formare e coordinare gli attivisti. “Abbiamo stampato due milioni di copie del volantino “It’s Over”, che abbiamo distribuito in tutta la Serbia. Avevamo commissioni in 168 posti. Era la più grande rete di attivisti; nessun partito in Serbia ne aveva così tanti. Qualcuno ha pagato per tutto questo, così come per gli uffici e i telefoni cellulari, ecc.” ”

Alla domanda sui finanziamenti, Serdga Popovic risponde che “non sono un problema, perché (sono) “organizzazioni che lavorano in modo trasparente”. E che quei milioni non rappresentano nulla di “cruciale”.

E un’ultima citazione, sulle sedie girevoli di questi “rivoluzionari”:

Le “rivoluzioni colorate” portano a carriere brillanti. Gli ex attivisti sono stati associati a istituzioni ben in vista, come Freedom House o fondazioni private come quella di  Soros. Altri ricoprono posizioni importanti nei loro governi. Popovic insegna online all’Università di Harvard ed è stato eletto rettore dell’Università di St. Andrews in Scozia nel 2017. Tiene anche una conferenza annuale alla United States Air Force Academy a Colorado Springs. “La mia teoria rimane la stessa: il 4% dei cambiamenti di regime si ottiene attraverso un cambiamento violento, il 96% attraverso un cambiamento non violento. Un giorno questi studenti dovranno decidere: “Dai, stiamo bombardando” o “non stiamo bombardando”. Se si può influenzare una tale decisione, si salvano molte vite”, dice Popovic, che è stato nominato per il Premio Nobel per la pace nel 2012. Il World Economic Forum di Davos lo ha distinto l’anno successivo come uno dei suoi “Young Global Leaders” ed è stato addirittura inserito tra i “100 pensatori più importanti del pianeta” nel 2011, secondo la rivista statunitense Foreign Policy.

VIDEO:

Gli Stati Uniti alla conquista dell’Est. DOCUMENTARIO COMPLETO

Bush pronunciò in un discorso all’epoca: “Abbiamo acceso un fuoco, un fuoco nella memoria degli uomini che riscalda colui che ne sente il potere, brucia chi cerca di rallentarne la progressione e un giorno quel fuoco incontrollabile della libertà raggiungerà i luoghi più bui del nostro mondo”. Anni dopo  la “libertà” sarebbe andata nelle testate delle bombe negli stessi angoli bui di altri mondi, invece delle rivoluzioni non violente a cui Bush ha fatto riferimento nel suo discorso.

Dopo la catena di “rivoluzioni nonviolente” che va dal 2001 in Serbia (quella di velluto); 2003 in Georgia (quella di rosa); 2004 in Ucraina (quella di arancione) e Kirghizistan, 2005 (quella dei tulipani), Putin e Bush si incontrano in un summit che alcuni media hanno definito di “riconciliazione”.

Dopo la catena delle “rivoluzioni non violente” che vanno dal 2001 in Serbia (a quella di velluto); 2003 in Georgia (delle rose); Il 2004 in Ucraina (arancione) e il Kirghizistan, il 2005 (i tulipani), Putin e Bush si incontrano in un vertice che alcuni media hanno chiamato di “riconciliazione”. È il primo incontro dei due statisti da quando la “rivoluzione” arancione ha trascinato l’Ucraina nell’orbita occidentale.

Il film di Manon Loiseau, “Stati Uniti, alla conquista dell’est”, tradotto da Venezolana TV, mostra un lungo viaggio attraverso molti dei paesi e dei personaggi citati nel paragrafo precedente. Contiene scene di un incontro di Bush, prima dell’arrivo di Putin sul luogo dell’incontro, con “un’altra” delegazione molto speciale: festeggia un brindisi di lavoro con l’intera squadra dei leader delle recenti rivoluzioni colorate.

In un istante, quasi all’inizio della testimonianza del film, si può vedere Giga Bokeria, organizzatore del movimento studentesco georgiano (KMARA), che si rivolge a Iván Marcovic, il leader del movimento studentesco serbo OTPOR!, esprimendo: “» sai, mi hanno chiesto cosa può fare a Cuba. Serve un visto per andare a Cuba ?»e l’altro risponde «A noi no. A noi no. Non abbiamo bisogno di un visto per andare a Cuba. Vedrai. Invieremo 10 milioni di serbi per fare la rivoluzione a Cuba “.

(Continua…)

 

“Mercenari della lotta nonviolenta” o “Come esportare la democrazia liberale” della ricercatrice Ana Otaševic che si concentra sulla successiva attività di Srda Popovic e della sua attuale organizzazione, CANVAS. Quanto segue si basa sui dati da lei forniti. (*)

La prima ricerca citata è disponibile all’indirizzo https://rebelion.org/mercenarios-de-la-lucha-no-violenta/