30 anni fa Il crollo sovietico: del tutto inutile e assolutamente disastroso. Fidel l’aveva predetto (+ VIDEO)

Fidel Castro, “la distruzione del socialismo in URSS… ha inflitto danni terribili a tutti i popoli del mondo e creato una cupa situazione per il Terzo mondo in particolare”

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Traduzione e aggiunte: GFJ

Trent’anni fa, il 24 agosto 1991, il presidente Mikhail Gorbaciov scioglieva il Comitato centrale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica (PCUS) e si dimetteva da segretario generale. Questo fu il primo serio passo amministrativo verso la dissoluzione dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche.

Il giorno dopo, la bandiera sovietica sul Cremlino fu sostituita con la bandiera russa. Da quel momento, dello Stato sovietico non rimase nulla di significativo.

Boris Eltsin si mosse rapidamente per bandire il PCUS e trasferirne le proprietà al parlamento russo, di cui era presidente.

Prima della fine dell’anno, l’Unione Sovietica, il primo Stato socialista del mondo e per sette decenni la forza trainante del mondo socialista, fu cancellata.

Dal punto di vista di questi ideologi capitalisti, lo smantellamento del socialismo sovietico era necessario e desiderabile.

Tuttavia, dal punto di vista dei lavoratori sovietici, e dei lavoratori di tutto il mondo, lo smantellamento del socialismo sovietico si rivelò del tutto inutile e assolutamente disastroso.

Fidel Castro si distaccò notevolmente dalle politiche di Gorbachev, accusando ripetutamente i sovietici di aver abbandonato gli ideali della rivoluzione, di aver in qualche modo gettato la spugna. Negli anni di Gorbachev, Fidel Castro introdusse a Cuba la strategia della rectificación, volta a salvare la rivoluzione socialista.

Contro la volontà popolare

Nel periodo sovietico, i popoli dei territori dell’Unione Sovietica sperimentato un miglioramento senza precedenti degli standard di vita. I rapporti di proprietà feudale furono spazzati via e l’Unione Sovietica emerse come la seconda economia più grande del mondo. Il fascismo europeo fu sconfitto soprattutto da sforzi, sacrifici, eroismo e genialità creativa del popolo sovietico.
Il primo Stato sociale del mondo fu costruito, e in effetti fu l’innesco per la costruzione degli stati sociali in Gran Bretagna e altrove. Nessuno che fosse disposto e in grado di lavorare rimase senza lavoro. L’istruzione e l’assistenza sanitaria erano complete e gratuite. Gli alloggi spesso angusti, ma universali e poco costosi.

L’URSS guidò il mondo nello smantellamento dei sistemi di oppressione basati su razza, etnia e genere. Coll’aiuto del popolo sovietico, i movimenti di liberazione di tutto il mondo seppero liberarsi dalle catene del colonialismo e dell’imperialismo. È indiscutibilmente vero, tuttavia, che alla fine degli anni ’80 l’Unione Sovietica attraversasse serie difficoltà, tra cui rallentamento economico, malcontento nazionalista, il deterioramento ideologico, guerra lunga e onerosa in Afghanistan e una serie minacciosa di tecniche di guerra ibride inflitte dagli Stati Uniti. Eppure tutto questo non aveva innescato un movimento di massa per rovesciare il socialismo. Il movimento dissidente era del tutto marginale. L’apatia politica guadagnava terreno, è vero, ma le rivoluzioni (o controrivoluzioni) sociali non nascono dall’apatia. Nel frattempo c’era ancora persistente comprensione delle straordinarie conquiste fatte sotto la bandiera del socialismo.

Vadim Medvedev, Segretario per l'ideologia del Comitato centrale del PCUS ai tempi della perestroika, affermò che la lotta di classe non era più la base della politica estera sovietica, e il Ministro degli esteri Eduard Shevardnadze disse che l’URSS non era più interessata a condurre guerre per l’ideologia nel Terzo Mondo: una ritirata vera e propria, mai tollerata da Fidel  Castro.
Dal referendum del 1991 si può ricavare il sentimento popolare dell’epoca. Di fronte a una sfida nazionalista-separatista in tutta la federazione, il governo sovietico decise alla fine del 1990 di indire un referendum sulla conservazione dell’URSS (in effetti questo fu l’unico referendum nella storia sovietica). Il 17 marzo 1991, il popolo sovietico dell’Unione si recò alle urne per dare una risposta affermativa o negativa alla domanda: “Ritiene necessario preservare l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche come rinnovata federazione di repubbliche eguali e sovrane, che garantirà pienamente diritti e libertà di tutte le nazionalità?” Il voto fu boicottato dagli organi di governo di Lituania, Lettonia, Estonia, Armenia, Moldavia e Georgia, ma nel resto del Paese l’affluenza fu dell’80 per cento, con 147 milioni di voti totali. Il risultato fu una schiacciante maggioranza a favore del mantenimento dell’URSS: 78 per cento. Così, solo pochi mesi prima che la dirigenza sovietica staccasse la spina del progetto, le masse sovietiche espressero chiaramente la volontà di mantenere l’URSS. Ciò evidenzia il carattere profondamente antidemocratico della dissoluzione.

