Le sfide del dopo Moncada

Questa Rivoluzione può distruggersi da sola,
quelli che non possono distruggerla
oggi sono loro
[gli USA]”.
Dal Discorso pronunciato da Fidel Castro Ruz
nell’Aula Magna dell’Università dell’Avana
il 17 novembre 2005

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La volontà di Martí di costruire con tutti e per tutti, basata sull’etica e sulla responsabilità politica, ci viene imposta come l’unica alternativa reale e ammissibile per onorare chi ha forgiato il cammino con la propria morte…

di Haroldo Miguel Luis Castro
Fonte:
Traduzione, aggiunte: GFJ
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27 luglio 2023

 Commetteremmo un pericoloso errore se ci limitassimo a osservare l'epopea nell'indifferenza che il passare del tempo suggerisce

Per un altro anno Cuba celebra gli assalti alle caserme Moncada e Carlos Manuel de Céspedes. Come un instancabile promemoria, la data ci viene imposta in nome dei più sacri precetti di ribellione e intransigenza.

Sono già trascorsi sette decenni da quell’atto che segnò l’inizio di una nuova fase della lotta rivoluzionaria. Una fase erede della storica tradizione nazionale dell’insurrezione.

La generazione che, a costo del proprio sangue, si impegnò per rovesciare, in nome del progresso e della stabilità sociale, il dittatore Fulgencio Batista, incarnando i migliori valori di una gioventù stanca soprattutto di essere uccisa, calpestata e violata con straordinaria impunità.

Il 26 luglio rimarrà sempre nella memoria della nazione come un simbolo inestinguibile di coraggio, ma anche di straordinaria genialità umana. Perché nessuno potrà mai disonorare la memoria di chi è caduto in combattimento o sotto tortura in nome di un Paese più giusto. Né la forza d’animo di chi è stato imprigionato e ha accettato la prigionia per perfezionare le proprie capacità politiche in vista della lotta futura. Né tanto meno sminuire la sublime arringa di autodifesa di Fidel Castro e la sua straordinaria genialità nel trasformare i suoi accusatori in accusati. C’è troppo da preservare e da portare come vessillo.

Tuttavia, commetteremmo un pericoloso errore se ci limitassimo a osservare l’epopea nell’indifferenza che il passare del tempo suggerisce. Risuonano ancora le parole dello stesso Fidel, quando nel 1983 disse che di quel luglio del ’53 rimanevano solo la virtù del popolo, la certezza della vittoria e la capacità di sognare le realtà di domani.

Il fatto è che usare i soli ricordi per costruire un progetto nazionale è, a dir poco, un suicidio inaccettabile. Più che la necessaria evocazione, la commemorazione deve suscitare preoccupazioni e domande.

José Martí e il Moncada sono il quadro dialettico del percorso etico e rivoluzionario di una nazione e delle sue lotte per la libertà. La Moncada indicò a Cuba il percorso che la Generazione del Centenario avrebbe seguito: la strategia della lotta armata, le sue basi ideologiche, i suoi obiettivi, la sua morale rivoluzionaria e i suoi principi politici.

Dobbiamo quindi farci guidare dalla volontà di Martí di costruire con tutti e per tutti, sulla base dell’etica e della responsabilità politica, come unica alternativa reale e ammissibile per onorare coloro che hanno forgiato il cammino con la propria morte. Al di là dei luoghi comuni e delle vuote narrazioni, il nostro Moncada è ovunque ci sia un problema da risolvere e la nazione richieda sforzi e sacrifici.

Dove stiamo andando? Quali sono le difficoltà che stiamo affrontando? Come definiremmo un popolo oggi quando si parla di lotta?
Queste sono solo alcune delle domande a cui una nuova ondata di giovani sta già cercando di rispondere.

Dalla condizione spesso dimenticata e incomprensibile di un Paese sottosviluppato e caraibico, ci sono uomini e donne che, giorno dopo giorno, pensano e costruiscono la Repubblica sognata dalla Generazione del Centenario.

Durante le cerimonie funebri di Fidel, i cubani compierono il giuramento di realizzare il concetto di Rivoluzione, espresso dal leader della Rivoluzione nel 2000, come espressione della volontà di dare continuità alle sue idee e al socialismo.

E senza vantarsi di ciò che è stato raggiunto finora, ma anche senza disfattismo su ciò che resta da fare, con l’impegno di non perdere le conquiste sociali, ci troviamo di fronte a una maggioranza di persone impegnate e desiderose di trovare soluzioni.

Una maggioranza che non teme la pluralità di opinioni e tanto meno la critica costruttiva dopo un errore, e che chiede solo coerenza e sostegno sincero da parte degli organi di partito e di governo.

Non si tratta di chiudere gli occhi o di voltarsi dall’altra parte di fronte alle sfide, ma di accettarle come parte inalienabile della nostra condizione di società libera e sovrana. Ecco, ancora una volta, il nostro Moncada. È proprio qui che stiamo.

Pubblicato in Attualità, Cuba

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