SOCIALISMO E GIOVENTÙ

La sinistra ha il dovere morale di fornire una bussola ai nostri popoli in lotta e resistenza. Le generazioni di ieri avevano degli eroi, degli intellettuali organici; quelle di oggi hanno degli “influencer”. 

Di Marxlenin Pérez Valdés, Dr. C. e professoressa di marxismo, Facoltà di Filosofia e Storia, Università dell’Avana. Conduttrice del nuovo programma televisivo “Cuadrando la Caja”

Fonte:
Traduzione e aggiunte: GFJ
20 febbraio 2023

Marxlenin Pérez Valdés con Ramón Labañino

È essenziale affrontare il socialismo, così come la gioventù, entrambi concetti polisemici e complessi, da un punto di vista teorico (ricordate che non si tratta mai di socialismo e gioventù, ma di socialismi e gioventù). Farlo a partire dalla loro interrelazione è un compito strategico urgente per il nostro lavoro di mobilitazione.

Confesso che non sono qui per parlare a nome dei giovani, ma chi meglio dei giovani – anch’essi riuniti qui oggi – può dare voce ai loro pensieri? Vengo a proporre di collegarmi al tema “socialismo e gioventù“, a partire da un’analisi ermeneutica e naturalmente marxista.

Permettetemi, quindi, di condividere con voi alcune idee e temi, con l’intenzione che, più che punti di arrivo, siano punti di partenza per il dibattito.

Parto da due domande:

Come interpretare e comprendere il rapporto tra socialismo e giovani?
Che ruolo dovrebbero avere le pubblicazioni di sinistra in questo ambito?

Come interpretare e comprendere il rapporto tra socialismo e gioventù?

Socialismo e gioventù sono simili. Entrambi sono costruzioni sociali con forti determinazioni storiche, che ci parlano di transito. Percorsi che devono essere necessariamente attraversati, nella costruzione di quel diverso che entrambi saranno domani, qualitativamente diverso; preferibilmente superiore. Per questo entrambi sono anche movimento, cambiamento, contraddizione, lotta, rottura, flusso, complessità.

Il socialismo non può essere passivo, né conformista, così come non lo è la gioventù: che cos’è la gioventù, in fondo, se non una forza rivoluzionaria? Così come lo è il socialismo, concepito per trasformare il vecchio mondo alla ricerca di uno nuovo.

Pertanto, il socialismo ha bisogno dei giovani per esistere. Delle loro capacità di creare con creatività. Il loro slancio e la loro forza di conquista. Il loro desiderio e la loro volontà di agire attivamente. Le loro energie per trasformare se stessi e gli altri.

Salvare il socialismo è quindi anche un modo per salvare i giovani. Per raggiungere questo obiettivo, il percorso di paradossi e sfide da affrontare si scontra direttamente con l’immagine del mondo proiettata dal capitalismo, in cui si autolegittima come l’unico e il migliore dei mondi possibili. Dovremo sfidare quella che Fidel Castro ha definito: “l’invasione culturale, distruttrice delle nostre identità, arma nucleare del XXI secolo per il dominio del mondo“.

Pertanto, solo salvandoci dalla barbarie che il capitalismo riproduce, possiamo salvare l’umanità, e in questa grande opera la gioventù è essenziale. Non è un caso che il capitalismo, tra i suoi tanti fronti, punti costantemente a minare la forza e la missione storica della gioventù come vessillo del futuro. E a questo scopo produce ogni tipo di congegno. Crea senza sosta oggetti – materiali e spirituali – con cui ancorarci tutti, ma con un’enfasi sulla gioventù e sull’infanzia, nel letargo dell’obsolescenza programmata.

La prima pagina del Manifesto comunista di Karl Marx e Friedrich Engels dell'anno 1848. Sueddeutsche Zeitung Photo / Alamy Foto Stock

E con essa ci condanna a una liquidità insopportabile, dove – come sottolineava Karl Marx nel suo Manifesto comunista (v. pdf. ndt)- “tutto ciò che è solido svanisce nel nulla“. Una leggerezza che condanna in primo luogo ogni tentativo di pensare criticamente, ogni sforzo sovversivo che vi si opponga.

In questo scenario problematico, diventa essenziale chiedersi: come proiettare e appropriarsi del rapporto tra socialismo e gioventù oggi, affinché rimanga un’identità e non un’antinomia? Perché questo binomio (socialismo e gioventù) non sia dissociato. Perché non si frammenti in un rapporto di ostilità e opposizione.

