La Nuova Banca di Sviluppo dei BRICS si sta de-dollarizzando. Argentina, Arabia Saudita e Zimbabwe pronti a entrare (+VIDEO)

Le bandiere dei membri della Nuova Banca di Sviluppo (NDB) del blocco BRICS

Il blocco dei BRICS, composto da Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, si sta espandendo e sta costruendo una nuova architettura economica per sfidare il dominio del dollaro USA.

di Ben Norton
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Traduzione: https://www.lantidiplomatico.it/
Aggiunte al testo: GFJ

Il consiglio di amministrazione della Nuova Banca di Sviluppo riunito nell'aprile 2023

Una delle istituzioni più importanti create dai BRICS è la Nuova Banca di Sviluppo (NDB). Si tratta di un’alternativa del Sud globale alla Banca Mondiale, che ha sede negli Stati Uniti ed è essenzialmente controllata da questi ultimi.

Nel marzo 2023, la NDB ha inaugurato il suo nuovo capo: Dilma Rousseff, ex presidente del Brasile, appartenente al Partito dei Lavoratori di sinistra della nazione sudamericana.

VIDEO: How the BRICS Bank is resisting US financial domination (Come la Banca dei BRICS si oppone al dominio finanziario degli USA)

La Rousseff ha sottolineato che gli obiettivi della NDB sono: finanziare “investimenti infrastrutturali” e “aiutare i nostri membri a combattere la povertà, creare posti di lavoro e promuovere uno sviluppo sostenibile dal punto di vista ambientale“.

Ha inoltre accolto con favore l’ingresso di altri Paesi nella banca.

                    sito web Nuova Banca di Sviluppo NDB

Gli attuali membri della NDB comprendono i cinque Paesi BRICS, il Bangladesh, gli Emirati Arabi Uniti e l’Egitto. L’Uruguay è già in procinto di aderire.

Il 1° giugno la Rousseff ha rivelato che altri Paesi sono stati approvati come nuovi membri: Argentina, Arabia Saudita e Zimbabwe.

Dilma Rousseff (centro)  ha sottolineato che gli obiettivi della NDB sono: finanziare "investimenti infrastrutturali" e "aiutare i nostri membri a combattere la povertà, creare posti di lavoro e promuovere uno sviluppo sostenibile dal punto di vista ambientale".

La Rousseff ha dichiarato che i vertici della NDB hanno approvato la richiesta di adesione di questi Paesi e che la decisione sarà annunciata ufficialmente ad agosto, in occasione del vertice dei capi di Stato dei BRICS che si terrà presumibilmente in Sudafrica.

Il nuovo presidente della NDB ha rivelato questa notizia mentre il ministro dell’Economia argentino, Sergio Massa, era in visita alla sede della banca a Shanghai, in Cina.

Brasilia (DF), 29/05/2023 – Il presidente Luiz Inácio Lula da Silva riceve il presidente venezuelano Nicolás Maduro al Palazzo Planalto. Foto: Marcelo Camargo/Agência Brasil

Il presidente brasiliano Lula da Silva, che ha contribuito a fondare i BRICS durante i suoi primi due mandati negli anni 2000, è tornato in carica nel gennaio 2023.

Lula ha svolto un ruolo chiave nel sostenere l’adesione dell’Argentina ai BRICS. In un vertice dei leader sudamericani tenutosi in Brasile a maggio, ha anche appoggiato l’ingresso del Venezuela nel blocco.

La banca dei BRICS si impegna a de-dollarizzarsi

La Nuova Banca di Sviluppo dei BRICS si sta de-dollarizzando

Il 30 e 31 maggio si è tenuta la riunione annuale della Nuova Banca di Sviluppo, l’ottava dall’inizio delle attività nel 2015.

La Presidente della NDB Rousseff ha colto l’occasione per ribadire che l’obiettivo della banca è la de-dollarizzazione finale. L’obiettivo a breve termine è quello di offrire il 30% dei prestiti della NDB in valuta locale.

