1° Agosto: la Svizzera festeggia, ma rinuncia alla neutralità e si avvicina alla NATO (+VIDEO)

Dal 1996, la Svizzera è un paese partner della NATO, nell’ambito del “Partenariato per la pace

 


Dal 1891 il Primo Agosto è festa nazionale in Svizzera

Fonti e autori dei testi: v. sotto
A cura di GFJ
1° agosto 2023

La Svizzera può ancora permettersi la sua definizione di neutralità in questi tempi?

Neutralità significa non schierarsi geopoliticamente né a Occidente né a Oriente ma mirare alla collaborazione tra stati nazionali pienamente sovrani, contribuendo alla inaugurazione di una riorganizzazione mondiale, in grado di declinare il multilateralismo emergente nel segno della costruzione delle condizioni di una nuova era di solidarietà e pace tra i popoli. 
KEYSTONE/AP Photo/Bebeto Matthews

Che la neutralità svizzera non vada idealizzata è ovvio, perlomeno per chiunque adotti il metodo marxista di analisi della realtà: durante tutta la guerra fredda Berna ha strizzato ben più di un occhio al campo atlantico e ancora in tempi più recenti la Confederazione non ha brillato per coerenza, ad esempio quando nel 2018 si intromise negli affari interni della Repubblica Bolivariana del Venezuela invitandone i cittadini nientemeno che a boicottarne le elezioni non recandosi alle urne così da non legittimare il presidente Nicolas Maduro. Di esempi di incongruenza o di una neutralità “à la carte” ne potremmo stilare un lungo elenco. Anche l’acquisto dei nuovi aerei militari F-35A è problematico, non certo per idealismo pacifista e nemmeno perché non potranno nemmeno alzarsi in volo per “difenderci” senza previa autorizzazione dei loro reali “padroni” che restano gli USA, ma soprattutto perché fin dalla pubblicazione del messaggio governativo che apriva il dibattito che portò poi al loro acquisto Berna escludeva di potersi dotare di eventuali aerei cinesi o russi.

Tuttavia occorre prestare molta attenzione a sottovalutare, con approccio intellettualistico, la carica politica e l’importanza strategica della neutralità, come invece fa una parte della sinistra svizzera ormai piegata a una lettura “liberal” delle relazioni internazionali e anche un “babbea” (per dirla con Rafale Correa) in quanto a strategia e a competenze militari. L’importanza di tutelare la neutralità svizzera è fondamentale infatti per almeno due motivi: anzitutto per difendere – come dicevano i volontari antifascisti ticinesi che nel 1936 partirono per la Spagna a combattere il franchismo – l’indipendenza politica del Paese, cioè la sua sovranità nazionale. Ma in secondo luogo anche per garantire proprio alla sinistra di classe e anti-imperialista quei margini di agibilità politica necessari per unirsi al sentimento patriottico delle masse popolari elvetiche – e sì anche quelle conservatrici e anti-comuniste che finora non ci sono mai state alleate, e per frenare le ben più gravi e pesanti tendenze ultra-atlantiste (e quindi belliciste) di quella parte di establishment elvetico che, sia esso aderente al PLR (Partito Liberale Radicale, ndr) o al PSS (Partito Socialista Svizzero, ndr), potremmo tranquillamente definire – usando categorie di un tempo ma in realtà validissime – una sorta di “borghesia compradora” che vorrebbe inglobare la Confederazione, in tutto e per tutto, nella NATO e nell’UE. Impedire questo disegno è oggi la priorità assoluta: il Partito Comunista ha più volte insistito proprio su questa urgenza, facendo appello alla sinistra a cogliere il momento. E invece la sinistra rosso-verde ha risposto con più sanzioni (ovviamente solo contro la Russia, non contro Israele) e addirittura con la richiesta clamorosa di inviare armi a paesi in guerra.

