Gli uomini e le donne che marciarono ai loro posti in prima linea di difesa contro l’aggressione, dopo aver ascoltato il discorso pronunciato il 16 aprile del 1961 dal Comandante in Capo Fidel Castro nel’addio alle vittime dell’attacco aereo del giorno precedente, non si sorpresero per il concetto che lui aveva espresso: Rivoluzione Socialista.
Disse esattamente: «… quello che non possono perdonarci e che siamo qui sotto il loro naso, che abbiamo fatto una Rivoluzione Socialista sotto il naso degli Stati Unitti ! (…) E che questa Rivoluzione Socialista la difendiamo con questi fucili! e che questa Rivoluzione socialista la difendiamo con il valore con cui i nostri artiglieri antiaereo hanno abbattuto gli apparecchi aggressori!».
Uno stigma è stato lasciato alle spalle e stava emergendo una nuova realtà!
Socialismo era stato sino a poco tempo prima una brutta parola. Sinonimo di repressione infinita, soppressione della libertà, lavaggio di cervelli, annullamento dell’individuo, frustrazione dell’essere umano.
Comunismo era anche peggio: dalle storie diffuse nelle Selezioni del Readers Digest, ai fumetti dei Falconi neri. Contro i tenebrosi racconti dietro la Cortina di ferro, dalla consacrazione del movimento comunista internazionale come nemico numero uno del sistema interamericano, in accordo con la Dichiarazione di Caracas della OSA del 1954, passando per la circolazione in certi media intellettuali del libello “La grande truffa”, del peruviano Eudocio Ravines, dato che non c’è niente di meglio di un rinnegato per accreditare di mancanza di prestigio le vecchie affiliazioni.
Una narrativa schiacciante inculcava nella gente semplice che comunismo e socialismo equivalevano a che ti avrebbero tolto i figli, saresti morto di fame, e se eri povero lo diventavi ancora di più.
Quando un militante comunista brillava por meriti propri, si diceva: questo è intelligente, peccato che è comunista! O se si trattava di una persona onorata: che peccato! e dire che non sembra un comunista!
I cubani e le cubane d’allora, di quell’ora di definizioni, non avevano letto né Marx, né Engels, né Lenin, né avevano sentito parlare di Gramsci o Rosa Luxemburgh, ma non dovettero decifrare Mariátegui per comprendere, nella pratica, che socialismo significava creazione eroica; mentre il senso comune della lotta indicava allora e molto di più con il passare del tempo, che il socialismo e le idee martiane si presentavano come un’articolazione possibile e necessaria.
La prassi rivoluzionaria dettava il corso degli avvenimenti. Capivano con Fidel che: «l’imperialismo era irritato dalla dignità, l’onore, il valore, la fermezza ideologica, lo spirito di sacrificio, lo spirito rivoluzionario del popolo di Cuba».
A Girón i combattenti andarono a difendere i socialismo, come lo fecero dopo sradicando le bande controrivoluzionarie, nella Crisi d’Ottobre.
Loro e i loro successori hanno difeso il socialismo da distorsioni e dogmatismi, da riduzioni e opportunismi, da insulti e tradimenti.
In nome del socialismo condividono un’etica solidale dentro e fuori dall’arcipelago.
«Noi scegliamo il socialismo perchè è un sistema giusto, un sistema molto più umano …», disse Fidel nel 1991. I cubani e le cubane di questi tempi sono impegnati a far sì che queste parole del leader rivoluzionario sostengano ognuna delle nostre azioni (GM – Granma Int.)