Si tratterebbe di un aumento rispetto all’attuale tasso del 22%. Ad aprile, la Rousseff aveva annunciato per la prima volta che la NDB intendeva abbandonare il dollaro, impegnandosi a finanziare quasi un terzo del suo portafoglio prestiti nelle valute dei Paesi membri entro il 2026.

Diversificando l’uso delle valute, la NDB non solo cerca di indebolire la dipendenza del blocco dal dollaro, ma spera anche di aiutare i Paesi in via di sviluppo a evitare dolorose fluttuazioni dei tassi di cambio.

Manifesto Sovietico, 1954: «Dominio del dollaro»

Il dollaro USA è la valuta di riserva globale, quindi la politica monetaria interna di Washington ha un impatto sull’economia mondiale (un fenomeno noto come Dilemma di Triffin).

Dal marzo 2022, la banca centrale statunitense, la Federal Reserve, ha aumentato in modo aggressivo i tassi di interesse.

Ciò ha esercitato una pressione al ribasso sulle valute di molti Paesi del Sud globale, rendendo più costose le importazioni di prodotti stranieri e il pagamento del debito denominato in dollari, e alimentando al contempo la fuga di capitali.

Dobbiamo creare un sistema valutario globale diversificato“, ha dichiarato la Rousseff alla riunione annuale della NDB. “In futuro, è improbabile che una sola valuta possa dominare il sistema valutario mondiale. Vedremo più valute locali utilizzate per regolare gli scambi commerciali“, ha aggiunto la presidente della NDB.

La Nuova Banca di Sviluppo ha già emesso obbligazioni denominate nella valuta cinese, il renminbi. Il vicepremier cinese Ding Xuexiang ha dichiarato, in occasione dell’incontro annuale della banca BRICS, che “la NDB è progettata per servire meglio le economie emergenti finanziando un maggior numero di costruzioni di infrastrutture e progetti sostenibili“.

Il punto di vista della Rousseff, secondo cui il mondo si sta trasformando in un ordine monetario multipolare, è stato riconosciuto anche da alcuni media mainstream e analisti occidentali.

A marzo, la presidente del comitato editoriale del Financial Times, Gillian Tett, ha esortato gli investitori a “prepararsi a un mondo a valuta multipolare“. Il famoso economista Zoltan Pozsar ha scritto sul Financial Times di gennaio che “l’era unipolare” dell’egemonia statunitense è finita ed è stata sostituita da un ordine “multipolare” di “un mondo, due sistemi“. Pozsar, che la stampa finanziaria ha definito una “superstar“, ha osservato che “il ritmo della de-dollarizzazione sembra essersi accelerato“, con un numero sempre maggiore di Paesi interessati ai BRICS che commerciano nelle proprie valute. Se il commercio viene fatturato meno in dollari e il riciclaggio delle eccedenze di dollari in attività di riserva tradizionali come i Treasuries si riduce, il “privilegio esorbitante che il dollaro detiene come valuta di riserva internazionale potrebbe essere messo in discussione“, ha avvertito Pozsar.

Come la Banca Mondiale è controllata dagli Stati Uniti

In media, il 7,5% degli aiuti della Banca Mondiale ai paesi più poveri non serve a finanziare i progetti di sviluppo per cui sono stati erogati ma finisce alle élite di questi paesi e quindi nei paradisi fiscali. È quanto emerge da uno studio a cui ha partecipato la stessa Banca Mondiale, che però si è a lungo rifiutata di pubblicarlo, sino a che è stata costretta a farlo quando uno degli autori, esterno alla Banca, lo ha messo autonomamente online. Nei paesi maggiormente dipendenti dagli aiuti internazionali, la percentuale sottratta ai progetti di sviluppo e dirottata verso i paradisi fiscali raggiunge il 15%.

A differenza della Banca Mondiale, la Nuova Banca di Sviluppo è un’istituzione realmente multilaterale, non dominata da una sola potenza. L’accordo di fondazione del 2014 stabilisce che il “capitale iniziale sottoscritto della NDB sarà equamente distribuito tra i membri fondatorie che il potere di voto di ciascun membro sarà pari alle quote sottoscritte nel capitale sociale della Banca“.

