Primo Maggio 2023: Una risposta della classe operaia è urgente, ma soltanto uniti ce la faremo

Un Primo Maggio rosso, rivoluzionario e internazionalista

In un nuovo anniversario della Giornata Internazionale dei Lavoratori, il dibattito tra capitale e lavoro si acuisce, il mondo dello sfruttamento e della schiavitù si confronta con maggiore chiarezza, con la volontà che anela a costruire una vita di relazioni fraterne ed emancipate, senza classi sociali.

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Fonte: Granma
Traduzione e aggiunte: GFJ

Immagine: "L'Unità della classe operaia è in cammino"

Un lavoro incompiuto per la classe operaia.

Commemoriamo la lotta planetaria contro il capitalismo. Ripudiamo la tragedia globale che costa milioni di vite e perpetua disastri indicibili. Commemoriamo la lotta della classe operaia dagli stessi sotterranei del capitalismo, dove si organizza la barbarie contro gli oppressi, che non solo aumenta la disoccupazione, la fame, l’insalubrità, il malessere, la mancanza di istruzione, di acqua, elettricità, medicine e rispetto, adottando le tattiche e le strategie di manipolazione delle coscienze. Milioni di persone sono costrette a mendicare un lavoro, in cambio di una miseria di salario e a rovinarsi la salute in attività insopportabili. Basta vivere nella paura di perdere il lavoro! Quando è troppo è troppo!

Cinicamente, il capitalismo fa enormi sforzi per farci credere che il mondo sarà un giorno “diverso”, senza mai dover modificare il suo sistema economico e i suoi “valori”. Alcuni cinicamente osano persino raccontare che potrà “migliorare”, diventare “più umano”, diventare “progressista”. Cercano di convincerci che il “cambiamento” è la stessa cosa del “riformismo”. Che “diverso” è lo stesso che “uguale”. Che le guerre sono un business che può “salvarci”; che le banche sono il nostro miglior aiuto e salvezza con i loro “crediti”; che i “mass media” sono essenziali per aiutarci a capire la “realtà” e che non è vero che esistano le fake news.

Sappiamo che l’imperialismo usa tutte le sue armi: blocco economico, colpi di stato, penuria, terrorismo mediatico, oltraggi giuridici e guerra alienante accelerata. E non basta desiderare che il capitalismo muoia, bisogna sradicarlo definitivamente. Questo è l’unico modo per garantire che il processo rivoluzionario mondiale sia irreversibile. È imprescindibile denunciare come la “globalizzazione” borghese abbia imposto una guerra mediatica alienante e globale per permettere al capitalismo di annientare ogni iniziativa realmente democratica che viene dal basso.

Nella disputa ideologica per dominare il senso comune, il capitalismo trasforma la sua agonia in un inferno per la classe operaia. E ci incita a salvarlo – tutti insieme – per offrirlo alla nostra prole come migliore eredità, come un “tesoro” civilizzatore. Con enfasi, e con suprematismo, demoliscono il potere d’acquisto. Tutto per la salute del mercato, il loro mercato. La flessibilizzazione del lavoro (nascosta o mascherata) è infettata anche dai “consulenti scientifici”. Fanno solo i propri interessi con i salari della classe operaia sotto la copertura della pandemia di turno e di qualsiasi buffonata “tecnica”. Dicono che bisogna creare milioni di posti di lavoro, ma non spiegano mai di che tipo, a quali condizioni o a quali costi. La cricca borghese tuona con le sue macchine da guerra ideologiche e ci stordisce con le “notizie” che insistono a volerci illudere con un futuro tirato fuori dal cappello semiotico del gattopardismo. Non una sola notizia sulle proteste dei lavoratori in tutto il pianeta. Ci fanno credere che i lavoratori sono smobilitati, e che l’ ”internet way of life” aspira alla terra promessa del telemarketing, della telesalute, delle relazioni lavoratore-datore di lavoro a distanza, del camminare sulla banda larga e i big data.

Non basta desiderare che il capitalismo muoia, bisogna sradicarlo definitivamente. Questo è l’unico modo per garantire che il processo rivoluzionario mondiale sia irreversibile.

Abbiamo bisogno di unirci, rivoluzionare l’unità, verso una nuova concezione della nostra capacità di organizzazione, di protesta e di confronto di classe. Bisogna accelerare l’uso della tecnologia e della scienza negli obiettivi emancipatori per le conquiste del lavoro che dobbiamo acquisire e affrontare con determinazione la schiera dei saccenti, “esperti in nuove forme di lavoro”, dei loro psicologi, dei loro economisti, dei loro astrologi, e non di meno dei loro teologi… Una risposta della classe operaia è urgente, andando avanti con passi organizzativi concreti che producano cambiamenti veri che possono venire solo da una nuova organizzazione del lavoro sul capitale.

Proletari di tutti i paesi, unitevi!

Soltanto uniti ce la faremo. Non c’è riconciliazione con le contraddizioni del modo di produzione capitalista che insiste nell’impadronirsi della coscienza dei lavoratori e delle lavoratrici per annientare il loro livello di mobilitazione e ogni possibilità di unità. Vogliono convincerci ad abbandonare le lotte contro l’estrazione del plusvalore, a dimenticare la lotta di classe come motore della storia. Non possiamo abituarci docilmente all’umiliazione di tutti gli esseri umani! I lavoratori e le lavoratrici di tutti i paesi commemorino la loro lotta contro ogni violenza e contro ogni oppressione della fame, della miseria e dell’umiliazione.