Se il socialismo è la transizione, chiediamoci: verso dove vogliono andare i giovani? Quali simboli li identificano: quelli del socialismo, del comunismo o quelli del capitalismo? Quali valori li definiscono: la giustizia sociale, la solidarietà, l’internazionalismo, la lotta collettiva o, al contrario, la competizione, la commercializzazione, l’apatia, l’indifferenza verso gli altri, il consumismo?

Il fatto è che la lotta tra socialismo e capitalismo assume la forma di una profonda guerra mediatico-culturale, in tutte le sue dimensioni. Pertanto, il problema della comunicazione deve occupare un posto centrale per la sinistra, ponendo l’accento sul lavoro attivo delle sue pubblicazioni e dei suoi media in generale.

Il Primo incontro internazionale delle pubblicazioni teoriche dei partiti e movimenti politici di sinistra si è tenuto all'Avana nei giorni scorsi nell'ambito della 31ª “Fiera Internazionale del Libro dell'Avana

Che ruolo dovrebbero avere le pubblicazioni di sinistra di fronte a questo problema?

In primo luogo, assumere l’importanza strategica che la comunicazione sociale acquisisce in questa guerra. In secondo luogo, intraprendere un duplice movimento simultaneo. Da un lato, la decostruzione dell’appropriazione capitalistica dell’attuale stato di cose. Dall’altro, la costruzione di una nuova egemonia di carattere socialista.

Nell’era della comunicazione digitale, il potere è detenuto dai grandi monopoli borghesi dell’informazione e della comunicazione. Oggi, esistere significa essere percepiti dai media egemoni. Il potere è detenuto dai grandi monopoli borghesi della (dis)informazione e della (in)comunicazione.

In questo senso, attraverso i suoi media (ma non solo), la sinistra ha il dovere di conquistare la rete della società civile, come spazio per eccellenza della contro-egemonia.

La sinistra ha il dovere morale di fornire una bussola ai nostri popoli in lotta e resistenza. Le generazioni di ieri avevano degli eroi, degli intellettuali organici; quelle di oggi hanno degli “influencer”. Chi imitano i giovani di oggi? i loro insegnanti, i loro politici, i loro genitori, o quelli che con due o tre algoritmi matematici decidono? Chi sono e chi incarnano i modelli di comportamento che guidano la vita dei bambini, degli adolescenti, dei giovani e degli adulti di questi tempi?

Il quadro globale è quello di una profonda crisi della spiritualità e della soggettività, al centro della quale ci sono i più giovani. Essi sono il bersaglio per eccellenza della banalità, della superficialità, della mediocrità e della commercializzazione che inonda le reti virtuali.

Pertanto, dobbiamo articolarci collettivamente e organicamente, in una battaglia di idee che condizioni una produzione di significati emancipatori; vale a dire: rivoluzionari, umanisti, comunisti. Dove le nostre identità, i nostri costumi, le nostre culture e le nostre storie non vengono annullate, ma al contrario, dove la nostra diversità, la nostra pluralità, viene enfatizzata. Creare le condizioni per rafforzare queste particolarità, in modo che le nostre radici possano resistere all’assalto dell’industria capitalista nella sua smania di omogeneizzare e standardizzare gli esseri umani. Influenzare il cambiamento di mentalità – soprattutto in età precoce – attraverso contenuti onesti, creativi, originali e intelligenti. Ridefinire l’idea di attrattività e le sue rappresentazioni, in altre parole: lottare contro l’estetica capitalista, di per sé feticista, che aliena e rende oggetti.

“E quale gioventù vogliamo? Vogliamo forse una gioventù che semplicemente ascolti e ripeta? No! Vogliamo una gioventù che pensi. Una gioventù, forse, che sia rivoluzionaria imitandoci? No! ma una gioventù che impari da sé ad essere rivoluzionaria, una gioventù che si convinca da sé, una gioventù che sviluppi pienamente il suo pensiero”. Fidel Castro, dal Discorso pronunciato in occasione della cerimonia in omaggio ai martiri dell’assalto al Palazzo Presidenziale, sulla scalinata dell’Università dell’Avana, il 13 marzo 1962.

Ma dobbiamo anche ripensare l’idea di intrattenimento, il che ci costringe a ricostruire la nozione di tempo libero. I giovani ci chiedono di non essere noiosi, quindi come possiamo creare contenuti che, essendo socialisti, non siano noiosi, se i modi in cui rappresentiamo l’intrattenimento a noi stessi sono stati in gran parte prodotti dall’industria dell’intrattenimento capitalista e colonizzatrice?

