Cuba: dove stiamo andando? (Parte 2 di 3)

L’Avana coloniale, anni’90. Foto: GFJ

Un testo esemplificatore e sofferto sul duro quotidiano di Cuba, assediata da un blocco asfissiante che, tra gli altri crimini, è riuscito ad intaccare negativamente una parte del tessuto sociale, ma mai lo spirito di resistenza della maggioranza del popolo cubano

di Yaima Cabezas
Fonte:
Traduzione e adattamento: GFJ
12 ottobre 2023

Strada de La Habana Vieja. Foto: Roberto Suárez

È vero, ammetto che siamo una società logora, stanca, che sente che la sua forza si sta esaurendo; tuttavia, dobbiamo continuare e resistere. Penso che sia sconsiderato abbandonare la nave e fuggire dal problema, perché ciò contribuirebbe al disastro sociale. Per questo voglio scrivere di valori umani e non voglio stancarmi di richiamare l’attenzione sulla valutazione negativa che do di come stiamo andando. Se i miei testi non ci aiutano a costruire un Paese migliore e a essere migliori, almeno mi servono come sfogo, e se qualcuno si sente identificato, sarà sufficiente.

In una pagina precedente ho considerato negativamente il fatto che stiamo vivendo in prima persona la perdita dei sentimenti più nobili e del senso di solidarietà che ci contraddistinguono come esseri pensanti, oltre ad altre qualità con cui sono cresciuta e che improvvisamente scarseggiano.

A volte mi chiedo se gli esseri umani siano egoisti e cattivi per natura e sia la vita in comunità a farci perdonare tanta innata cattiveria per adattarci gli uni agli altri, o se, in realtà, al contrario, siamo buoni ed è l’ambiente a trasformarci e a renderci cattivi.

Dico questo perché ultimamente mi sembra che da tutte le parti ci sia una recrudescenza di comportamenti che mirano a fare del male, atteggiamenti accigliati che hanno a che fare con posizioni privilegiate in certi posti, con piccoli spazi di potere.

Vorrei fare riferimento a due esperienze.

Gran Hotel Bristol by Kempinski, La Habana

Domenica 10 settembre, io e mia sorella abbiamo fatto avanti e indietro dal Parco El Curita, nel Centro Habana, fino a via Aguiar, all’Avana Vecchia. Abbiamo approfittato delle ombre offerte dagli edifici della zona che, come tutti sanno, fortunatamente hanno porticati che favoriscono la camminata perché i marciapiedi sono molto stretti e irregolari, oltre a essere puniti dal terribile sole estivo e da altre abitudini sociali.

Alle due e dieci minuti circa del pomeriggio eravamo in via Teniente Rey, tra Zulueta e Monserrate, all’ingresso principale del Gran Hotel Bristol, di proprietà di Kempinski Hotels. Questa struttura boutique ha una posizione privilegiata e i suoi pavimenti sono fatti di splendido marmo. Ho contato almeno quattro uomini in quest’isolato, uno a ogni estremità e due proprio al centro, dove si entra nella hall dell’hotel. Non so esattamente quale fosse la loro funzione, ma stavano chiaramente cercando di bloccare il passaggio attraverso quella caratteristica facciata protetta da una tettoia, ho pensato dopo. Il primo in cui ci siamo imbattuti, all’angolo con Zulueta, ha intimato in bella forma che non potevamo passare di lì. Mi guardai intorno per vedere se stavano pulendo – perché, logicamente, per educazione non avrei calpestato il suolo bagnato – ma no, era tutto libero, c’erano solo i quattro, mia sorella ed io.

Non mi sono fermata, e alla mia seconda domanda mi rispose che “avevano appena passato un prodotto lucidante e non volevano che il pavimento divenisse opaco“.

Mi inalberai e continuai a camminare sul marciapiedi. Mia sorella invece scese perché s’innervosì, suppongo fosse abituata a seguire gli ordini anche se infondati perché così eravamo stati educati, ma io, testarda e con una dose di irriverenza e di anarchismo che avevo imparato negli anni, volevo far valere il mio diritto al transito, che poi riuscii a dimostrare con la Costituzione della Repubblica di Cuba. Tuttavia, non riuscii ad arrivare alla curva successiva perché lei, più ansiosa che obiettiva, “non voleva mettersi nei guai“.

Lasciai il portico a pochi metri da via Monserrate, dove stava appostato il quarto uomo. Lui e gli altri due uomini del centro, chiaramente infastiditi dal fatto di non avermi fatto desistere, mi trattarono male verbalmente, mi chiamarono “capricciosa perché facevo quello che volevo“, minacciarono di “chiamare la pattuglia“, e la giustificazione fu che semplicemente “non potevo camminare lì“; per me, non era abbastanza.

