di Gaddo Melani, giornalista e membro ASC
1° dicembre 2016
Martedì 29 precipita in Colombia un aereo sul quale viaggiava una squadra di calcio brasiliana. E’ una strage. L’impressione è grande e i mezzi d’informazione, chi più,chi meno, ricordano i precedenti disastri aerei che hanno seminato lutto nel mondo dello sport.
Così, lo stesso martedì, il TG3 della RAI ( ore 12.00 ) stende un dettagliato elenco, che dallo schianto di Superga giunge alla disgrazia del Tupolev precipitato nel 2011 che costò la vita a una, squadra russa di hockey su ghiaccio.
Da una veloce ricerca sul web, circoscritta ai siti di lingua italiana e francese, ho trovato diverse cronologie ,la più circostanziata su Sky Sport. Essa parte dalla tragica scomparsa, nel lago di Garda, nel 1931, di un ex-giocatore del Padova, precipitato a bordo del suo monoplano e prosegue ricordando tutte le tragedie, grandi e minori, dal 1941 sino al 2011, avvenute in Asia e in Africa, in America Latina e in Europa.
Ma in nessuna di queste si fa cenno alla scomparsa nei cieli dell’America Centrale della squadra nazionale giovanile di scherma di Cuba. Gli atleti erano a bordo di un velivolo delle linee aeree nazionali, decollato dalle Barbados e diretto all’Avana. Il velivolo venne distrutto da un’esplosione. I morti furono 73, di cui i 24 atleti della squadra di scherma.
Era il 6 ottobre del 1976. Si trattò di un atto terroristico, organizzato dalla CIA. E più precisamente dal suo agente Posada Carriles. Quest’ultimo ha ottenuto il passaporto statunitense e vive a Miami. Sicuramente la mattina del 26 novembre sarà stato in piazza a inneggiare alla libertà e alla democrazia.
I morti cubani non contano, nemmeno esistono, ma, anche alla luce di quanto abbiamo letto e sentito di questi giorni, sarebbe ingenuo meravigliarsene.