Nei cinque Paesi comunisti esistenti, Cina, Cuba, Vietnam, Laos e Corea democratica, la dittatura del proletariato salvaguarda dalle forze controrivoluzionarie in modi ancora più efficaci di quanto hanno saputo fare i chavisti. Quando il proletariato ha fondamentalmente il controllo dell’apparato statale, lo Stato può dare priorità alla difesa dei confini del Paese da propaganda reazionaria, terrorismo ed altra sovversione imperialista.
All’inizio del mese, il popolo boliviano compiva importanti progressi verso la revoca del golpe imperialista che estromise il presidente socialista democraticamente eletto Evo Morales a novembre. Dopo mesi di lotta armata e proteste, costringevano il regime golpista a tenere una nuova elezione il 18 ottobre. Nonostante gli sforzi del regime per divenire dittatura borghese ritardando continuamente le elezioni e scatenando gli squadroni della morte, il movimento di resistenza indigeno e proletario lo sottomise. Ma poiché la Bolivia è ancora uno Stato borghese, non si è ancora sicuri che ciò comporti la fine del regime e il ripristino del governo socialista.
Chissà cosa faranno i fascisti nel governo boliviano e i loro sostenitori imperialisti statunitensi per cercare di mantenere il potere? Truccare le elezioni? Fomentare violenze razziste per intimidire gli oppositori fino alla resa? Ciò è quasi insopportabile da contemplare dopo tutte le difficoltà che i poveri e gli indigeni della Bolivia hanno subito questo ultimo anno, ma la forza della bestia imperialista li obbliga a prepararsi. Già, gruppi violenti pro-regime attaccano i difensori civici dei diritti umani della Bolivia mentre la polizia del regime guarda. Altro spargimento di sangue impedirà alla Bolivia di liberarsi finalmente dal controllo imperiale.
People demonstrate in support of Bolivian ex-President Evo Morales, holding a banner that reads 'It's not a resignation, It's a coup', in front of the Bolivian embassy in Mexico City, on November 11, 2019. - Mexico said Monday it has granted asylum to Bolivia's Evo Morales, after the leftist president's departure left the South American nation reeling amid a power vacuum. (Photo by CLAUDIO CRUZ / AFP)
Tale realtà, insieme al fatto che tanto sangue è già stato versato nella resistenza al golpe, dovrebbe impartire una lezione su come sconfiggere capitalismo ed imperialismo. Dovrebbe insegnare che quando i rivoluzionari proletari non rovesciano lo Stato capitalista e lo sostituiscono con una dittatura del proletariato (chiamata anche democrazia proletaria), i capitalisti manterranno il sopravvento anche dopo che i socialisti avranno ottenuto la massima carica del Paese. Il che renderà ancora più possibili eventi controrivoluzionari come il colpo di Stato in Bolivia.
Morales non era da biasimare per il fatto che nel 2005, quando entrò in carica, le condizioni materiali richiedevano al partito socialista della Bolivia di prendere il potere con le elezioni piuttosto che rovesciando lo Stato. Quest’ultima opzione evidentemente non era fattibile al momento, e adottando l’approccio elettorale, Morales poté innalzare il tenore di vita del popolo molto più velocemente che se avesse rifiutato il potere prima che potesse avvenire il rovesciamento. La sua unica colpa era presumere che avrebbe dovuto semplicemente creare una scuola militare antimperialista, piuttosto che costruire una milizia rivoluzionaria come ha fatto il governo chavista in Venezuela.
Ma a causa della natura auto-rigenerante dello Stato borghese, questo comprensibile errore di calcolo contribuì a permettere ai militari di rivoltarglisi contro sulla scia del terrorismo di destra dello scorso anno. Apparentemente insegnare ai militari ad opporsi all’imperialismo non bastava quando l’impero poteva facilmente piazzare i suoi delinquenti nel Paese. I fattori andarono a favore della reazione, perché la reazione non fu frenata dai vincoli che avrebbe fornito la dittatura del proletariato.
