Miracolo Alicia Alonso un monumento vivente

 

Intervista alla ballerina che riceverà a Positano un premio alla carriera. Fondatrice della scuola nazionale cubana e "ancella" culturale di Fidel Castro. "A dieci anni feci la mia prima lezione di balletto e compresi che era la mia strada. Non ho mai cambiato idea. Sono nata per ballare e la danza è la mia unica fede"di LEONETTA BENTIVOGLIO


ROMA – Più che una stella sulle punte, Alicia Alonso è un monumento vivente all’idea di diva del balletto, e il "Premio alla Carriera" che riceverà sabato a Positano (nell’ambito della manifestazione "Positano premia la danza", intitolata a Léonide Massine e giunta alla quarantesima edizione), è solo l’ultimo tassello di una valanga di riconoscimenti attribuiti a questa protagonista di un percorso spettacolare, probabilmente il più straordinario che ci sia stato nella storia del balletto. Non solo per la longevità artistica di Alicia, ma per certe sue caratteristiche miracolose, essendo stata afflitta da gravi problemi visivi. E’ fenomenico che abbia danzato "al buio", per vari anni, balletti come "Giselle" e "Il lago dei cigni", con tecnica perfetta e stile meraviglioso. Rigore, impegno e volontà, unite alla forza di una geniale personalità artistica, hanno plasmato il miracolo Alonso. 

VIDEO Alicia Alonso in Giselle 1

FOTO Un premio da Zeffirelli 2

Ufficialmente novantaduenne (ma c’è chi dice che veleggi verso i cento), la formidabile signora splende come "ballerina assoluta" della propria generazione, sovrana sulla scena internazionale nella metà secolo scorso e per almeno un paio di decenni. Inoltre sono tante le implicazioni politiche e sociali della sorte di questa dama di ferro, fondatrice di una scuola nazionale, quella cubana, che ha prodotto l’ottimo Ballet Nacional de Cuba e una serie di interpreti eccelsi sparsi in giro per il mondo. "Ancella" culturale di Fidel Castro, che ne ha fatto la bandiera dell’arte cubana investendo sul suo ensemble e su una diffusione capillare della danza nell’isola, Alicia è tuttora un’apparizione impressionante per carisma, come un’icona di se stessa. 

Signora Alonso, pare che i suoi problemi agli occhi non le abbiano mai tolto il sorriso e l’entusiasmo. 
"La mia malattia alla retina venne scoperta nel 1941, quand’ero all’inizio della carriera", riferisce durante la sua sosta a Roma, dove il sindaco Alemanno l’ha ricevuta in Campidoglio. "Mi fecero un’operazione agli occhi e restai a letto per un anno, e in quell’immobilità danzavo nella mia mente, fissando nel ricordo ogni dettaglio dei balletti già eseguiti. Quand’ero giovane i medici mi dissero che avrei dovuto smettere di ballare, se non volevo far precipitare gli occhi. Ma io non ho pensato mai di ritirarmi, anzi: credo che la mancanza della vista mi abbia reso più sensibile e musicale". 

Quale incontro, nella sua lunga vita artistica, l’ha influenzata di più? 
"L’italiano Enrico Zanfretta fu il mio maestro. Fondamentale, negli anni Quaranta, fu il mio lavoro come ballerina nell’American Ballet Theatre. E decisive furono le collaborazioni con coreografi immensi come Fokine, Massine, Balanchine, Tudor, Bronislava Nijinska… Ma francamente la personalità che più mi ha condizionata sono io stessa. Ho sempre dato ascolto soprattutto al mio sentire. A dieci anni feci la mia prima lezione di balletto e compresi che era la mia strada. Non ho mai cambiato idea. Sono nata per ballare e la danza è la mia unica fede".

Crede nel balletto tradizionale?
"Certo. Io sono una ballerina profondamente e radicalmente classica. Ho proiettato la tecnica russa e italiana nell’energia cubana e oggi esiste uno stile che fa capo a Cuba e trionfa nel mondo. Quando andavo in tournée in Europa come star dell’American Ballet Theatre, i giornalisti mi chiedevano: ma come? Una ballerina sulle punte? A Cuba non esistono solo le rumberas? Oggi non è più così. Grandi stelle cubane popolano le massime compagnie di balletto".   

Ci parli della sua amicizia e collaborazione con Fidel Castro. Com’è riuscita a farsi sostenere tanto nel suo lavoro a Cuba?  
"Il Comandante viene spesso ai nostri spettacoli, e quando vi assiste fa domande, s’informa, vuol sapere tutto… Ricordo che quando era ancora nella Sierra, a lottare in clandestinità, gli mandai un messaggio, pregandolo di tener conto, in un suo futuro governo, della diffusione della cultura. Dopo la rivoluzione si presentò alla mia porta chiedendo: Molesto? Disturbo? Voleva organizzare con me una nuova grande scuola di danza a Cuba. Il suo motto era: la cultura al popolo. A Cuba l’idea pedagogica è potente e l’insegnamento è gratuito, che si tratti di balletto, pittura, poesia, musica, teatro… Qualsiasi contadino può diventare un artista, se prende sul serio questo lavoro".

(07 settembre 2012)




» http://www.repubblica.it/persone/2012/09/07/news/alicia_alonso-42121126/?ref=HREC2-16
Pubblicato in Cultura

ARCHIVI