La stampa cubana e un altro anniversario del trionfo della Rivoluzione

illustrazione di Michel Moro

La stampa cubana arriverà al 1° gennaio 2024 con importanti conquiste.

di Luis Toledo Sande, scrittore, giornalista, professore, ricercatore e saggista cubano
Traduzione e aggiunte: G. Federico Jauch
30 dicembre 2023


La stampa cubana arriverà al 1° gennaio 2024 con importanti conquiste. L’11° Congresso dell’UPEC si è svolto all’inizio di novembre dell’anno ancora in corso, in un momento in cui i fatti che dovrebbero essere rilevanti per il settore, e per la nazione, erano già una realtà: era stato creato l’Istituto ed era stata approvata la Legge che servirà all’attività che dà loro il nome – la Comunicazione Sociale – ed era iniziato un “esperimento” volto a generalizzare per rafforzare lo sviluppo degli organi di stampa e a beneficiare i loro lavoratori.

Stiamo parlando di forze i cui frutti migliori dipenderanno non solo dall’esistenza di una chiara politica di informazione, ma anche dalla sua lucida e risoluta attuazione. Non è sufficiente chiedere e pretendere che la stampa faccia il suo lavoro se non le viene permesso o facilitato di farlo. E se questo è sempre stato importante per difendere la Rivoluzione e la patria, lo è ancora di più di fronte alle crescenti sfide che ci attendono.


La luce e la precisione, sempre necessarie nel compito di comunicare e difendere le idee, lo sono ancora di più di fronte agli eccessi raggiunti dall’assedio contro Cuba da parte degli Stati Uniti, decisi a soffocarla da più di sei decenni. Questa potenza, con l’aiuto dei suoi complici, sta cercando di capitalizzare i passi compiuti da Cuba per superare questo assedio e le proprie inadeguatezze, alle quali l’azione del potente nemico ha dato, e continua a dare, terreno fertile e fertilizzante.

Tutto avviene nel mezzo di una rete che, da un lato, incoraggia la diffusione di calunnie contro il Paese bloccato e, dall’altro, rende difficile affrontare le calunnie. In un contesto simile, la gestione efficace dell’informazione a cui Cuba può aspirare è l’uso intelligente di queste reti e il miglioramento dei suoi media, che non potranno sottrarsi al braccio di ferro con le campagne nemiche. Ciò non significa rimanere sulla difensiva: questo non solo darebbe loro l’iniziativa, ma la amplificherebbe.


Spetta a Cuba avere e sviluppare le proprie tattiche. Un’informazione tempestiva, agile e chiara non elimina necessariamente le voci malevole, alimentate da reti spudorate e potenti che si rinnovano senza escludere la vecchia Radio Bemba; ma ne sminuisce la ragione e il fondamento. Anche se la controrivoluzione, sempre più strettamente connessa a livello mondiale con le tracce o la presenza del fascismo, ha scuole ideologiche che possono essere rappresentate da quelle di Goebbels: mentire, mentire, mentire, che qualcosa rimane.


Se è vero che la stampa cubana non può cedere a tentazioni pessimistiche, è anche vero che deve liberarsi dal trionfalismo che dà per scontato ciò che spesso consiste in obiettivi, non in conquiste. Lasciamo le illusioni al protagonista di Candide o dell’Ottimismo (1759), un romanzo di Voltaire che prende in giro l’ottimismo panglossiano: quello che dà per scontato ciò che si vuole che sia, come se si vivesse nel migliore dei mondi possibili, che è ben lontano dalla realtà.


La stampa cubana deve essere la custode delle idee rivoluzionarie, non uno scudo irrazionale o cieco di misure concrete sulle cui possibili inesattezze deve fare luce, una missione che sarebbe illusorio aspettarsi facile e non costosa in termini di discussioni e rischi. Quando José Martí parlava di quanto il giornalista sia un soldato, non si riferiva alla disciplina marziale, che pure sapeva essere necessaria, ma alla capacità vitale o al coraggio di affrontare i pericoli.

Come parte inseparabile del popolo, la stampa ha un importante ruolo educativo, senza dimenticare che deve educare se stessa al rigore della conoscenza dei fatti, senza credersi padrona assoluta della verità. Né saranno sempre padroni della verità coloro che fanno parte del popolo e che hanno il compito di guidarlo e di cercare le soluzioni migliori per il suo benessere. E con loro come con il popolo, la stampa può trovarsi nella necessità di dialogare e discutere, di fare luce e di riceverla, di insegnare e di imparare.

Conoscere è risolvere“, “Pensare è servire” e “Governare non è altro che prevedere” sono linee guida per pensare e agire. Sono state incarnate – in testi del 1891: il saggio “La nostra America“, i primi due, e la cronaca “La Conferenza Monetaria delle Repubbliche d’America“, l’ultimo – da José Martí, non una figura del passato, ma l’ispiratore di una Rivoluzione il cui leader, Fidel Castro, ne ha riconosciuto l’autore intellettuale.

Per Fidel Castro, scoprire José Martí significò trovare la strada giusta per un destino indiscutibile. Non è un caso che, nel difendere la causa del Moncada, abbia indicato nel Maestro la mente dell'assalto a quella fortezza.

