Giulietto Chiesa all'Anniversario della Liberazione 2013 a Roma."È indispensabile unire le forze che abbiamo, che non sono tanto piccole ma hanno un difetto fondamentale: quello di essere divise, incapaci di parlare con una voce unica. Occorre uno strumento che parli ai milioni di cittadini che vogliono sapere." Giulietto Chiesa

OBAMA E CUBA, ANCORA MAQUILLAGE

DI GIULIETTO CHIESA

“Da ora in avanti quando siamo in disaccordo, sulla democrazia e i diritti umani, lo diremo direttamente”. Obama dixit nel momento in cui annunciava il disgelo con Cuba. Avrà qualche problema, a dirlo “apertamente”, quando dovrà dedicare parte del suo tempo a definire la democrazia e i diritti umani in Arabia Saudita.

Ma non voglio essere severo contro il Presidente degli Stati Uniti – Nobel per la Pace – nel momento in cui fa l’unico gesto di pace (l’unico sostanziale) di tutti i suoi due mandati.
Diamo a Cesare quello che gli spetta, soprattutto quando è evidente che non è più Cesare. Obama finisce la sua presidenza da anatra zoppa. Con due anni d’anticipo. Non potrà risalire, nelle condizioni in cui si trova, minoritario nel Congresso e nel Senato, costretto a partecipare al “tea party” in cui il suo ruolo è quello della bustina del tè.

Quando fu eletto, al suo primo mandato, lo definii “la più efficace operazione di maquillage della storia americana”. Fui tra i pochi a non partecipare all’applauso generale. Ebbi ragione. Adesso fa un po’ pena vederlo alla ricerca del cerone necessario per ripresentarsi davanti al pubblico dei suoi primi, ex entusiasti elettori. Che lo hanno già abbandonato da tempo. Avesse chiuso Guantanamo quattro anni fa oggi si potrebbe credere di più alle sue intenzioni di pace.

Probabilmente vuole lasciare anche lui un qualche segno positivo sul libro della Storia e dunque sembra decidere di voler usare i suoi quasi assoluti poteri in politica estera per fare qualche cosa di utile nel suo tramonto.
Purtroppo il gesto positivo verso Cuba difficilmente andrà in porto, perché i repubblicani faranno di tutto per impedirglielo. E – come scriverebbe anche oggi Alessandro Manzoni – uno il coraggio non se lo può dare, se non ce l’ha.

Se ce lo avesse, il coraggio, del resto, dovrebbe mostrarlo là dove è più necessario: per fermare l’isteria russofoba da cui è preso il suo Paese. L’Ucraina è oggi il ferro rovente che bisognerebbe infilare nell’acqua gelida per spegnerlo. La fine dell’embargo contro Cuba, in questo frangente, rischia dunque di essere un’altra operazione di maquillage per coprire il disastro di Kiev.
Noi dobbiamo applaudire la fine di un’ingiustizia. E applaudiamo. Ma abbiamo l’impressione di avere le mani impiastricciate di borotalco, mentre tendiamo l’orecchio sentendo i cannoni che sparano nel Donbass.