La neutralità è l’unica arma che disponiamo per provare a riequilibrare la politica estera della Confederazione a favore del multipolarismo, per provare a evitare che si rifaccia l’errore di adottare sanzioni unilaterali come tragicamente avvenuto lo scorso anno (oggi contro la Russia, domani contro la Cina e da sempre contro Cuba), e nel contempo è l’unica risorse che all’estero anche i paesi emergenti ormai ci riconoscono e che dobbiamo organizzarci per interpretare nel modo più progressivo, anti-imperialista e dunque pacifico possibile. E lo dobbiamo fare in primis noi che ci consideriamo amici della Patria Grande latinoamericana che potrà resistere solo se inserita nella nuova conformazione multipolare del mondo e che noi potremo aiutare se il nostro Paese (la Svizzera, ndr) resterà un ponte fra l’Occidente in declino e l’Eurasia in ascesa [di Massimiliano Ay]

La Svizzera non è più “classicamente neutrale” da molto tempo

Il 2 marzo 2017, l'esercito svizzero e l'allora ministro svizzero della difesa Guy Parmelin hanno ricevuto con tutti gli onori militari il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg in visita ufficiale a Berna. Lukas Lehmann / Keystone

Da qualche tempo, la Svizzera – come la maggior parte degli Stati neutrali – si sta allontanando dal concetto tradizionale di neutralità per avvicinarsi alla comunità degli Stati: da quando è entrata a far parte dell’ONU nel 2002, ha “dovuto” aderire alle sue sanzioni.

Di fronte all‘operazione speciale russa in Ucraina, considerata «senza precedenti», e sotto la pressione congiunta di Unione europea e Stati Uniti, la Svizzera ha rotto gli indugi e abbandonato la sua tradizionale neutralità, cosa che non aveva fatto nemmeno allo scoppio della Seconda guerra mondiale provocata dai nazisti.

La Svizzera parte dal presupposto che il diritto di neutralità non si applichi alle missioni militari dell’ONU perché, dopo tutto, il Consiglio di Sicurezza “vuole ripristinare la pace nel mondo“. Tuttavia, l’esperto austriaco di diritto internazionale Peter Hilpold dell’Università di Innsbruck afferma: “La neutralità in senso classico è difficilmente compatibile con l’appartenenza all’ONU, per non parlare dell’UE“.

Secondo l’esperta di diritto internazionale Elisabeth Hoffberger-Pippan dell’Istituto tedesco per gli affari internazionali e di sicurezza di Berlino, a volte non si è consapevoli del fatto che l’adesione all’UE o all’ONU può andare di pari passo con una certa diluizione della neutralità.

È chiaro che nemmeno la Svizzera è stata neutrale“, afferma Stefanie Walter, docente di relazioni internazionali ed economia politica all’Università di Zurigo. “Durante la Guerra fredda, ad esempio, la Svizzera era implicitamente dalla parte dell’Occidente.” [da Fonte]

La Svizzera deve tornare alla «politica della neutralità»

 Lavrov vuole un "ritorno della Svizzera alla neutralità".  La foto (Keystone) di Cassis e Lavrov che si stringono la mano ha suscitato polemiche sui social network in Svizzera.

Il ministro degli esteri russo Serghiei Lavrov, in occasione dell’incontro avvenuto il 21.9.2022 col presidente della Confederazione Ignazio Cassis a New York, ha chiesto alla Svizzera di tornare alla «politica della neutralità».

Lo ha scritto il Ministero degli esteri russo su Twitter. La neutralità ha portato la Svizzera al riconoscimento internazionale in anni passati, si legge oggi sul canale ufficiale.

Se da una parte è importante continuare i colloqui con la Russia – ha ad esempio detto il consigliere nazionale Fabio Molina (PS/ZH) a Blick TV – la forza delle immagini in una guerra di propaganda è estremamente importante. Proprio per questo una foto piena di sorrisi è particolarmente infelice, ha aggiunto il socialista. Diversa la posizione del presidente PLR Thierry Burkart. A suo dire se si offrono Buoni uffici, allora bisogna parlare con Lavrov e una stretta di mano fa parte del gioco. L’ex consigliere federale Pascal Couchepin difende invece totalmente Cassis e bolla le critiche come ridicole [da Fonte].

