Putin è di destra o di sinistra? La necessità di una lettura antimperialista. I rivoluzionari di Cuba, Venezuela, Bolivia e Nicaragua lo reputano un alleato strategico

In risposta ai molti deliranti articoli che appaiono in questi giorni sui “nostri” mass-media. Ignorantia imperat

di Omar Minniti

Putin è un prodotto della storia, della cultura e delle tradizioni russe.
Chi pensa di catalogare Putin secondo le etichette della politologia occidentale, sbaglia di grosso. Putin è un prodotto della storia, della cultura e delle tradizioni russe. E’ stato iscritto per decenni al partito comunista ed ha fatto parte del Kgb, ma oggi è leader di una formazione centrista, dentro cui coesistono liberali e nostalgici del socialismo. Ha criticato più volte la Rivoluzione d’Ottobre e Lenin, ma ha bollato il crollo dell’Unione Sovietica come una terribile catastrofe ed ha rivalutato Stalin. Viene apprezzato anche da elementi delle destre radicali, però in Russia ha sempre esaltato i valori dell’antifascismo e della Grande Guerra Patriottica, facendo approvare leggi severe contro le formazioni neonaziste.

I rivoluzionari di Cuba, Venezuela e Bolivia lo reputano un alleato strategico
Putin ha ripristinato lo storico inno dell’Urss, cambiandone il testo ed aggiungendo riferimenti religiosi. Sotto la sua presidenza, durante gli eventi ufficiali, l’aquila bicipite dei Romanov e le icone ortodosse si alternano alla stella rossa ed alla falce e martello, che a volte vengono esibiti contemporaneamente. Ha sanzionato la propaganda omosessuale tra i minorenni, ma le sue Mosca e San Pietroburgo sono capitali del turismo gay mondiale. Ha colpito spietatamente i terroristi jihadisti interni ed esterni, ma la maggior parte dei musulmani russi (il 15% della popolazione) lo sostiene e gode di ampia libertà religiosa. I rivoluzionari di Cuba, Venezuela e Bolivia lo reputano un alleato strategico, però la sua politica estera multipolare non gli impedisce di stringere accordi vantaggiosi per il suo paese con Orban, Erdogan ed i sauditi.

Putin è di sinistra? E’ di destra? No, Putin è… Putin il russo e basta.
Putin è di sinistra? E’ di destra? E’ un compagno o un camerata? E’ uno zarista o un comunista camuffato? No, Putin è… Putin il russo e basta. E, per le forze antimperialiste ed i paesi socialisti e sovrani, è un bene che ci sia e che continui a svolgere questo ruolo fondamentale.

 

Venezuela, Cuba, Russia e la necessità di una lettura antimperialista

di Alessandro Pascale

Schierare infrastrutture militari russe a Cuba, in Venezuela e in Nicaragua? Dipende dalle azioni dell’imperialismo USA

Come spiega Correo del Orinoco [1], “Russia e il Venezuela sono diventati paesi fratelli, alleati nello sviluppo di un’intensa dinamica di cooperazione bilaterale e coordinamento politico internazionale, con l’obiettivo di promuovere la pace e la giustizia nelle relazioni internazionali.” Non stupisce quindi che il Presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela, Nicolas Maduro Moros, in nome del popolo venezuelano, si sia congratulato con il Presidente della Federazione Russa, Vladimir Vladimirovich Putin, rieletto per il periodo 2018-2024, e “con il glorioso popolo russo per la dimostrazione di civiltà, alta consapevolezza politica e profondo impegno per la democrazia nell’importante e storica giornata elettorale” (sempre da Correo del Orinoco).

Ci sono ancora molti che non hanno capito il ruolo progressivo svolto dalla Russia nel supportare economicamente il Venezuela in un contesto di assedio imperialista teso dagli USA e dai loro alleati per destabilizzare uno dei centri vitali della Resistenza antimperialista dell’America Latina. Senza il sostegno della Cina e della Russia il Venezuela sarebbe probabilmente crollato politicamente a causa dell’intensa destabilizzazione costruita ad arte dalla CIA secondo la migliore tradizione golpista che la caratterizza per tutto il secondo ‘900. È doveroso tra l’altro mostrare le somiglianze tra le recenti “rivoluzioni colorate” e i golpe organizzati dalla CIA in Iran nel 1953 o in Guatemala nel 1954, per intuire come siano andate nel dettaglio le cose anche negli ultimi anni in Ucraina, Libia e Siria. Peraltro abbiamo già molte prove sulle responsabilità statunitensi (e non solo) anche senza la visione dei documenti desecretati dei decenni passati, già pienamente raccontati e disponibili in diversa letteratura storico-giornalistica.

