Il 3 ottobre 1965 è una data memorabile nella storia della Rivoluzione cubana e delle lotte di liberazione latinoamericane: in quel giorno Fidel Castro annunciò la nascita del Partito Comunista Cubano dopo un lungo percorso evolutivo, rivelando il suo primo Comitato Centrale.
Il 3 ottobre 1965 è una data memorabile nella storia della Rivoluzione cubana e delle lotte di liberazione latinoamericane: in quel giorno Fidel Castro annunciò la nascita del Partito Comunista Cubano dopo un lungo percorso evolutivo, rivelando il suo primo Comitato Centrale. Nello stesso atto, il Comandante evocò una figura centrale della Rivoluzione la cui ripercussione nelle idee-esempio continua ad essere in vigore, con una carica emotiva: “Nel nostro Comitato Centrale manca qualcuno che possiede tutti i meriti e tutte le virtù necessarie al massimo grado per appartenervi e che, tuttavia, non si trova tra i membri del nostro Comitato Centrale”, riferendosi a Ernesto Che Guevara, partito per il Congo e poi per la Bolivia. Poco dopo diede lettura della “Lettera d’addio” che il Che ha lasciato per Fidel e per il popolo cubano.
L’Avana, Anno dell’agricoltura
Fidel,
mi ricordo in questa ora di molte cose, di quando ti conobbi in casa di Maria Antonia, di quando mi proponesti di venire, di tutta la tensione dei preparativi.
Un giorno passarono a chiedere chi si doveva avvisare in caso di morte e la possibilità reale del fatto ci colpì tutti. Poi scoprimmo che era vero, che in una rivoluzione si vince o si muore (se è vera). Molti compagni sono caduti lungo il cammino verso la vittoria.
Oggi tutto ha un tono meno drammatico perché siamo più maturi, ma il fatto si ripete. Sento di aver compiuto la parte del mio dovere che mi legava alla rivoluzione cubana nel suo territorio, e mi congedo da te, dai compagni, dal tuo popolo, che ormai è il mio. Rinuncio formalmente ai miei incarichi nella direzione del partito, al mio posto di ministro, al mio grado di comandante, alla mia condizione di cubano. Nulla di legale mi unisce a Cuba, solo vincoli di altra natura, che non si possono rompere con le nomine.
Facendo un bilancio della mia vita passata, credo di aver lavorato con sufficiente lealtà e dedizione per consolidare il trionfo della rivoluzione. Il mio unico errore di una certa gravità è stato di non aver avuto maggiore fiducia in te fin dai primi momenti della Sierra Maestra e di non aver compreso con sufficiente rapidità le tue qualità di dirigente e rivoluzionario. Ho vissuto giorni meravigliosi e al a tuo fianco ho provato l’orgoglio di appartenere al nostro popolo nei giorni luminosi e tristi della crisi dei Caraibi. Poche volte come in quei giorni uno statista ha brillato tanto; e sono orgoglioso anche di averti seguito senza esitazioni, identificandomi con la tua maniera di pensare, di vedere e di valutare i pericoli e i princìpi. Altre terre del mondo reclamano il contributo dei miei modesti sforzi. Io posso fare ciò che a te è negato per le tue responsabilità alla direzione di Cuba, ed è giunta l’ora di lasciarci.
Si sappia che lo faccio con un misto di allegria e di dolore; qui lascio la parte più pura delle mie speranze di costruttore e i più cari tra i miei cari… e lascio un popolo che mi ha accolto come un figlio: ciò lacera una parte del mio spirito. Sui nuovi campi di battaglia porterò la fede che mi hai inculcato, lo spirito rivoluzionario del mio popolo, la sensazione di compiere il più sacro dei doveri: lottare contro l’imperialismo ovunque esso sia; ciò riconforta e cura ampiamente qualsiasi lacerazione.
