Generalmente l’uomo della strada ritiene che esistano dei teorici del complotto, praticamente dei malati di mente, che mettono in dubbio le verità ufficiali o addirittura la “Scienza ” non riuscendo ad ammettere che il potere è sostanzialmente buono e sincero e che tutto ciò che sembra è dannatamente vero. Rimando ad un’altra occasione l’analisi di questa sconcertante fiducia  o sarebbe meglio dire fede che quantomeno consente di sopravvivere tranquilli a patto di rinunciare a vivere, ma mai come oggi con i numeri ballerini della pandemia viviamo in pieno questa situazione, che in qualche modo è stata inaugurata dall’assalto alle torri di New York vent’anni fa. Anche io dopo gli eventi ho fatto molta fatica ad uscire dalla versione ufficiale: intendiamoci, avendo qualche esperienza di volo,  non ho creduto nemmeno per un attimo che gli autori della strage fossero quelli subito rintracciati: con un brevettino di volo appena ottenuto è già un miracolo che si tenga in aria un Piper se c’è un po’ di vento, figuriamoci un aereo di linea che i piloti più esperti a malapena riuscirebbero a far volare a quella quota e a quella velocità. Ma ovviamente occorreva trovare subito un colpevole e la cosa non mi ha stupito.

Poi ho cominciato a capire che il colpevole era stato individuato prima dell’attentato per dare avvio a una nuova stagione geostrategica e così ho cominciato a interessarmi della dinamica dell’attentato e alle critiche portate alla versione ufficiale dei fatti. Non avevo possibilità di indagare personalmente e dunque la cosa che alla fine mi colpì di più fu un documento  uscito sette anni dopo i fatti, intitolato “Quattordici punti di accordo con i rapporti ufficiali del governo sulla distruzione del World Trade Center” scritto da alcuni membri del del movimento per la verità sull’11 settembre,  Frank Legge, Kevin Ryan, Steve Jones, James Gourley e Anthony Szamboti, nel quale si mostrava che in realtà proprio la versione ufficiale degli eventi, sostanzialmente messa a punto dal Fema (Federal Emergency Management Agency) e dal Nist (National Institute of Standards and Technology) conteneva alcuni tra gli elementi di incertezza su cui stavano scavando i cosiddetti complottisti. Insomma era l’autorità stessa a lasciare aperte le ipotesi e di fatto evitava di rispondere alle domande fingendo invece di farlo.

Ecco alcuni punti principali. Il Fema nel maggio del 2002 scrive: “Le specifiche degli incendi nel WTC 7 e il modo in cui hanno causato il crollo dell’edificio rimangono al momento sconosciute. Sebbene il gasolio totale nei locali contenesse un’enorme energia potenziale, l’ipotesi migliore ha solo una bassa probabilità di accadimento. Sono necessarie ulteriori ricerche, indagini e analisi per risolvere questo problema”. Ulteriori indagini che non sono mai state fatte nonostante il fatto che non si sappia come mai le torri siano crollate, che è un problema non da poco. Nel medesimo documento si dice che: Le torri del WTC erano state progettate per resistere all’impatto accidentale di un Boeing 707 che cercava di atterrare in un vicino aeroporto…”

Per giustificare la rapidità del collasso delle torri avvenuto praticamente in tempo minore di quello dell’accelerazione di gravità si era diffusa la cosiddetta teoria del pankake, ovvero che i piani dell’edificio fossero caduti uno sopra all’altro in rapidissima successione polverizzandosi, ma nell’agosto del 2006 il Nist scrive che: “Le scoperte del NIST non supportano la “teoria del pancake” del crollo, che si basa su un progressivo cedimento dei sistemi di pavimento nelle torri del WTC…” Inoltre sempre riguardo al collasso degli edifici si dice:  “Il NIST ha stipulato un contratto con Underwriters Laboratories, Inc. per condurre test per ottenere informazioni sulla resistenza al fuoco di tralicci come quelli delle torri del WTC…. Tutti e quattro i campioni di prova hanno sostenuto il carico massimo di progetto per circa 2 ore senza collassare…” E poi: Gli incendi iniziali del carburante degli aerei stessi sono durati al massimo pochi minuti” […] “In qualsiasi luogo, la durata delle temperature [dell’aria, non dell’acciaio] vicino a 1.000 °C era di circa 15 minuti a 20 minuti. Il resto del tempo, le temperature calcolate erano vicine ai 500 °C o meno”.

