Quando essere un comunista coerente costa la vita

Dove le piante simboliche mettono radici, Jesús Menéndez è morto. La Rivoluzione venne ad onorare le sue battaglie. Lui è rimasto, eretto e vitale, come le canne da zucchero.

di Dilbert Reyes Rodríguez
Fonte: PCC
Traduzione e aggiunte: GFJ
22 gennaio 2021

La ferrovia che collega Cuba con Manzanillo finisce su una sponda di quella città, a pochi metri dal mare. La terra intorno alla stazione è salata, e il quartiere è abitato da persone ignare del rumore degli zuccherifici e dei campi di canna da zucchero. Ma ai piedi della piattaforma di Manzanillo, oltre all’aridità e al salnitro, vigoroso, ci sono piantagioni di canna.

Dove le piante simboliche mettono radici, Jesús Menéndez è morto. Venne, quel 22 gennaio 1948, da dove era sempre stato più a suo agio, tra i mulini e il sudore degli zuccherifici, da una di queste centrali dove era acclamato come leader.

Se ora questi braccianti avevano vacanze pagate, e le loro mogli avevano una maternità lavorativa, e una Cassa che pagava le loro pensioni, era grazie a lui. Amavano quel sindacalista nero, carismatico e loquace, che trasformava in verità cose impensabili, e parlava loro al loro livello, allo stesso tempo che alzava la sua voce come rispettato Costituente, come rappresentante alla Camera per una militanza comunista che non si sovrapponeva mai.

FOTO/Tomada de Trabajadores

Lo amavano così tanto che, quando lo assassinarono a tradimento, senza tempo né preavviso per porre un migliaio di petti di lavoratori davanti al proiettile, tutto un popolo venne in soccorso del cadavere che tentarono di sequestrare, e calzolai, pescatori, portuali lo pulirono e lo curarono, e organizzarono l’autopsia che provò il vile crimine. Lo scortarono al suo ritorno attraverso Cuba, che lo pianse, strinse i pugni e, da allora, cesellò il suo nome in tutte le lotte proletarie. La Rivoluzione venne ad onorare le sue battaglie. Lui è rimasto, eretto e vitale, come le canne da zucchero.

Pubblicato in Attualità

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