Cuba. I Comitati di Difesa della Rivoluzione tra impegno sociale e sicurezza

 

Pubblicato il 17 novembre 2013 da Andrea Virga

Cuba AnniversaryUno dei fiori all’occhiello di Cuba e del suo sistema sociale è indubbiamente costituito dai Comitati di Difesa della Rivoluzione (CDR), istituiti da Fidel Castro il 28 settembre 1960, nel pieno del processo rivoluzionario.

All’epoca, con l’appoggio degli Stati Uniti, le forze controrivoluzionarie nell’isola e all’estero si adoperavano in varie attività di spionaggio, di sabotaggio, di terrorismo e di guerriglia, come l’esplosione della nave “Coubre”, l’insorgenza nell’Escambray e la tentata invasione della Baia dei Porci. Per far sì che le forze rivoluzionarie, ancora in fase di riorganizzazione dello Stato, potessero tenere testa a questi nemici, si era perciò fatto ricorso a comitati formati dai cittadini, che fossero in grado di assicurare un contrasto capillare alle attività sovversive. La maggioranza della popolazione costituì così una vera e propria rete d’informazione e di supporto alle forze di difesa e dell’ordine, al punto da essere considerati per decenni “gli occhi e le orecchie della Rivoluzione”.

Il logo dei CDR è costituito da un combattente stilizzato, vestito come i mambises delle guerre d’indipendenza, ossia di bianco con un cappello di paglia in testa, il quale si difende con uno scudo formato dalla bandiera nazionale e leva in alto un machete (arma simbolo dei mambises), che reca scritte le parole “Con la guardia en alto”. L’altro motto è “En cada barrío, Revolución” (Rivoluzione in ogni quartiere), e non c’è dubbio che corrisponda al vero. Un altro importante simbolo è la caldosa, ossia la zuppa di carne e verdure che viene preparata dai membri dei CDR ogni 28 settembre, a ricordo della loro fondazione.

Oggi come oggi, quest’organizzazione si compone di 138.400 comitati, in cui sono inquadrati 8.465.010 cubani, su un totale di circa 9 milioni di cubani maggiori di 14 anni. I comitati sono articolati sul territorio, provincia per provincia, comune per comune, quartiere per quartiere, isolato per isolato, assicurando una copertura totale pari al 94% della popolazione adulta. Tuttavia, essa è formalmente autonoma rispetto al governo e alle istituzioni: tutti i suoi dirigenti sono proposti ed eletti democraticamente e operano a titolo puramente volontario. Le sue attività si reggono sull’autofinanziamento da parte dei suoi membri.

Nel frattempo, infatti, si è ampliato il raggio delle sue attività. I CDR continuano a costituire un valido sostegno alle politiche di controspionaggio e di sorveglianza da parte dello Stato cubano. Non solo i dirigenti sono tenuti ad essere informati su tutto quanto avviene nel loro isolato, schedando gli abitanti e individuando gli elementi asociali, dissidenti o potenzialmente criminosi, ma gli abitanti organizzano sia la partecipazione alle grandi feste patriottiche, con striscioni, bandierine, murales, sia manifestazioni spontanee (actos de répudio) all’indirizzo dei dissidenti. Questo ruolo ha chiaramente fatto sì che fossero criticati da parte di varie associazioni per i diritti umani.

Al tempo stesso, i comitati organizzano anche ronde nei quartieri meno sicuri dell’Avana, e turni di lavoro volontario per la pulizia e il decoro del quartiere (in città) o per l’aiuto al lavoro agricolo (in campagna), per quanto in questi due ambiti ci sia ancora molta strada da fare a Cuba. Un’altra importante attività, che si sta diffondendo lentamente, è quella della raccolta differenziata a fini di riciclaggio.

In campo sanitario, si adoperano per fare opera d’informazione e di prevenzione delle malattie infettive, praticando vaccinazioni e raccogliendo donazioni di sangue. Nel 1997, l’OMS aveva posto un obiettivo ideale di una donazione ogni 20 abitanti, traguardo che la sola Cuba ha raggiunto (nel 2000), grazie proprio all’opera di questi comitati civici.

In ambito sociale, si organizzano attività culturali (musei, mostre, concorsi), sportive e di sostegno alle fasce più deboli della popolazione, come i bambini o gli anziani, nonché il sostegno a chi versi in condizioni più disagiate.

Con queste premesse, risultano evidenti l’impatto e l’importanza sociale che hanno i Comitati di Difesa della Rivoluzione. Infatti, questi costituiscono un indispensabile ausilio per l’azione dello Stato, non solo per quanto concerne gli aspetti immediatamente securitari – laddove si rende necessario controbattere le attività sovversive dei controrivoluzionari di Miami, sostenuti tacitamente dai servizi statunitensi – ma anche in ogni altro ambito, come abbiamo visto.

Inoltre, non si deve dimenticare che, nonostante siano stati proposti dall’alto, essi muovono dal basso, ad opera degli stessi cittadini, in modo del tutto autofinanziato, e perciò senza costi per lo Stato, ad onta di certi stereotipi liberali sull’intrinseco statalismo del socialismo. Non a caso, in Paesi come il Venezuela, si stanno imitando questi esempi. In questo senso, i CDR possono dare luogo ad una reale sussidiarietà, come quella proposta dalla dottrina sociale cattolica, evitando però privatizzazioni e lottizzazioni selvagge, come quelle avvenute in Occidente a vantaggio di alcuni gruppi di pressione e ONG clericali.

È per i suddetti motivi che i Comitati di Difesa della Rivoluzione, pur perfettibili, costituiscono una delle maggiori realizzazioni sociali della Rivoluzione Cubana. Non sono una peculiarità della sola Cuba, ma anzi che si possono (e si debbono) esportare anche in altri Paesi, come un primo vero passo verso il superamento della democrazia rappresentativa liberale, ostaggio di partiti e lobbiesa favore di una democrazia organica nazionale, che veda la partecipazione di tutto il popolo.

@barbadilloit

A cura di Andrea Virga


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