Cuba: Dove stiamo andando? (Parte 3 di 3)

  1. Una strada dell’Avana

«Questo Paese può distruggersi; q[uesta rivoluzione può distruggersi; sono loro [gli USA, ndt] che non possono distruggerla oggi; noi possiamo distruggerla, possiamo distruggerla, e sarebbe colpa nostra.»

Fidel Castro, dal Discorso pronunciato  in occasione della cerimonia per il 60° anniversario della sua entrata all’università, tenutosi nell’Aula Magna dell’Università dell’Avana il 17 novembre 2005.

Fidel Castro all'Aula Magna dell'Università dell'Avana il 17 novembre 2005.

di Yaima Cabezas
Fonte:
Traduzione e adattamento e aggiunte: GFJ
13 ottobre 2023

La Calle de las Enramadas a Santiago de Cuba

La crisi dei valori è un tema che mi ossessiona e, pur sapendo che non potrò cambiare il mondo, mi fa piacere sapere che almeno non sono sola su questo versante, seppur siamo una minoranza – forse – ma stiamo lavorando per salvare, o almeno richiamare l’attenzione di quella parte buona di tutti noi individualmente, oltre che socialmente – di quegli elementi che hanno a che fare con la sensibilità – che porterebbe molto alle relazioni umane e alla qualità dei servizi.

Se ho già esorcizzato un po’ la mia esperienza nel settore tradizionale cubano, ora voglio dedicare un po’ di tempo alle imprese private che da qualche tempo sono predominanti come agenti economici nella società. Senza toccare la questione finanziaria, che non padroneggio, e senza volerle demonizzare perché sono necessarie e il loro contributo ci aiuta ad avere una maggiore varietà di offerte, vorrei evidenziare un’insoddisfazione condivisa che ha a che fare con il trattamento del cliente, con la natura dell’attore in questo contesto e con altre questioni ovvie che possono fare la differenza.

Non mi riferirò a un fatto specifico, ma a comportamenti comuni che a volte pensavo fossero esclusivi del settore statale, ma se è vero che sono stati traslati da un contesto all’altro, allora questo è preoccupante, inaccettabile e ingiustificato, oltre a non essere etico.

Offrire un servizio non significa essere onnipotenti. Esiste un minimo di requisiti che devono essere soddisfatti se si vuole avere successo e una lunga durata dell’esercizio. A volte non si tratta di essere cortesi o meno – anche se ne scriverò tra poco – ma delle condizioni a cui siamo sottoposti come utenti.

Innanzitutto, credo che spesso venga tralasciato in ultima istanza la possibilità di offrire benessere o almeno un ambiente sicuro al cliente. E se è vero che molte nuove attività commerciali non dispongono di grandi spazi per accogliere le persone, perché a volte iniziano solo con quel poco che hanno, istallandosi  in un portone, in un garage o in un altro spazio improvvisato, è altrettanto vero che queste situazioni non creano i migliori presupposti per lavorare con la massima serenità

Certo, quando lo spazio è così minuscolo da non avere mezzo metro quadrato per l’accesso di una persona in più, è ovvio che ciò non permette al pubblico di essere servito in modo adeguato, e in quel caso è comprensibile, anche se si dovrebbe e potrebbe sforzarsi d’inventare soluzioni più confacenti.
Ma voglio riferirmi piuttosto ad altre situazioni dove gli spazi sono adeguati e confortevoli, e quindi non ci sono pretesti, scuse o motivi per non essere efficienti e cortesi. Si viene invece soggiogati da quelle piccole amministrazioni che nella loro progettazione di attività non tengono conto di questi aspetti, ma solo esercitano nel timore di doversi confrontare con un ‘cliente’ ladro o un opportunista. Piuttosto, non sarebbe meglio che cercassero dei meccanismi adeguati per affrontare certe situazioni spiacevoli e occuparsi invece maggiormente e in modo professionale degli altri avventori che nella stragrande maggioranza sono persone oneste e benintenzionate?