Ho aspettato diversi giorni per incanalare il mio disagio, consultarmi e documentarmi. Poi decisi di scrivere, certa che se non facciamo valere i nostri diritti, ci verranno rubati. Il titolo V della nostra Magna Carta, che si riferisce a Diritti, Doveri e Garanzie, al capitolo I, articolo 42, stabilisce che tutte le persone sono uguali davanti alla legge e devono essere trattate allo stesso modo dalle autorità; inoltre, si suppone che godiamo degli stessi diritti, libertà e opportunità, senza alcun motivo discriminatorio; e che abbiamo tutti il diritto di godere degli stessi spazi pubblici e delle stesse strutture di servizio.

El Capitolio de La Habana

Io e mia sorella non avevamo intenzione di fermarci in quel portale del Gran Hotel Bristol; in realtà, ci siamo passati solo per caso, perché era sulla nostra strada. Poi le raccontai con orgoglio che nel novembre del 2022 avevo partecipato ad alcuni spot pubblicitari che avevamo girato nell’area della piscina dell’hotel sulla terrazza del nono piano, da cui si gode una bellissima vista notturna della città, adornata da un Campidoglio illuminato e imponente.

Con mio grande dispiacere, ogni bel ricordo di quel luogo di opulenza e dei lavoratori che ho conosciuto quasi un anno svanì da un momento all’altro a causa dell’atteggiamento di quattro uomini che probabilmente seguivano le istruzioni di un superiore e, sicuramente senza motivo né logica, travisavano, esasperavano. Forse non sapevano come spiegarsi o di essere chiari. Concludo che non chiunque può interagire con il pubblico, ma solo chi è in grado di farsi capire. Ma il risultato è l’opposto: un atteggiamento prepotente, autoritario pregiudica la dignità di un cittadino, facendolo sentire inopportuno, asociale , inadeguato. […].

La Costituzione attualmente in vigore nella Repubblica di Cuba è stata approvata dall'Assemblea Nazionale del Potere Popolare attraverso l'Accordo numero IX-19 del 22 dicembre 2018 e il suo testo è stato ratificato da un referendum popolare nel febbraio 2019.

Nel capitolo IV della nostra Costituzione rinnovata, che tratta specificamente dei doveri, l’articolo 90, sezione h, afferma che dobbiamo conservare, proteggere e utilizzare razionalmente i beni e le risorse che lo Stato e la società mettono al servizio del popolo, e farlo con rispetto. Nel caso descritto, non avevo affrontato i quattro censori in modo ordinario, maleducato, avevo semplicemente continuato la mia marcia chiedendo loro perché mi fosse impedito di farlo. Non li ho offesi, non mi sono fermata per litigare, mentre loro mi hanno intimidita senza darmi una risposta coerente e minimamente logica.

Può darsi che aspettassero l’arrivo di qualche personalità, e che quindi aspirassero ad avere quel bel pavimento scintillante, così come capita a tutti noi anche in casa quando si aspettano visite; lo capisco, ma perchè non mi è stato detto? Ma anche se questo fosse il motivo, mi sembra inconcepibile. Non è una zona vietata, non è l’interno dell’edificio, non è una delle zone militari che io rispetto tanto, non c’era un nastro giallo, né un cordone, ma solo un porticato di un hotel urbano, molto bello, nel cuore dell’Avana, capitale di tutti i cubani, dove la sua ubicazione non potrebbe essere più popolare e accattivante. […]

Non è forse noto a tutti che i suoli pubblici sono calpestabili e che se passano un centinaio di persone potrebbero diventare opachi? Perché limitare le persone è sempre la cosa più semplice da fare? Perché la presunta efficienza deve essere raggiunta con l’indifferenza verso il prossimo e l’arroganza?

[…] Sono consapevole che questo comportamento descritto sopra non è unico né eccezionale, ma che purtroppo si ripete in altri scenari: in banca, quando non ci è permesso di sedersi al coperto quando ci sono posti liberi; o in negozio, quando solo pochissime persone alla volta possono entrare; o quando ci viene ritardato o, peggio, negato un servizio di proposito;  e così via, una lunga lista di esempi che parlano di quanto siamo esseri umani abbruttiti, di come esercitiamo un’autorità cieca quando invece potremmo aiutare gli altri.

A volte si risolve molto anche solo con l’accondiscendenza, contribuendo alla qualità della vita, che spesso si può riassumere in piccole azioni che vanno dal permettere alle persone di stare sotto un riparo dal sole perché la fila per entrare è immensa, all’offrire informazioni, al rispondere con gentilezza, e tanto altro ancora. È nei dettagli che ci perdiamo., dove ogni giorno cediamo il terreno della benevolenza, e quando potremmo essere esseri umani migliori e solidali, lasciamo uscire il peggio, le miserie, la grettezza.

Un prossimo testo sarà dedicato ad alcune esperienze nel settore privato.

Pubblicato in Attualità, Cuba

ARCHIVI