Insomma ufficialmente non si ha una mezza idea del perché e di come siano crollati gli edifici, e anzi viene chiaramente detto che non si sa come sia possibile che alcuni reperti dell’acciaio delle torri presentino “corrosione ad alta temperatura dovuta a una combinazione di ossidazione e solforazione […] La grave corrosione e la successiva erosione dei Campioni 1 e 2 sono un evento molto insolito. Non è stata identificata alcuna spiegazione chiara per la fonte dello zolfo… È necessario uno studio dettagliato sui meccanismi di questo fenomeno… ”  Scrive ancora il Nist che del resto non ha mai, tanto per dirne una, cercato residui di esplosivo che invece potrebbe benissimo spiegare l’effetto pankake: “… non siamo in grado di fornire una spiegazione completa del crollo totale”. Insomma anche da queste poche cose si vede che mentre l’opinione pubblica, spinta da media totalmente rincretiniti prima ancora che comprati, ritiene che tutto sia spiegato dai documenti ufficiali,  in realtà nulla risulta chiaro, tutti i problemi sorti nei primi giorni rimangono ancora in campo senza alcuna volontà di fare chiarezza e si continua a demonizzare chi cerca spiegazioni.

In realtà il vero mistero è come si faccia ancora credere in autorità di questo tipo. Come si fa ad esempio a credere che nel corso di un’epidemia devono essere i vaccinati a temere i non vaccinati e non il contrario? Come si fa a pensare che con un test di valore comunque pressoché nullo si possa avere il green pass per un anno, mentre i  molti paesi il documento non può essere ottenuto dopo aver avuto la malattia e perciò possedendo una robusta immunità?  Forse perché i vaccini non funzionano, ma debbono comunque essere venduti? Diranno … ” non siamo in grado di fornire una spiegazione”


11 Settembre 1973. “La forza della ragione”. L’estrema attualità dell’intervista, del 1971, di Rossellini ad Allende

Fonte: WORLD AFFAIRS

Acquistata dalla Rai, questa intervista fu trasmessa solo la sera del 15 settembre 1973, in seguito alla notizia dell’assassinio del Compagno Presidente Allende

Oggi è l’11 settembre. Quest’anno, dal momento che ricorre il ventesimo anniversario dell’attacco alle Torre Gemelle di New York, i media mainstream a maggior ragione ricorderanno, anche giustamente, le vittime statunitensi, ignorando quelle prodotte da Washington con la scusa della guerra al terrorismo e con l’esportazione della democrazia. Noi, come ogni anno, vogliamo ricordare quello del 1973, 48 anni fa, in Cile, dove un colpo di Stato fascista appoggiato dagli USA rovesciò il Governo legittimo di Unidad Popular, guidato da Salvador Allende.

Vi riproponiamo un’intervista che nel maggio del 1971 il regista Roberto Rossellini, autore di capolavori quali “Roma Città Aperta”, “Paisà”, “Germania Anno Zero”, si recò a Santiago del Cile per incontrare il Presidente Salvador Allende ed intervistarlo sul suo progetto politico.   Nacque così il documentario “La Forza della Ragione”. Acquistato dalla Rai, fu trasmesso solo la sera del 15 settembre 1973, in seguito alla notizia dell’assassinio del Compagno Presidente Allende.

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Rossellini, in merito all’intervista, raccontò: «Nella primavera del ’71 Allende aveva promosso l’operazione che si chiamava “Verdad”, l’operazione verità.  «Aveva invitato personalità da tutte le parti del mondo perché si recassero a Santiago a vedere e toccare con mano l’autentica realtà cilena e il tentativo democratico di sviluppo socialista in Cile. Mio figlio Renzo, in quell’occasione, andò laggiù e io lo pregai di farsi latore di una mia preghiera: avrei amato incontrare Allende e avere un’intervista con lui. Allende mi fece sapere che sarebbe stato lieto di incontrarmi e così i primi di maggio andai in Cile».

Il cineasta sulla morte di Allende affermò: «Io personalmente non credo affatto alle tesi del suicidio di Allende perché egli era uomo troppo cosciente dei suoi doveri e delle speranze che erano riposte in lui. Egli sapeva benissimo – io ne sono convinto – che per poter arrivare all’affermazione delle proprie idee bisogna spingersi a tutti gli estremi dell’eroismo, compresa la morte violenta».