Fuga di clienti asiatici dalla Svizzera per timori di future sanzioni. Il paese elvetico inizia a pagare l’addio alla neutralità


Il conto della guerra arriva anche in Svizzera che, per la prima volta, ha abbandonato la sua rigorosa storica neutralità (su cui si potrebbe comunque questionare visto che nel 1941 erogò un prestito da 850 milioni di franchi alla Germania nazista). Sebbene il paese elvetico abbia ribadito come sia legalmente impossibile confiscare i beni dei russi sanzionati detenuti nel paese, ha sposato la linea delle sanzioni occidentali. Il problema non riguarda solo e tanto i grandi patrimoni russi, che pure non sono cosa da poco. In gioco ci sono soprattutto le ricchezze cinesi. Pechino guarda la Russia e vede quello che potrebbe succederle qualora dovesse forzare la mano su Taiwan. E i ricchi cinesi fanno due più due. Un domani anche i loro patrimoni depositati in occidente potrebbero non essere del tutto al sicuro e subire le restrizioni che interessano oggi le ricchezze russe.

La Svizzera rimane il primo forziere delle grandi ricchezze globali custodendone circa un quarto del totale. Per effetto delle sanzioni circa 7,5 miliardi di franchi di depositi riconducibili a clienti russi, su un totale di 46 miliardi, sono attualmente congelati. Siamo rimasti non solo sorpresi, ma scioccati dal fatto che la Svizzera abbia abbandonato il suo status neutrale”, ha detto al Financial Times il direttore delle operazioni con l’Asia di una banca elvetica aggiungendo di avere evidenza di come centinaia di clienti asiatici che stavano valutando l’apertura di un conto in Svizzera abbiano fatto marcia indietro. Dai responsabili delle 10 principali banche del paese arrivano testimonianze simili non senza una buona dose di preoccupazione. “La questione delle sanzioni è stata sollevata dai clienti”, ha confermato uno dei banchieri interpellati dal quotidiano finanziario londinese [da Fonte].

Banche svizzere contro Cuba: Obbedienza anticipata agli USA


Diverse istituzioni finanziarie svizzere si astengono dal fare affari con Cuba. Da anni grandi banche come UBS, Crédit Suisse, Cler…  si attengono più agli ordini statunitensi che alla legislazione nazionale sostenendo di fatto pienamente il blocco. Recentemente, la pressione ricattatoria dell’impero statunitense ha coinvolto anche istituzioni finanziarie che si credeva fossero sotto controllo da parte dello Stato: le banche cantonali rifiutano persino gli ordini di pagamento interni alla Svizzera non appena la parola “Cuba” compare nel loro sistema; la giustificazione: “L’elaborazione dei pagamenti con riferimento a Cuba non è più possibile principalmente a causa del regime di sanzioni da parte degli Stati Uniti. Si è pertanto deciso di non eseguire più pagamenti con riferimento a Cuba”.

Queste pratiche delle banche svizzere non hanno alcuna base legale. Si tratta solo di obbedienza anticipata e di genuflessione di fronte alle minacce statunitensi. In questo modo il “bloqueo” viene applicato extraterritorialmente anche in Svizzera.

E come si può conciliare tutto questo con il segreto bancario ancora in vigore in Svizzera? Chi può conoscere i trasferimenti bancari effettuati in Svizzera? Come potrebbero fare le agenzie americane incaricate di sorvegliare l’embargo a scoprire che qualcuno ha fatto un versamento a favore di un’organizzazione che lavora per Cuba? Di cosa hanno paura esattamente le banche? Domande retoriche. [da Fonte]

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