Leal, Chávez e Fidel

Fu Leal a invitare Hugo Chávez all’Avana e quella prima visita a Cuba nel dicembre 1994, con Fidel Castro che onorava il giovane militare come capo di Stato, cambiò il corso della storia della regione

di Rosa Miriam Elizalde
Fonte: Cubaperiodistas

Traduzione: GFJ, ASC-TI

La morte di Eusebio Leal ha scosso l’isola. Ho visto piangere cubani di tutti i settori e di tutti i colori, professionisti, lavoratori, poeti, giornalisti, persone che venivano da diverse parti di Cuba, cronisti che hanno seguito le sue tracce, amici, donne e uomini che lo hanno incontrato durante una presentazione di un libro o per strada. Perché lo amano così tanto? La sua amica da decenni, la regista Rebeca Chávez, mi ha detto con voce rotta che lo amavano perché rappresentava, nel XX secolo e oltre, “un monumento cubano, come l’Avana”.

Mi pongo anch’io questa domanda, e la risposta migliore che trovo non segue percorsi già intrapresi nei numerosi necrologi dedicati allo storico dell’Avana, morto lo scorso 31 luglio, all’età di 77 anni. Era, senza dubbio, uno spirito rinascimentale e uno dei grandi oratori della storia di un Paese che di oratori ne ha dati tanti. Cattolico e comunista, uomo idealista e pratico, qualcuno che ha difeso “centesimo per centesimo, mattone per mattone, l’opera del Centro storico”, dice Rebeca. Era tutto questo, ma era anche un intellettuale con un buon istinto politico che, senza volerlo, prendeva decisioni che trasformavano il continente latinoamericano.

Fu Leal a invitare Hugo Chávez all’Avana e quella prima visita a Cuba nel dicembre 1994, con Fidel Castro che onorava il giovane militare come capo di Stato, cambiò il corso della storia della regione.

I dettagli sono narrati in El Encuentro (clikka e leggi il libro, ndt), un libro che ho scritto con il giornalista Luis Baez sulla base delle testimonianze di tutti i suoi protagonisti. Nel luglio del 1994, il tenente colonnello venezuelano ed eroe di una ribellione militare per la quale aveva scontato due anni di carcere, tenne una conferenza stampa all’Ateneo de Caracas: “Quando stavo per andarmene, mi fu detto che c’era un cubano che parlava di Bolivar in una delle stanze al piano superiore. Salí, ma quando arrivai, stava già finendo. “La conferenza la tenne da Eusebio Leal, il primo cubano che mi invitò sull’isola”, ci racconterà Chávez dieci anni dopo, su un volo da L’Avana a Caracas.

Condivido con i lettori de La Jornada un frammento dell’intervista che Eusebio mi ha rilasciato per quel libro. La testimonianza, poco conosciuta, non solo rende giustizia a tutti i protagonisti di questa storia. Rivela la particolare sensibilità dello storico dell’Avana e dà nuovi indizi sul perché i cubani piangono questo addio in cui non sono mancati fiori, musica e “lenzuola bianche appese ai balconi”, come dice il ritornello di una canzone del cantautore Gerardo Alfonso, che ogni abitante dell’Avana si associa a Leal passeggiando per la sua amata città.

Racconta Eusebio in El Encuentro:

In breve tempo, Chávez diventerà uno dei discepoli più sinceri di Fidel. Non è l’unico, ma è un uomo molto speciale. È un discepolo che considera Fidel -e così ha detto-, come un padre, al punto di dargli l’arma con cui ha combattuto; al punto di essere eternamente fedele alla sua amicizia e, nel terribile momento del colpo di stato, di averlo chiamato e di essere stato coerente con quanto gli ha detto Fidel. E fu tanto quello che seminó per il suo popolo che questi ebbe la forza e la determinazione di farlo uscire di prigione e restituirgli ciò che aveva legittimamente conquistato.

Un giorno ci chiederemo se, in questi anni difficili che abbiamo vissuto, avremmo potuto esistere senza il Venezuela bolivariano, senza lo spirito di solidarietà di quel Paese. Una solidarietà che non è stata solo per Cuba, perché in mezzo all’egoismo e alle insulsaggini con cui a volte si analizza la probabile concertazione latinoamericana, di solito non si fa nulla di concreto.

Tuttavia, il governo Chávez ha sostenuto le persone più povere, le più sfortunate. Come lo ha fatto Cuba. Mi è stato insinuato: “Beh, ma a Cuba le costa molto questa solidarietà”, a causa dei ‘chilometri’ di medici che ha nei luoghi più remoti del Venezuela. E io dico loro: “Nessuno potrebbe ripagare abbastanza per una sola notte di insonnia un medico,  un ginecologo, uno stomatologo… Nessuno sa meglio di loro cosa sia il dolore umano e cosa significhi quell’altro meraviglioso sentimento che è la gratitudine”. Se dovessimo contare tutto in dollari – il che sarebbe fatidico – il nostro debito non verrebbe mai ripagato. Ma se lo contiamo con quello che Cuba e il Venezuela hanno fatto per l’essere umano che soffre e per l’amico che ha bisogno, allora è sufficientemente corrisposto. E questo lo capiscono solo coloro che sentono di dover e di poter fare qualcosa per l’umanità. (Tratto da La Jornada).


Rosa Miriam Elizalde

Rosa Miriam Elizalde

Primo Vicepresidente dell’UPEC. Giornalista ed editrice cubana, dottore in Scienze della Comunicazione e professoressa all’Università dell’Avana. Columnist per il giornale messicano La Jornada. Ha pubblicato diversi libri. È stata fondatrice e redattrice del settimanale digitale La Jiribilla e del giornale online Cubadebate.
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