Trump-Biden: cattive notizie per il mondo

Biden: “Gli Stati Uniti non hanno intenzione di togliere l’embargo a Cuba”

 

Fonte: La Jornada, Messico
Titolo originale: Trump-Biden: malas noticias para el mundo
Traduzione: https://amicuba.altervista.org/blog/

Immagine: l’asino rappresenta il Partito Democratico e l’elefante, il Partito Repubblicano

La sera di giovedì 22 ottobre si è svolto l’ultimo dibattito tra Donald Trump e Joe Biden in vista delle elezioni presidenziali americane martedì prossimo, 3 novembre. La Commissione per i Dibattiti Presidenziali ha stabilito che gli argomenti di discussione nell’evento che si è svolto solo 13 giorni prima delle elezioni fossero il coronavirus, le famiglie statunitensi, i rapporti razziali, il cambiamento climatico, la sicurezza nazionale e la leadership. Inoltre, come apparente misura per evitare che il presidente ripetesse la sua imbarazzante condotta del dibattito precedente, la commissione ha deciso di chiudere il microfono di ciascun candidato durante alcune fasi del dibattito.

Il dibattito si è svolto con lo stesso tono che ha segnato l’intera campagna elettorale: un Trump che mente apertamente senza battere ciglio, che fa affermazioni deliranti – come quella ormai trita di presentarsi come il presidente che ha fatto di più per la popolazione nera da Abramo Lincoln in poi – e che rifiuta di riconoscere qualunque errore nella sua amministrazione; e un Biden titubante, poco convincente e in seria difficoltà a rispondere alle accuse lanciate e a difendere la credibilità della sua agenda. Un esempio di questa dinamica è che il magnate ha ripetutamente squalificato il suo avversario argomentando che tutti i suoi progetti avrebbe dovuto realizzarli mentre era nel governo di Barack Obama,e che Biden impiegava più di un’ora per indicare il noto motivo per cui quasi tutte le intenzioni democratiche sono state impantanate tra il 2008 e il 2016: il sistematico blocco repubblicano nel Congresso.

Al di là dell’aneddotica, lo scambio tra il repubblicano che aspira alla rielezione e l’ex vicepresidente democratico che cerca di tornare alla Casa Bianca è stata una nuova dimostrazione dell’allarmante deterioramento della democrazia statunitense. Non solo per l’assenza di proposte o riflessioni, e per la forma di spettacolo mediatico che caratterizza questi atti sia a Washington che in altri luoghi, ma per quanto risultano vicine alcune posizioni che si presumono antagoniste. Si potrebbe qualificare come negazione della democrazia il fatto che in un sistema bipartitico, pieno di blocchi per impedire l’ingresso di nuove formazioni politiche, i cittadini si vedano costretti a scegliere tra due alternative difficili da distinguere.

Quanto sopra è assolutamente e purtroppo vero per quanto riguarda la politica estera e la concezione del ruolo degli Stati Uniti negli affari globali. Sebbene fosse risaputo da molto tempo, il consenso imperiale in atto tra la classe politica statunitense è diventato evidente nella demonizzazione demagogica che entrambi i candidati hanno effettuato contro le nazioni che Washington considera nemiche, in particolare Cina, Iran e Russia, Venezuela, Cuba. In questa gara per esibire credenziali imperialiste, Biden è arrivato a minacciare questi paesi di fargliela pagare per la loro (di Cina, Iran e Russia, n.d.r)  presunta interferenza nelle elezioni. L’effettiva vicinanza tra i contendenti è stata trasparente anche nell’area della migrazione, durante la cui discussione è stato evidenziato che l’unico interesse dell’uno e dell’altro era quello di attirarsi il voto dei latini, sebbene durante i rispettivi incarichi abbiano promosso politiche ostili a questa comunità.

In pratica, il dibattito di giovedì ha chiarito che né il Messico né il resto del mondo possono aspettarsi qualcosa di positivo dal governo scaturito dalle prossime elezioni nella superpotenza, di qualunque segno.

Pubblicato in Attualità, Cuba, Internazionale

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