Qualsiasi cosa faccia o intenda fare la Cuba rivoluzionaria deve essere valutata sulla base di questa eredità, in modo che entrambe le guide continuino a vivere, cosa che non è una questione di slogan. Questo fine, vitale per la nazione, richiede la chiarezza su tutto ciò che è necessario per difendere veramente gli ideali di giustizia sociale, che includono, tra le altre sfide, una lotta tenace e implacabile contro mali come la disuguaglianza, la burocrazia e la corruzione in tutte le sue forme.

Per ribaltare tutto ciò che ostacola questo proposito, è necessaria la massima chiarezza, anche di fronte a fatti ineluttabili, o forse ancor più quando sono ineluttabili. All’autore di questo articolo è stato raccontato da un collega di una riunione in cui si discuteva di lemma per salutare l’imminente anniversario del trionfo della Rivoluzione, ed è toccato a uno di loro sostenere che le misure adottate a Cuba in questo momento “non lasciano indietro nessuno“.

Anche se i pensionati colpiti da questa realtà non sono numerosi, si tratta di connazionali che hanno lavorato per decenni per stipendi che potremmo definire simbolici.

Questa degna aspirazione è stata la regola di base di ogni piano che il Paese ha elaborato per il suo sviluppo economico, politico e sociale in vista della costruzione socialista. Ma non è una realtà piena quando i riadattamenti fatti nella speranza che servano a mantenere queste aspirazioni hanno portato a disuguaglianze evidenti. Per quanto riguarda l’abbandono di una parte della popolazione, basta pensare a come vivono i pensionati, o un gran numero di essi.

È necessario evitare che la Rivoluzione venga soffocata da “misure concrete” che possono essere o sono ritenute inevitabili per far fronte a circostanze che prevalgono a livello globale e non sono affatto favorevoli alla giustizia che è stata identificata come socialismo

Anche in questo caso, le generalizzazioni non sono accurate. Ma anche se i pensionati colpiti da questa realtà non sono numerosi, si tratta di connazionali che hanno lavorato per decenni per stipendi che potremmo definire simbolici. E, dopo la loro lunga dedizione al Paese, devono cercare di accontentarsi di pensioni che, calcolate sulla base di quegli stipendi, sono più che insufficienti per far fronte ai prezzi di una cruda e dura inflazione, in mezzo a “soluzioni” che sempre più spesso provengono dal settore privato.

Questo sarà uno degli elementi su cui la leadership del Paese dovrà continuare a riflettere e ad agire il più rapidamente possibile e in uno spirito di fidelidad a tutta la giustizia. Se un elementare calcolo aritmetico consiglierebbe di non aumentare le pensioni di coloro che si trovano in una situazione di grave svantaggio – non è il caso di tutti i settori, ma forse della maggior parte di essi – si dovranno trovare soluzioni per proteggere, non come opera di carità, ma come responsabilità dello Stato, coloro che attualmente soffrono di un’insolvenza eccessiva e brutalmente ingiusta.

L’argomento è molto più ampio e un articolo ha i suoi limiti. Ma in generale va aggiunto che non ci saranno istituzioni o leggi di comunicazione sociale, né congressi di settore, né esperimenti che diano i migliori frutti, se non servono a fini che, se non sono chiari, non possono essere adeguatamente difesi. L’intenzionalità ideologica non è qualcosa che può essere trascurata o considerata un retaggio antiquato.

Per allarmarsi basta vedere la diffusione – non su reti private e da parte di persone ideologicamente confuse o sostenitrici del neoliberismo, ma nei media nazionali cubani – di opere audiovisive prodotte da imprese imperialiste per far apparire il capitalismo come un salvatore e una salvatrice. Oppure leggere e ascoltare, sempre nei media nazionali, titoli come quello che “riportava”, nei seguenti termini, l’insediamento del nuovo presidente argentino: “Tagli fiscali ed eliminazione dei privilegi, tra le prime misure di Miléi alla presidenza dell’Argentina“. Come se fosse un leader comunista.

La difesa della Rivoluzione deve occupare il posto più alto tra questi ideali, affinché la celebrazione del suo 65° anniversario serva pienamente a mantenerla viva e sul suo vero cammino.

Quella che si definisce “de-ideologizzazione” non è tale, ma uno stratagemma del pensiero più conservatore o reazionario: sostituire tutta l’ideologia rivoluzionaria a tale pensiero, e spacciarla come se fosse qualcosa di naturale, non ideologia. La difesa degli ideali rivoluzionari non richiede solo volontà: richiede anche intelligenza, conoscenza, lucidità politica, cultura, coraggio, e di mettere a bada ogni sorta di manipolazione.
La difesa della Rivoluzione deve occupare il posto più alto tra questi ideali, affinché la celebrazione del suo 65° anniversario serva pienamente a mantenerla viva e sul suo vero cammino.

“¡Saldremos adelante!” 

È necessario evitare che venga soffocata da misure concrete che possono essere o sono ritenute inevitabili per far fronte a circostanze che prevalgono a livello globale e non sono affatto favorevoli alla giustizia che è stata identificata come socialismo. Non sembra ragionevole aspettarsi che queste circostanze e le loro insidie scompaiano o cambino da un giorno all’altro per spontaneità o per generosi disegni divini. Mettere tutto quello che possiamo senza chiedere nulla a Dio.

 

Pubblicato in Attualità, Blocco, Cuba, Cultura

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