Il programma di unità, con la piena vita democratica e la direzione dei lavoratori, operai e operaie, contadini, studenti, casalinghe, intellettuali, artisti, piccoli produttori e commercianti della campagna e della città, deve garantire la più ampia e scientifica partecipazione e un protagonismo atto a determinare il loro destino, senza padroni, senza aguzzini… . La nostra unità deve rivendicare sistematicamente l’internazionalismo, con la certezza che i suoi grandi obiettivi, come Rivoluzione Umanista di tipo nuovo, saranno raggiunti solo quando i popoli conquisteranno l’organizzazione per l’emancipazione da tutte le forme di alienazione, blocco e silenziamento. Niente di tutto questo sarà possibile se l’unità perde di vista la necessità di seppellire il capitalismo ai fini di aprire la strada a una nuova era nella storia dell’umanità.

È imprescindibile denunciare come la “globalizzazione” borghese abbia imposto una guerra mediatica alienante e globale per permettere al capitalismo di annientare ogni iniziativa realmente democratica che viene dal basso.

La nostra unità deve comunicare la sua filosofia secondo il momento storico che ci permette di percorrere, di accelerare l’organizzazione concreta e gli obiettivi strategici rivoluzionari. Promuovere tutto il pensiero e tutta la prassi, per il suo dibattito etico maturo con piena coscienza e libertà, con gli obiettivi della rivoluzione. E per questo è necessario raggiungere il maggior numero possibile di uomini e donne che siano coinvolti nella risoluzione di tutti i problemi posti dalla lotta, con le sue diverse fasi e livelli: espropriare la borghesia, organizzare la presa e l’occupazione delle fabbriche, ed esigere la nazionalizzazione sotto controllo operaio delle banche, della terra e dei principali gruppi industriali privati, dell’industria agroalimentare…

Tutto ciò è un lavoro incompiuto per mancanza di unità, che deve essere portato avanti con entusiasmo, creatività e scientificità. Un lavoro incompiuto che deve essere aggiornato per costruire un’unità dialettica inedita,  senza precedenti, di cui abbiamo conosciuto solo gli embrioni, che funga da strumento che, a sua volta, possa essere utilizzato per costruire una nuova unità che serva a potenziare il programma della classe operaia.

Poster cubano "Tutti in piazza con Fidel". Esempio di unità di un popolo per un obiettivo comune

Celebriamo il Primo Maggio come manifestazione della speranza attiva e dell’ascesa verso la pratica di milioni di uomini e donne lavoratori e lavoratrici che non abbassano la guardia, che non perdono la speranza!

L’unità dei lavoratori e delle lavoratrici di tutto il mondo deve crescere e rafforzarsi esponenzialmente, sempre più strettamente, in quelle loro organizzazioni che hanno mostrato una via d’uscita a migliaia e migliaia di combattenti che sono raggruppati sotto la forza dell’unità. È indispensabile prepararsi con rinnovata energia al combattimento decisivo che si avvicina. Unità e, ancora una volta, unità delle voci rivoluzionarie che stanno crescendo in tutto il mondo, anche se l’egemonia dei media le mette a tacere. Alzate le voci, molteplici e profonde, scandite dalle richieste dei lavoratori  e delle lavoratrici che si dispiegano di giorno in giorno con più audacia e con la giusta ragione!

Diego Rivera, "Messico oggi e domani", dettaglio con Karl Marx, murales della Storia del Messico, 1935, affresco, Palacio Nacional, Città del Messico (foto: Wolfgang Sauber, CC BY-SA 3.0)

Celebriamo il Primo Maggio come manifestazione della speranza attiva e dell’ascesa verso la pratica di milioni di uomini e donne lavoratori e lavoratrici che non abbassano la guardia, che non perdono la speranza, e che scolpiscono la storia con la loro lotta quotidiana per l’emancipazione di tutti, contro il giogo del capitale.

 

Fernando Buen Abad,  messicano di nascita (Città del Messico, 1956), è specializzato in Filosofia dell’immagine, Filosofia della comunicazione, Critica culturale, Estetica e Semiotica. È un regista cinematografico laureato alla New York University, ha conseguito una laurea in Scienze della Comunicazione, un Master in Filosofia politica e un dottorato in Filosofia. Membro del comitato consultivo di TeleSUR. Membro dell’Associazione mondiale di studi semiotici. Membro del Movimento Internazionale dei Documentaristi. Membro della Rete di intellettuali e artisti in difesa dell’umanità. Rettore fondatore dell’Università di Filosofia. Ha tenuto corsi post-laurea e conferenze in diverse università latinoamericane. Ha ricevuto vari riconoscimenti per il suo lavoro intellettuale, tra cui il Premio nazionale di giornalismo Simón Bolívar assegnato dal governo venezuelano. Attualmente è direttore del Centro universitario Sean MacBride per l’informazione e la comunicazione e dell’Istituto di cultura e comunicazione dell’Università nazionale di Lanús.

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