Eppure lo sconforto è pensare che ci sarà invece nella sinistra ignara (o complice) qualcuno che oserà dare del “dittatore” o del “rossobruno” anche a Maduro e alla Repubblica Bolivariana del Venezuela, facilitando il lavoro mass-mediatico teso a criminalizzare un esempio di emancipazione autonoma e di Resistenza Antimperialista.

 Chiunque può scegliere il percorso interpretativo e l’ottica di classe che preferisce, ma qui si ritiene di poter dire tranquillamente che chi difende Cuba deve difendere anche il Venezuela. E chi vuole difendere il Venezuela deve capire il ruolo progressivo giocato dalla Russia di Putin oggi nel mondo.

Alcuni di questi dimenticano che lo stesso hanno fatto con Cuba per anni, e a qualcun altro (ad esempio D’Alema) bisognerebbe chiedere se considerino l’esperienza cubana rivoluzionaria uno “Stato socialista dei lavoratori” da difendere ancora contro l’Impero, oppure se la considerino opportunisticamente una “dittatura” che avrebbe bisogno di “riforme”, dimenticando la differenza qualitativa tra la “dittatura della borghesia” e la “dittatura del proletariato”. La “dittatura del proletariato” di Cuba, così come quella dell’URSS dell’epoca Lenin-Stalin, dimostra come la connessione sentimentale tra un popolo e le sue istituzioni possa essere tale da poter esprimere in maniera sostanziale e non puramente formale la democrazia, attraverso la partecipazione popolare consentita dalla salvaguardia dei diritti sociali di tutti. La forza di un simile regime è infatti nella dignità di sapere che, anche se la vita può essere oggettivamente dura, ciò accade perché ti trovi assediato e messo sotto embargo economico dagli altri Paesi dell’Impero; e ti incazzi perché sai che si stava solo cercando di rendere la vita migliore per tutti, con una riforma agraria o con il controllo delle banche, danneggiando quell’1% della popolazione che controllava e decideva tutto vivendo nel privilegio senza alcun merito se non di sangue o di censo. La dignità sta allora nel sapere che quel partito comunista che sta al potere, lo ha fatto per permetterti di alzare la testa, di non dover arricchire più nessun padrone o signore a cui dover rendere omaggio e di cui aver costantemente paura. Capisci che ha fatto bene, e cammini a testa alta potendo essere orgoglioso di sapere che stai contribuendo a costruire non solo un esempio storico di Resistenza all’asservimento (perfino quello inconsapevole di molti nuovi schiavi) ma soprattutto una società più giusta, equa, umana e solidale dove l’accesso all’istruzione e alla sanità sono liberi e gratuiti come beni primari, e in cui non si lascia indietro nessun innocente, come avviene invece anche nel nostro Paese dove ogni inverno muoiono quotidianamente per il gelo senzatetto, migranti e vagabondi a cui non è stato lasciato nulla se non un sacco a pelo sulla strada per la notte.