Un colpo di Stato, non una rivolta

Lo strano golpe del ’91 e il vero golpe: Il 20 luglio, Eltsin emise un decreto che vietava alla branca russa del Partito comunista di operare negli uffici governativi e nei luoghi di lavoro della Repubblica russa

Operai e contadini non fornirono la base di classe dello smantellamento del socialismo sovietico. Il principale collegio elettorale che istigava al capitalismo era in effetti un’élite del partito-stato: funzionari di medio livello e dirigenti d’impresa che approfittarono delle vaste connessioni e nuove libertà economiche sotto la ‘perestroika’ per impossessarsi dei beni. La dissoluzione dell’Unione Sovietica offrì a costoro, insieme ai grandi attori dell’economia sommersa, la promessa di un ambiente commerciale completamente deregolamentato in cui potevano trasformare la loro relativa ricchezza in ricchezza inimmaginabile, anche a scapito del 99 per cento della popolazione.

Proprio mentre questa élite quasi capitalista stava emergendo, Gorbaciov lavorò per creare un contesto politico in cui essa potesse prosperare. I marxisti furono etichettati come “conservatori” e “intransigenti” e allontanati da tutti i livelli di governo.

I media nazionali crearono un’atmosfera politica in cui ogni critica alla perestrojka fu rapidamente rimproverata come “stalinista”. Nel 1989, il Soviet Supremo fu sostituito come massimo organo statale dal Congresso dei Deputati del Popolo, riducendo significativamente il ruolo formale del PCUS nel governo e rimuovendo a rappresentanza della classe operaia.

Gorbaciov si mobilitò per garantire una maggioranza “riformista” che imponesse riforme sempre più radicali: chiudere le agenzie di pianificazione centrale, liberalizzare i prezzi, stabilire scambi basati sul mercato tra le repubbliche e costringere le imprese statali a sopravvivere o morire nel mercato aperto. La liberalizzazione dei prezzi inevitabilmente portò a speculazione ed inflazione, che esacerbarono le carenze di prodotti di consumo quotidiano, in particolare di alimenti.

A metà 1991, col PCUS allo sbando e l’economia in crisi, la fiducia dell’opposizione antisocialista cresceva di giorno in giorno. Il 20 luglio, Eltsin emise un decreto che vietava alla branca russa del Partito comunista di operare negli uffici governativi e nei luoghi di lavoro della Repubblica russa. Vedendo il Paese precipitare verso l’oblio, e riconoscendo che Gorbaciov non aveva né volontà né capacità di salvarlo, un gruppo di funzionari sovietici di alto livello si organizzò per prendere il controllo del Paese e stabilire lo stato di emergenza, al fine di sospendere le riforme, impedendo lo scioglimento dell’URSS e avviando un dibattito nazionale sul futuro della federazione. Questi funzionari si organizzarono come Comitato di Stato per lo stato di emergenza (SCSE).

Tuttavia, la dirigenza dell’SCSE ebbe paura, abbandonando il piano di prendere d’assalto il parlamento russo e non mostrando alcuna volontà di usare la forza a sostegno dei propri obiettivi. Tutto sommato, fu un’operazione inetta e timida. Come osservò in seguito Gennadij Zjuganov, leader dell’attuale Partito Comunista della Federazione Russa: “Se avessero agito in modo deciso, il nostro Paese unificato sarebbe stato preservato”.

Eltsin approfittò della situazione per prendere il potere in Russia e bandire il PCUS. Come scrivono Roger Keeran e Thomas Kenny nel libro “Socialism Betrayed”, “questo fu il vero colpo di Stato”.

Una sconfitta storica

Francobollo propagandistico della riforma dell’economia attuata da Gorbaciov.

Senza alcun precedente legale o quadro costituzionale, Eltsin ha semplicemente trasferito gli organi e le proprietà dello stato sovietico alla Russia, e il 31 dicembre l’Unione Sovietica ha formalmente cessato di esistere.

Gorbaciov si dimise il 25 dicembre 1991. Senza alcun precedente legale o quadro costituzionale, Eltsin trasferì semplicemente gli organi e le proprietà statali dello Stato sovietico alla Russia e il 31 dicembre l’Unione Sovietica cessò formalmente di esistere.

Nei successivi quattro anni, l’aspettativa di vita in Russia scese da 65 a 57 anni, fatto senza precedenti in tempi di pace. L’imponente infrastruttura sanitaria crollò e le popolazioni dell’ex-Unione Sovietica furono soggette a epidemie alimentate dalla povertà, che non si vedevano da decenni.

Ci vollero 15 anni perché il PIL russo tornasse ai livelli del 1990, periodo in cui il PIL cinese era più che triplicato. La tragedia fece il giro del mondo.

Come osservò Fidel Castro, “la distruzione del socialismo in URSS… ha inflitto danni terribili a tutti i popoli del mondo e creato una cupa situazione per il Terzo mondo in particolare”.

 

VIDEO: FIDEL CASTRO – Discorso sulla disintegrazione dell’Unione Sovietica

Il crollo dell’Unione Sovietica e del socialismo europeo sarebbe ragionevolmente descrivibile come la peggiore sconfitta subita dalla classe operaia nella storia. Diede un’ancora di salvezza all’imperialismo e ritardò la causa della liberazione umana di diversi decenni. Trent’anni dopo, tuttavia, è più chiaro che mai che il capitalismo non risolve i problemi dell’umanità. Nel frattempo, il mondo socialista continua a fare progressi impressionanti, l’esempio più immediato è la performance di gran lunga superiore di fronte alla pandemia di coronavirus. I paesi, i partiti e i movimenti socialisti del mondo continuano a ispirarsi all’eroico popolo sovietico, che costruì la prima società socialista, guidò la sconfitta del fascismo e pose le basi per un futuro di pace, solidarietà e prosperità.


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