Blocco USA contro Cuba: “scusa” cubana o crimine yankee contro l’umanità?

Dopo oltre 60 anni di sanzioni statunitensi, vale la pena chiedersi, ancora una volta, quali sono i loro obiettivi e se hanno avuto successo.

di Álvaro Roslik
Fonte:
Traduzione e aggiunte: GFJ
15 settembre 2023

Subito dopo il trionfo della rivoluzione cubana nel 1959, l’isola ha subito profondi cambiamenti nella sua matrice politica, economica e sociale. Le sanzioni di Washington contro l’isola vennero adottate, ufficialmente, in risposta all’esproprio degli zuccherifici e di altre imprese, che a loro volta generarono ulteriori reazioni e misure di blocco da parte degli Stati Uniti.

Il 19 ottobre 1960, sotto l’amministrazione Dwight Eisenhower (1953-1961), iniziò il divieto di esportazione di merci dal territorio statunitense verso l’isola, ad eccezione di cibo e medicine.

Un anno dopo, come corollario alla crisi dei missili, il presidente John F. Kennedy (1961-1963) perfezionò il blocco economico, commerciale e finanziario come lo conosciamo oggi, espandendo le sanzioni sulle importazioni di beni cubani negli Stati Uniti attraverso l’approvazione da parte del congresso dei Foreign Assistance Acts il 3 novembre 1961.

Gli anni sovietici

Fidel Castro in URSS

Questa prima fase di sanzioni fu aggravata dall’isolamento diplomatico da parte di quasi tutta l’America Latina, con l’espulsione di Cuba dall’Organizzazione degli Stati Americani (OSA o OEA in spagnolo) nel 1962.

In questo contesto, grazie alla relazione economica con l’Unione Sovietica e il blocco socialista Cuba superò i primi decenni del progetto rivoluzionario dell’isola.

In realtà, si è trattato di una reintegrazione quasi totale nell’economia mondiale. Un sostegno, un equilibrio di potere, in cui l’ostilità della prima potenza mondiale era in qualche misura compensata da quella che era, in quel momento, la seconda potenza nell’equilibrio storico di quella che era la guerra fredda“, sostiene l’accademico cubano-americano Arturo López-Levy, intervistato da Sputnik.

Gli Stati Uniti e i governi della maggior parte dei paesi latinoamericani, con la degna eccezione del Messico, avevano rotto le relazioni con Cuba. L’inserimento dell’isola nel mondo post-coloniale, con la fondazione del Movimento dei Non Allineati (MNOAL), in cui Cuba gioca un ruolo molto importante, significa che al di là di un sistema regionale come l’OSA, che le fu preclusa, Cuba ebbe una partecipazione molto attiva e una relazione di prim’ordine con il “Terzo Mondo” che stava emergendo e con il “Secondo Mondo” dietro la cosiddetta Cortina di Ferro.

Questo è ciò che credo sia successo nei primi trent’anni; senza quei trent’anni Cuba non avrebbe potuto raggiungere ciò che ha raggiunto, né arrivare dove è arrivata dopo per sopravvivere alle politiche del blocco“, sostiene López-Levy, uno studioso della Holy Names University.

1991, il crollo del campo socialista e il “periodo speciale”

Cuba nel "periodo especial"

Nei duri anni 90, quando Cuba rimane orfana dell’appoggio sovietico che provocò l’insorgere di grandi difficoltà economiche del decennio conosciuto sull’isola come il “periodo speciale“, Washington si irrigidisce e proclama misure extraterritoriali con maggiore forza e vigore.

La legge Torricelli del 23 ottobre 1992, promulgata sotto l’amministrazione del presidente George H. W. Bush (1989-1993), vieta alle navi che entrano nei porti cubani per scopi commerciali di toccare i porti degli Stati Uniti o dei suoi possedimenti per 180 giorni dopo aver lasciato il porto cubano.

Successivamente, le sanzioni vengono ulteriormente inasprite durante l’amministrazione del presidente Bill Clinton (1993-2001), con la promulgazione della legge Helms-Burton nel 1996, che inasprisce le sanzioni contro il commercio di Cuba con paesi terzi e la libera circolazione delle persone di entrambe le nazionalità.

Il blocco, in questa occasione, si trasforma: Non si tratta più di punire la permanenza di un sistema comunista, socialista o di economia pianificata sull’isola, ma diventa “un veicolo per le aspirazioni di un gruppo nel sud della Florida, e nella destra americana, in particolare il senatore segregazionista di estrema destra Jesse Helms, per punire Cuba“, per il solo fatto che ha osato “sfidare il posto subordinato che, secondo la sua questa visione, ha nel sistema internazionale, sotto l’orbita americana nell’emisfero occidentale“, sostiene López-Levy.