Il Venezuela peraltro non è una “dittatura del proletariato”, quindi è anche più facile difenderlo contro le accuse dei mass-media “liberali” che periodicamente insinuano dubbi sulla regolarità delle sue elezioni, dimenticando che il proprio stesso Paese (Italia 2011) ha subito una destabilizzazione finanziaria internazionale che ha fatto cadere un Governo (Berlusconi). Chiunque può scegliere il percorso interpretativo e l’ottica di classe che preferisce, ma qui si ritiene di poter dire tranquillamente che chi difende Cuba deve difendere anche il Venezuela. E chi vuole difendere il Venezuela deve capire il ruolo progressivo giocato dalla Russia di Putin oggi nel mondo. Deve essere chiaro che la Russia di Putin non è al momento uno Stato fascista o autoritario, ma neanche uno Stato socialista. È una democrazia liberale a forti tratti populisti e patriottici che però si fonda sulla connessione sentimentale con Putin di un popolo che comprende la maggioranza della classe operaia, nella quale comunque rimane e opera politicamente un nocciolo duro comunista, oltre che un ampio settore della borghesia di ogni strato (sarebbe interessante capire come hanno votato gli “oligarchi”). Putin verrebbe probabilmente definito da Weber un esempio di “capo carismatico”, da Marx un leader dai tratti bonapartisti ma con funzioni storicamente progressive. In effetti Putin ha saputo ridare dignità ad un popolo che con la destabilizzazione e il crollo dell’URSS era piombato per un decennio in una semi-anarchia caratterizzata dal furto di 70 anni di conquiste per i lavoratori. L’ex membro del KGB è stato di recente pubblicamente critico verso gli eccessi del leninismo [2] ma non della progressività dell’URSS (e della direzione di Stalin) nel suo complesso; sulla connessione popolare con questi elementi ha declinato la “nostalgia sovietica” verso una politica di recupero della sovranità nazionale e avviando una prudente linea riformista di sviluppo socio-economico. Con tale strategia ha migliorato le condizioni di ampi settori della popolazione, elevando un pezzo di proletariato alla condizione di ceto medio e soprattutto ridando dignità ad un popolo che dopo 70 anni aveva perso la propria identità nazionale, ricostruendola collettivamente (in un processo di “nation ribuilding”) nel recupero di un sentimento nazionale russo fondato su una forte etica collettivista e solidale, la quale difficilmente non c’entra nulla con l’educazione morale antirazzista e internazionalista sovietica. La guida di Putin ha avuto successo anche per la capacità di attuare una forte politica di difesa degli interessi nazionali che ha posto sotto controllo le oligarchie finanziarie e di recuperare la sovranità nazionale del Paese liberandolo dalle ingerenze dell’imperialismo occidentale (gli anni di Eltsin e il ruolo esercitato dalle OGN nel fomentare con scarso successo opposizioni liberali “filo-occidentali”), reagendo politicamente (Ucraina) e militarmente (Siria) alle offensive imperialiste della NATO decise a Washington. Constatato ciò si può affermare che la Russia a livello internazionale stia svolgendo una funzione progressiva nel contrapporsi in una certa misura all’aggressività ed alle manovre guerrafondaie dell’imperialismo occidentale (guidato dagli USA).

La Russia è quindi uno Stato antimperialista? Dipende cosa intendiamo per antimperialismo. Chi lo interpreta come la riproposizione dell’internazionalismo proletario tipico del COMINTERN, non può certamente ammettere che la Russia sia tale, non essendo un Paese socialista e non aiutando tutti gli altri popoli in maniera disinteressata come faceva l’URSS. Chi lo interpreta come un Paese imperialista in fase di scontro con altri imperialismi fornisce una lettura rigida e a mio avviso ormai insufficiente dell’interpretazione leninista, mancando di rilevare la differenza qualitativa tra l’imperialismo aggressivo, violento e militaresco dell’Occidente e quello russo, fondato certamente anche sull’esportazione di capitali e su altre caratteristiche descritte da Lenin, ma non dal violento tentativo espansionistico internazionale (almeno per ora), bensì su una cooperazione economica pacifica che è oggi la formula migliore per danneggiare gli interessi delle multinazionali occidentali, ossia il fondamento strutturale dell’imperialismo moderno. La scelta della cooperazione economica pacifica è d’altronde la stessa tattica attuata dalla Cina, la quale però è guidata da un Governo comunista e porta avanti un percorso di preparazione delle condizioni per la costruzione del socialismo, il che peraltro la rende ancor meno definibile come “blocco imperialista”. Chi invece non interpreta la realtà sulla base della categoria imperialista (esempi: l’elettorato della Bonino, del PD e in molti casi anche di Sinistra Italiana e Potere al Popolo) è totalmente in balìa della propaganda occidentale e guardando a Russia e Cina non vedrà altro che dittature mascherate di stampo fascistoide, non capendoci assolutamente nulla e scambiando l’aggredito per l’aggressore.