Ripeto ancora una volta che libero Cuba da qualsiasi responsabilità, tranne quella che emana dal tuo esempio. Che se l’ora definitiva mi raggiungerà sotto altri cieli, il mio ultimo pensiero sarà per questo popolo e specialmente per te. Che ti ringrazio per i tuoi insegnamenti ed esempio e che cercherò di essere fedele sino alle estreme conseguenze dei miei atti. Che mi sono sempre identificato con la politica estera della nostra rivoluzione e che continuo a farlo. Che ovunque andrò, sentirò la responsabilità di essere un rivoluzionario cubano e come tale agirò. Che non lascio a miei figli e a mia moglie niente di materiale, ma ciò non mi preoccupa e mi rallegro che sia così. Che non chiedo nulla per loro, perché lo Stato darà loro quel che è sufficiente per vivere ed istruirsi.
Avrei molte cose da dire a te e al nostro popolo, ma sento che non sono necessarie: le parole non possono esprimere ciò che vorrei e non vale la pena di imbrattare altra carta.
Fino alla vittoria sempre.
Patria o Morte!
Ti abbraccia con tutto il fervore rivoluzionario.
Che
La lettura di Fidel conserva nelle registrazioni ereditate dalle nuove generazioni un grande sentimento attraverso il tono e le pause utilizzate nei suoi discorsi pubblici. La voce spezzata è un campione umano del Comandante che finalmente è riuscito a parlare del suo amico senza tradire la missione concordata. Il Che era andato via per realizzare uno dei suoi grandi ideali: “lottare contro l’imperialismo ovunque esso sia”, come lo concepisce l’internazionalismo. Spogliato di tutto e dotato solo della sua convinzione marxista-rivoluzionaria per il socialismo, il “soldato d’America” andava se ne in giro organizzando la resistenza anticolonialista in Africa e la definitiva emancipazione dell’America Latina. In quella stessa occasione fu annunciato l’accordo unanime per la fusione dei giornali Revolución e Hoy, dando origine al Granma come simbolo della concezione ideologica del processo cubano.
La mitizzazione della figura del Che dopo il suo assassinio in Bolivia, ha cercato di trasformarlo in un'icona innocuo-ribelle, lontana dal marxismo e dai precetti socialisti, ma ancora una volta la storia ha dimostrato la forza del pensiero rivoluzionario, antimperialista e socialista che ha identificato Ernesto Che Guevara.
La lettera del Che, più che l’insieme di parole e sentimenti espressi, è fondamentalmente una dichiarazione di principi rivoluzionari e di fedeltà umana che ha segnato le sue azioni nella Rivoluzione cubana, così come la puntuale dimostrazione che il rapporto tra i due leader rivoluzionari andava oltre la mera coincidenza di idee convergenti in una profonda amicizia, qualcosa che l’imperialismo ha voluto manipolare propagando false leggende, ma che alla fine la grandezza della verità storica ha dimostrato che Fidel e il Che hanno avuto un profondo rispetto e ammirazione l’uno per l’altro fin dai primi giorni in cui si sono incontrati, convertiti in affetto nel tempo. La successiva mitizzazione della figura del Che dopo il suo assassinio in Bolivia, ha cercato di trasformarlo in un’icona innocuo-ribelle, lontana dal marxismo e dai precetti socialisti, ma ancora una volta la storia ha dimostrato la forza del pensiero rivoluzionario, antimperialista e socialista che ha identificato Ernesto Che Guevara.
"Qui lascio la più pura delle mie speranze come costruttore". Ernesto Che Guevara
Tra le idee che il Che ha lasciato nella sua lettera, spiccano la sua convinzione per un futuro migliore per l’umanità, la sua fiducia negli ideali del processo cubano, così come la sua concezione dell'”uomo nuovo” che aveva già sviluppato in un’altra lettera-articolo del 12 marzo 1965, pubblicato sulla rivista Marcha sotto il titolo “Il socialismo e l’uomo a Cuba“, perché quando nel suo messaggio d’addio si riferisce “qui lascio la più pura delle mie speranze come costruttore“, si riferisce all'”uomo nuovo”, perché per il Che il rivoluzionario è soprattutto un costruttore.
L’abbraccio con “fervore rivoluzionario” del Che risuonò quella notte in tutto il continente e ancora oggi rimbomba in chi lotta per un mondo migliore.