Con il 99,99% delle schede scrutinate Pedro Castillo è in testa alle elezioni in Perù. La vittoria del candidato comunista Pedro Castillo è un risultato storico per il Perù, ma il nuovo presidente dovrà guardarsi dalle trame delle forze reazionarie e imperialiste.
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Il 6 giugno è stata una data fondamentale per il futuro politico del Perù, quella del secondo turno delle elezioni presidenziali, che hanno visto la sfida tra Pedro Castillo e Keiko Fujimori. Da un lato si trovava infatti Castillo, insegnante cinquantunenne originario della provincia di Cajamarca, leader del Partido Político Nacional Perú Libre, una forza marxista-leninista che si ispira alle teorie politiche del filosofo José Carlos Mariátegui; dall’altro, Keiko Fujimori, quaranteseienne candidata del partito nazionalista Fuerza Popular e figlia d’arta, in quanto suo padre altri non è che il sanguinario dittatore Alberto Fujimori, presidente del Perù dal 1990 al 2000.
Con il 99.99% delle schede scrutinate, il verdetto finale sembra essere favorevole a Castillo, sebbene il distacco tra i due pretendenti alla poltrona presidenziale sia minimo. Secondo i dati attualmente disponibili, infatti, il candidato comunista avrebbe ottenuto il 50.22% delle preferenze contro il 49.77% della sua sfidante, con un distacco di 71’441 voti. Al primo turno, Castillo guidava con quasi 800.000 preferenze di vantaggio su Fujimori, ma il fronte unito delle forze di reazionarie e conservatrici è quasi riuscito nell’intento di colmare questo distacco. Ad ogni modo, entrambi i candidati hanno incrementato visibilmente il numero assoluto di consensi, anche grazie ad un’affluenza alle urne pari al 76,66%, contro il 70,05% del primo turno.
Come la sinistra sudamericana ha imparato a proprie spese, tuttavia, la vittoria elettorale non può essere considerata come un momento di trionfo, ma piuttosto come l’inizio di una nuova battaglia. Quanto accaduto in Ecuador, Brasile, Bolivia e in altri Paesi negli ultimi anni dovrà servire da monito per Castillo, il quale diventerà il bersaglio degli attacchi della destra reazionaria peruviana e delle forze imperialiste internazionali. La stessa Fujimori ha già iniziato a parlare di “serie di irregolarità” che sarebbero state ravvisate alle urne, metodo che ricorda quello utilizzato dalla destra boliviana per organizzare il golpe contro Evo Morales nel novembre del 2019.
“Secondo i nostri rappresentanti, abbiamo il rapporto ufficiale del Partito in cui il popolo si è imposto in questa impresa ed è per questo che chiedo di non cadere nella provocazione“, ha risposto agli attacchi della destra Pedro Castillo, che presentava la propria candidatura in coppia con Dina Boluarte, destinata ad occupare la carica di vicepresidente. Castillo e Boluarte attendono ora lo spoglio delle ultime schede ancora da analizzare, quelle del distretto di Fitzcarrald, nella provincia di Manu, l’ultima a far pervenire il proprio materiale elettorale alla capitale Lima.
La vittoria di Castillo alle presidenziali conforta dunque il risultato ottenuto dal suo partito alle elezioni legislative, dove Perú Libre aveva ottenuto il primato, eleggendo 37 deputati contro i 24 del partito di Fujimori, Fuerza Popular. I risultati delle elezioni legislative erano già state ufficializzate dopo l’11 aprile, data nella quale si era tenuto anche il primo turno delle presidenziali. Gli elettori peruviani hanno scelto anche i propri rappresentanti per il Parlamento Andino, organismo del quale fanno parte anche Bolivia, Colombia, Cile ed Ecuador. I cinque principali partiti peruviani hanno eletto un rappresentante a testa: oltre a Perú Libre e Fuerza Popular, saranno infatti rappresentanti i conservatori di Renovación Popular e i due partiti liberali Acción Popular e Avanza País – Partido de Integración Social.
Al momento della sua investitura, Castillo si troverà a fare i conti con un Paese in piena crisi politica, economica e sanitaria. Il Perù ha infatti visto succedersi quattro presidenti nell’arco di circa tre anni, e la pandemia da Covid-19 non ha fatto altro che acuire le criticità endemiche dello Stato peruviano. Un sistema sanitario allo sbando e la forte disoccupazione sono oggi tra le principali preoccupazioni della popolazione peruviana, alle quali il nuovo capo di Stato sarà chiamato a dare una risposta.
Ad oggi, il Perù ha registrato quasi due milioni di casi positivi al Covid-19, con oltre 187.000 vittime, numeri che fanno di questo Paese quello con il più alto tasso di letalità al mondo. Il 31 maggio, infatti, le autorità peruviane hanno aggiornato il calcolo delle vittime del virus, affermando che il numero di 70.000 precedentemente segnalato era fortemente sottostimato. La presidente del Consiglio dei ministri, Violeta Bermúdez, ha indicato che il bilancio delle vittime era stato esaminato da un consiglio di esperti peruviani e internazionali, affermando che “crediamo che sia nostro dovere rendere pubbliche queste informazioni aggiornate“.
Nonostante le misure prese dal governo, il Perù ha visto il verificarsi di una vera e propria strage. Questo può essere stato causato da un lato dal continuo alternarsi di governi e dall’altro dallo stato in cui versa la sanità peruviana, il cui sistema pubblico non dispone di sufficienti fondi, mentre quello privato è accessibile solamente ad una piccola parte della popolazione. Inoltre, si calcola che l ‘11,8% delle famiglie povere in Perù viva in condizioni di sovraffollamento in alloggi non dignitosi, il che impedisce loro di mantenere il distanziamento sociale e consente al virus di diffondersi facilmente.
Quanto a Keiko Fujimori, sappiamo che la leader della destra peruviana difficilmente accetterà la sconfitta. Per lei non si tratta solamente di un fatto politico, ma piuttosto di una questione personale, in quanto due dei suoi obiettivi erano quelli di sottrarsi ai procedimenti giudiziari a suo carico e di utilizzare le prerogative del capo di Stato per permettere la scarcerazione di suo padre, condannato alla reclusione fino al 2033. Proprio venerdì scorso, il giudice Víctor Zúñiga ha respinto i cinque ricorsi presentati da Keiko Fujimori, il che significa che costei non potrà far altro che affrontare il processo nel quale è accusata di corruzione e riciclaggio di denaro. Secondo l’accusa, Fujimori ed il suo partito avrebbero ricevuto fondi illegali dalla società di costruzioni brasiliana Odebretch, al fine di finanziare le campagne elettorali del 2011 e del 2016. Il procuratore José Domingo Pérez ha sottolineato a tal proposito che Keiko Fujimori “non vuole che una magistratura indipendente giudichi i suoi crimini in un processo pubblico“.