Come uscirne quindi? Occorre capire che la teoria dell’imperialismo è il punto di partenza fondamentale ma che occorre aggiornare tale analitica alle lezioni storiche dell’ultimo secolo, capendo che oggi uno Stato può svolgere una funzione progressiva (anche se non antimperialista in senso assoluto) nell’ambito delle relazioni internazionali (la lotta di classe mondiale) decidendo di opporsi all’imperialismo degli USA. Questo vuol dire forse che bisogna essere dei fan di Putin? Certo che no. Significa solo riconoscere che in questa fase storica egli svolge una funzione progressiva per i popoli del mondo che stanno cercando di tutelare la propria sovranità nazionale al fine di avanzare verso maggiori conquiste sociali (e qui ritroviamo il Venezuela e Cuba). Lo ammettono anche i comunisti russi peraltro, e bisognerebbe imparare ad ascoltare e leggere le analisi di organizzazioni comuniste estere capaci di andare in doppia cifra.

Occorre allora abbandonare la categoria dell’anticapitalismo per privilegiare unicamente l’ottica dell’antimperialismo? Certo che no. Significa solo capire che, nella mancanza di un’Internazionale Comunista e nella ristrettezza della lotta politica svolta a livello nazionale, un’opzione anticapitalista e socialista si può declinare solo se unisce un’ottica anticapitalista e antimperialista, le quali a questo punto risultano inestricabilmente e dialetticamente connesse. L’assenza in Occidente di margini riformisti e keynesiani per uscire dalla crisi dipende infatti dalla permanenza delle strutture imperialiste attualmente esistenti (NATO e UE le principali) e dall’impossibilità ormai strutturale per noi occidentali di poter declinare una politica interna ed estera in maniera autonoma e libera rispetto ai vincoli posti da tali strutture a cui l’Occidente è legato con un cappio al collo. Ecco perché  chiunque si batta per il progresso sociale, e quindi in primis i comunisti, non può far altro che porre la questione dell’uscita del Paese dalla NATO e dall’UE, con un’inevitabile sconvolgimento economico-politico tale da non poter condurre ad altro che a due possibili uscite: o la reazione tremenda e terribile della borghesia più reazionaria, costretta a quel punto a governare con il manganello non essendo più sufficiente il doppiopetto, oppure l’avvio di un processo rivoluzionario che porti all’affermazione di un nuovo ordine, portato necessariamente a razionalizzare e pianificare la produzione economica per soddisfare tutti i bisogni essenziali della popolazione. Chi pensi che tutto sommato oggi le cose non vanno così male sarà costretto a ricredersi con il tempo, e potrà al limite crogiolarsi in una vita minimal sostenuta dal reddito di cittadinanza. Non ci sono insomma oggi molte altre alternative possibili per il futuro dell’Occidente capitalista. Questa ultima strada, quella dell’indifferenza e della passività, eviterà forse di morire di fame, ma non eliminerà la schiavitù e non ridarà dignità ad un popolo. la speranza è invece che possa servire a farlo respirare e riprendere fiato per lanciare un nuovo assalto al cielo. Essere coscienti di ciò che accade nel mondo e mantenere una visione antimperialista adeguata è il primo passo per capire anche come affrontare il tema della proposta politica attuale, la quale deve rimettere al centro la questione della conquista del potere da parte del mondo del Lavoro. Tale proposta non può che essere fatta da un’organizzazione politica rivoluzionaria anticapitalista, antimperialista e comunista, capace di diffondere queste idee e analisi tra le masse popolari attuando anche in questa maniera una ricostruzione di casematte strategiche su tutto il territorio nazionale. Ora come ieri “il proletariato nella sua lotta con la borghesia per il potere ha soltanto un’arma: l’organizzazione” (Lenin). E ora come un secolo fa il bivio rimane lo stesso: o socialismo o barbarie.

NOTE

1 Correo del Orinoco, “Le nostre sfide contro l’imperialismo sono comuni”. Il Venezuela si congratula con Putin per la schiacciante vittoria”, “L’Antidiplomatico”, pubblicato tradotto dalla Redazione il 18 marzo 2018 e disponibile su https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-le_nostre_sfide_contro_limperialismo_sono_comuni_il_venezuela_si_congratula_con_putin_per_la_schiacciante_vittoria/82_23423/. 

2 Vedi “Putin su Lenin e il comunismo”, 25 gennaio 2016, video-intervista disponibile su https://www.youtube.com/watch?v=Xz5ZDhycMxs.

Pubblicato in Attualità, Cuba, Internazionale, Svizzera

ARCHIVI