Relazioni con l’Europa, la Cina e i governi progressisti dell’America Latina

Quanto detto sopra converge anche con un’Unione Europea più assertiva, che aveva già cominciato a sviluppare i propri interessi nella questione cubana, in particolare all’interno della comunità iberoamericana di nazioni dopo il Vertice di Guadalajara del 1992, che ha permesso di mettere da parte l’idea di isolare Cuba e di inaugurare relazioni con paesi europei come la Spagna, soprattutto nel settore del turismo nell’isola.

L’inizio del XXI secolo Cuba ha gradualmente ripristinato le relazioni commerciali con la Cina e la Russia in misura minore, e in seguito il ripristino dei rapporti commerciali con governi progressisti latinoamericani di Hugo Chávez in Venezuela (1999-2013), Evo Morales in Bolivia (2006-2019), Rafael Correa in Ecuador (2007-2017), Lula da Silva in Brasile (2003-2010) e Néstor Kirchner in Argentina (2033-2007) sono stati fattori che, secondo López-Levy, hanno permesso a Cuba di superare il blocco negli ultimi 30 anni dopo la scomparsa dell’URSS.

Un atto d’accusa contro Cuba

Quello che hanno fatto con Cuba, non l’hanno fatto con nessun altro paese, nemmeno con paesi con cui gli USA hanno crisi nucleari come la Corea del Nord“, dice López-Levy, e spiega che nel caso cubano sono andati molto oltre nelle sanzioni rispetto ad altri paesi, anche se ci sono caratteristiche che si ripetono con altre nazioni sanzionate economicamente dagli Stati Uniti, come Iran, Russia, Venezuela e Corea del Nord.

La non esclusione del commercio umanitario è un piccolo esempio. Le Nazioni Unite sono riuscite a stabilire un programma “petrolio in cambio di cibo” come parte della loro politica nei confronti dell’Iraq di Saddam Hussein. A Cuba e ad altri paesi che sono soggetti a un regime di sanzioni globale o onnicomprensivo è preclusa questa possibilità.

Nel migliore dei casi, è tollerata una vendita ridotta di cibo che non sia un commercio. Cuba tuttavia non è autorizzata a vendere prodotti negli Stati Uniti, e nemmeno a depositare denaro su un conto sotto il controllo dell’ONU. Nemmeno i criteri più complessi adottati dal Consiglio di Sicurezza in un caso di dopoguerra, tra il 1991 e la guerra illegale in Iraq nel 2003, sono stati applicati a Cuba“, afferma López-Levy.

L’assedio economico colpisce anche la libera circolazione delle persone: “Non puoi viaggiare liberamente a Cuba se sei americano e hai un visto cubano. Se questo invece accade, per esempio, con la Corea del Nord o con zone di conflitto estremo, il Dipartimento di Stato semplicemente ti consiglia di non viaggiare lì, ma se decidi di viaggiare non stai commettendo nulla di illegale. L’unico posto illegale da visitare è nel caso di Cuba“, ha aggiunto.

Biden: in piena pandemia, non un secondo di pietà

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L’attuale presidente Joe Biden è stato una grande delusione. Nel mezzo di una pandemia, nonostante i suggerimenti del segretario generale dell’ONU António Guterres, ha rifiutato l’opportunità di sospendere almeno quelle sanzioni che hanno un terribile impatto umanitario.
Questa amministrazione “ha acutizzato il danno fatto non solo al popolo cubano, ma al prestigio che un atto di semplice umanità da parte del presidente avrebbe potuto fornirgli in un momento in cui ogni minuto conta per salvare delle vite. In questo senso, vi dico che è stata una grande delusione“, ha aggiunto l’accademico.

Il blocco, una scusa?

Chi c'è dietro ad Amnesty International?

Questa argomentazione “il blocco è una scusa“, in primo luogo, “non vede il blocco di per sé come una violazione dei diritti umani dei cubani e degli americani, indipendentemente dal fatto che il governo cubano lo usasse come scusa o meno“.
In secondo luogo, “semmai, se dal punto di vista di coloro che vogliono promuovere il cambiamento a Cuba, di coloro che vogliono promuovere i diritti umani, se per codesti il blocco è fondamentalmente una scusa, allora non ci può essere altra posizione etica e razionale che chiedere il suo smantellamento immediato e totale“, ha concluso l’accademico cubano-americano.

López-Levy ha anche duramente criticato affermazioni come quella di Érika Guevara Rosas, direttrice di Amnesty International per l’America Latina, che ha sostenuto ripetutamente l’argomentazione del “blocco come scusa” per il governo cubano. “Una sciocchezza priva di fondamenta, ha concluso López-Levy.

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