Nei cinque Paesi comunisti esistenti, Cina, Cuba, Vietnam, Laos e Corea democratica, la dittatura del proletariato salvaguarda dalle forze controrivoluzionarie in modi ancora più efficaci di quanto hanno saputo fare i chavisti. Quando il proletariato ha fondamentalmente il controllo dell’apparato statale, lo Stato può dare priorità alla difesa dei confini del Paese da propaganda reazionaria, terrorismo ed altra sovversione imperialista. Il “grande firewall” cinese consiste nell’impedire al popolo di essere bombardato da bugie anti-cinesi e bigottismo che l’impero statunitense scarica costantemente su Internet. La politica della Corea democratica di crearsi una sua Internet distinta è motivata dallo stesso desiderio di proteggere la cultura dai velenosi inganni degli imperialisti. La censura online di Cuba è anche motivata non da una tirannia dall’alto, ma dalla scelta democraticamente decisa di proteggere il popolo dalla guerra psicologica dell’impero. Se Vietnam e Laos subissero simili attacchi imperialisti, metterebbero in atto lo stesso tipo di informazioni e difese militari degli altri tre Stati marxisti-leninisti.
Misure di protezione così estese non sono possibili in Venezuela, dove gran parte dei media è ancora controllata dalla classe capitalista e dai suoi alleati a Washington. La classe capitalista venezuelana è anche riuscita a smorzare il potere governativo chavista mantenendo una burocrazia controrivoluzionaria, che contribuiva a rendere possibile il tentativo dello scorso anno di installare il fantoccio imperialista Juan Guaidó al posto del presidente democraticamente eletto Maduro. Lo stesso Chávez lamentò la natura controrivoluzionaria della struttura statale che il suo movimento cercava di sconfiggere. In questa situazione, in cui un governo antimperialista cerca di costruire il socialismo nonostante esista una struttura statale borghese, la capacità di Chávez e Maduro di mantenere i militari dalla loro parte è ciò che fu cruciale nel salvarli dai tentativi golpisti statunitensi in Venezuela.
In Bolivia, dove lo scorso anno gli imperialisti poterono provocare un’ondata post-elettorale di violenze razziste e rivolgere i militari contro il leader preso di mira, la controrivoluzione fu inarrestabile.
Il nostro compito come rivoluzionari proletari è di lavorare per le rivoluzioni marxiste-leniniste nei nostri rispettivi Paesi, imparando dai passi falsi che hanno fatto trionfare la controrivoluzione nei Paesi che erano marxisti-leninisti. L’Unione Sovietica e gli Stati socialisti dipendenti non caddero perché l’URSS era marxista-leninista, caddero perché la dirigenza dell’URSS post-Stalin abbandonò la dittatura del proletariato. Krusciov, nella sua campagna opportunistica per promuovere la denigrazione borghese di Stalin, smantellò la democrazia proletaria e aprì lo Stato alla leva politica della classe capitalista. Il risultato finale di tale revisionismo fu il traditore Gorbaciov, che dissolse l’Unione Sovietica.
Kim Jong Il concluse che il socialismo crollò in URSS e nella DDR perché “hanno trascurato l’istruzione di classe e abbandonato la lotta di classe. Dopo aver assunto il potere statale, Krusciov indebolì la funzione della dittatura dello Stato come arma della lotta di classe. Di conseguenza, il socialismo non poté essere difeso in Unione Sovietica”. Questo riassume l’essenza della linea da abbracciare se si vuole che un qualsiasi programma socialista abbia successo nell’era dell’imperialismo e della reazione capitalista. Questa è la linea che consiste nel rovesciare lo Stato capitalista e poi costruirne un nuovo volto a privare la borghesia del potere sul governo.
Anche se quest’anno i socialisti spodesteranno i fascisti in Bolivia, la strada del Paese per diventare Stato marxista-leninista come Cuba o Cina sarà piena di complicazioni e ostacoli. Così è il caso di ogni altro Paese governato da uno Stato borghese. Se si vive in uno di questi paesi e si è seriamente intenzionato a costruire il socialismo, tutto ciò da fare è cercare di istruirsi al meglio sulla teoria rivoluzionaria, costruire organizzazioni comuniste che possano diventare l’avanguardia rivoluzionaria e attrezzarsi per le possibili violenze nel confronto con la controrivoluzione.