Un’altra questione che mi preoccupa è l’atteggiamento di molti gastronomi, venditori di prodotti alimentari di prima necessità e altri commercianti e fornitori di servizi che agiscono senza alcun tipo di cortesia, mostrando al pubblico la loro svogliatezza e demotivazione nei confronti della loro funzione, esprimendosi in modo sgarbato e persino maleducato, perdendo subito la pazienza anche di fronte alla vecchietta che tarda a decidersi perché probabilmente è in ristrettezze economiche. Ma quando invece subodorano di ricevere una mancia o un pagamento arrotondato a loro favore, allora ecco che viene fuori la cortesia e il buon tratto, tipico delle persone ipocrite.

Un piccolo mercato di frutta all'Avana

Ancora una volta, dov’è la compassione, l’altruismo, la gentilezza? Sarà che mi sono sempre imbattuta in persone che non hanno molta voglia di fare il loro lavoro perché hanno dormito male la notte prima o stanno vivendo situazioni al limite? Qualunque sia il motivo, nessuno ha il diritto di maltrattare o umiliare.

Fortunatamente la situazione non è completamente oscura, c’è ancora un po’ di luce sia nel settore statale che in quello privato, dove troviamo ancora atteggiamenti positivi che ci fanno riflettere e dire “non tutto è perduto“, persone realmente motivate e interessate a sforzarsi di fare bene il proprio lavoro, a offrire un trattamento personalizzato, a garantire la qualità e a rispettare i protocolli del servizio clienti, A loro non importa se sono sotto pressione da parte di un supervisore o altro, se lavorano per un marchio famoso o per una piccola e umile azienda di quartiere, perché comprendono la responsabilità e i valori etici. […]

È indubbio che in tutto il mondo esistano collaboratori scorretti che non meritano il posto di lavoro che occupano perché mostrano abitudini tutt’altro che virtuose. Ma è altrettanto certo che tutti noi siamo in parte responsabili, in quanto non rivendichiamo i nostri diritti; perché quasi sempre subiamo e  restiamo in silenzio, ci alziamo, ce ne andiamo e lasciamo perdere; perché crediamo di non meritare un trattamento più elevato; perché non critichiamo onestamente per crescere e non per distruggere.

Per riassumere questa triade di testi su un segmento della perdita di valori orientata al servizio pubblico, ma applicabile a qualsiasi scenario del nostro quotidiano, vorrei far notare, sulla base delle mie osservazioni personali, che la gioventù non è l’unica ad essere smarrita, lo siamo tutti, è il bambino delle elementari che ripete ciò che sente e vede, il giovane che è in Servizio Militare Attivo e nell’unità si esprime in modo accondiscendente e quando esce con il suo lasciapassare si toglie la maschera; è l’operaio di qualsiasi azienda che trae furtivamente profitto dalla proprietà sociale, il medico che mercifica le sue cure, il venditore che imbroglia sul peso, l’uomo che porta a spasso il suo cane e gli permette di urinare sulla mia porta, il dirigente dalla doppia morale, il vicino di casa che non mi fa dormire perché mette la musica a volume così alto da far vibrare anche le cime del comò; io stessa… . Siamo tutti noi.

"Dobbiamo ricuperare le regole basilari della convivenza sociale e il senso di reciprocità". Foto: Roberto Suárez

La perdita di valori non ha un solo volto, tutti ne soffriamo, alcuni più acutamente di altri. Ma qual è la causa? Ho degli indizi o vedo delle concomitanze, ma nessuna certezza su cosa abbia portato al deterioramento che ci ha fatto precipitare in una sorta di “ognuno per sé” con l’abbandono delle buone usanze. Cosa possiamo fare? Riusciremo a recuperare ciò che è stato perso? Se solo non rimanesse tutto sulla carta o in un discorso con l’indice puntato! ma non riesco a trovare risposte adeguate.
Credo che le politiche pubbliche non bastino, dobbiamo ammetterlo, bisogna piuttosto predicare con l’esempio e cominciare a promuovere in modo forte e deciso i principi umanistici come l’onestà, il rispetto, la dignità, la disciplina, il buon modo di trattare, l’educazione formale, le regole basilari della convivenza sociale, il senso di reciprocità, la solidarietà, la sensibilità; insomma quiei sentimenti e costumi etici e morali che non ci sono estranei, molti di noi siamo cresiuti con loro.

Pubblicato in Attualità, Cuba

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