Nessun Paese ha potere di veto nella NDB. L’accordo di fondazione della NDB prevedeva anche che: “Il Presidente della Banca sarà eletto a rotazione da uno dei membri fondatori e ci sarà almeno un Vicepresidente per ciascuno degli altri membri fondatori“. La Banca Mondiale è completamente diversa. Questa istituzione è essenzialmente controllata dagli Stati Uniti e ha sede fisica a Washington.

La banca afferma chiaramente sul suo sito web che gli Stati Uniti “rimangono oggi il più grande azionista del Gruppo della Banca Mondiale“, vantandosi del fatto che “come unico azionista del Gruppo della Banca Mondiale che mantiene il potere di veto su alcuni cambiamenti nella struttura della Banca, gli Stati Uniti svolgono un ruolo unico nell’influenzare e plasmare le priorità dello sviluppo globale“. Il sito web della banca ammette inoltre che “tradizionalmente il Presidente della Banca Mondiale è sempre stato un cittadino statunitense nominato dagli Stati Uniti“.

Gli Stati Uniti hanno il 15,81% di potere di voto nel braccio creditizio del Gruppo Banca Mondiale, la Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BIRS). Nessun altro Paese ci si avvicina neanche lontanamente.

Quando i Paesi debitori non sono in grado di ripagare la Banca Mondiale (o il FMI), l’istituzione controllata dagli Stati Uniti impone spesso dure politiche economiche neoliberiste, come parte di un programma di “aggiustamento strutturale“, che richiede al governo di tagliare i servizi sociali, abbassare i salari, tagliare le pensioni, ridurre la spesa per la sanità e l’istruzione, porre fine ai sussidi, privatizzare le imprese statali e deregolamentare i mercati.

Al secondo posto per potere di voto c’è il Giappone, con il 7,22%. Nonostante abbia una popolazione quattro volte superiore a quella degli Stati Uniti, la Cina ha una quota di voti pari solo al 5,60%. La Germania ha il 4,30% e la Gran Bretagna il 3,81%.

L’India, con una popolazione di oltre 1,4 miliardi di persone, è a pari merito con la Francia, che ha meno di 66 milioni di abitanti; ciascuna di esse ha il 3,81% del potere di voto della Banca Mondiale.

La Russia ha solo il 2,88%. Il Canada ha il 2,56% e l’Italia il 2,50%.

Manifesto Sovietico, 1984: «La politica degli Stati Uniti è un ricatto»

La Banca Mondiale agisce come una sorta di istituzione neocoloniale, dominata dalle potenze occidentali.

Non è tanto la Banca Mondiale quanto la Banca di Washington.

Insieme al suo fratello finanziario di Bretton Woods, il Fondo Monetario Internazionale (FMI), anch’esso dominato dagli Stati Uniti, la Banca Mondiale è nota per aver intrappolato i Paesi del Sud del mondo in un debito odioso.

Quando i Paesi debitori non sono in grado di ripagare la Banca Mondiale (o il FMI), l’istituzione controllata dagli Stati Uniti impone spesso dure politiche economiche neoliberiste, come parte di un programma di “aggiustamento strutturale“, che richiede al governo di tagliare i servizi sociali, abbassare i salari, tagliare le pensioni, ridurre la spesa per la sanità e l’istruzione, porre fine ai sussidi, privatizzare le imprese statali e deregolamentare i mercati.

IL DOMINIO FINANZIARIO NEOCOLONIALE, IL FMI E LA BANCA MONDIALE (leggi)

L’ex consulente John Perkins, nel suo libro Confessioni di un sicario dell’economia (scarica il libro, ndr), ha descritto la Banca Mondiale come un “agente dell’impero globale” che aiuta a “truffare” i Paesi poveri del Sud del mondo “togliendo loro trilioni di dollari“, per poi “incanalare il denaro… nelle casse di enormi società e nelle tasche di poche famiglie ricche che controllano le risorse naturali del pianeta”.

Perkins ha aggiunto che i “sicari dell’economia” della Banca Mondiale e di altre istituzioni simili dominate dagli Stati Uniti “giocano un gioco vecchio come l’impero“.


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