Sappiamo cosa leggono i giovani di oggi? Cosa vedono? Quali sono i loro interessi? Quante delle nostre pubblicazioni di sinistra sono fatte da giovani? Vi partecipano? In che modo lo fanno? Possiamo avere testi e opere di ottima qualità, ma finché non raggiungeranno i giovani, non avranno raggiunto la loro ragion d’essere.

È necessario che le nostre pubblicazioni, ma anche i nostri programmi radiotelevisivi, internet, diano nuovi significati ai concetti che il capitalismo ha confiscato e soppiantato, come: socialismo, comunismo, democrazia, libertà, marxismo, patria, cultura, ecc. Per restituire loro il loro contenuto vero, filosofico, sovversivo; per rendere politicamente possibile un progresso intellettuale delle maggioranze e non solo di pochi gruppi isolati.

Dobbiamo saper raccontare ciò che sta accadendo alla sinistra, non in maniera disgiunta, ma nella sua lotta di classe contro la borghesia. E farlo con i codici della gioventù, nello stesso modo in cui stiamo costruendo nuovi codici. I nostri. Ma per questo, da buoni ermeneuti, dovremo prima costruire il lettore della sinistra. Capire che le pubblicazioni di sinistra sono di per sé movimenti di guerriglia. Portabandiera di una lotta in cui la cultura deve essere intesa come un potente campo di battaglia. Farle diventare piattaforme di accesso al dialogo globale e condizionare la comunicazione come soggetto storico-universale.

Che la causa del socialismo per la libertà umana come obiettivo comune ci chiami alla solidarietà, alla connessione e all’unità tra le nostre pubblicazioni e i nostri media. Solo un obiettivo solido può darci uno scopo non effimero, ma al contrario un significato che si inscriva nel tempo. Questo obiettivo è l’emancipazione verso una società essenzialmente umanizzata.

Dagli apparati ideologici della borghesia escono luoghi comuni e slogan caricaturali di noi, come quello che ripete: “la sinistra è debole“. Una costruzione sociale, estetica, politica e ideologica che, come tante altre, cerca di disarmare qualsiasi tentativo concreto di rivoluzionare la realtà.

E vi chiedo: incontrarsi qui in questi giorni non è forse sufficiente per dimostrare che non siamo deboli? Dare voce agli oppressi, ai dannati della terra, ai ribelli. Non solo in un’azione propagandistica, ma soprattutto in un’azione educativa, istruttiva, costruttiva del soggetto rivoluzionario di cui abbiamo bisogno. Per questo, non c’è altro modo che associarsi, sensibilizzare e coalizzare le diversità verso la causa comune, che è la conquista di un mondo migliore. E in questo sforzo educativo, l’insegnamento fin dalla prima ora della filosofia, dell’arte e, d’ora in poi, dell’insegnamento del marxismo critico, deve occupare un posto centrale.

Accompagnare, a partire dai nostri spazi, tutti i movimenti di trasformazione che si oppongono al capitalismo. Ripristinare la speranza, quella stessa speranza che il capitalismo si ostina a cooptare, perché ha bisogno di fingere di essere insormontabile, per cui riproduce individui pessimisti, depressi, senza speranza.

La storia come antidoto. La protezione della memoria storica come chiave per sviluppare la coscienza socialista e rivoluzionaria nei nostri popoli. Integrarsi, rompere gli schemi, mobilitarsi, contestare il senso della borghesia, impegnarsi per la verità, per le cause giuste e degne, trasformarlo in un atteggiamento verso la vita e porre i giovani come protagonisti.

Ai giovani rivoluzionari, specialmente, raccomando la massima determinazione e una disciplina ferrea, senza ambizioni di potere, autosufficienza o vanagloria. Attenzione ai metodi e ai meccanismi burocratici. Non perdetevi in semplici slogan!" Fidel Castro

Fidel Castro affermava: “Credere nei giovani significa vedere in loro, oltre all’entusiasmo, la capacità; oltre all’energia, la responsabilità; oltre alla gioventù, il duro lavoro, l’eroismo, il carattere, la volontà, l’amore per la Patria, la fede nella Patria! L’amore per la Rivoluzione, la fede nella Rivoluzione, la fiducia in se stessi, la profonda convinzione che la gioventù può, che la gioventù è capace, la profonda convinzione che i grandi compiti possono essere posti sulle spalle dei giovani!


Vedi anche:

Ai giovani rivoluzionari. Di Fidel Castro

Fidel e i giovani creatori

I giovani, il popolo e la Cuba di oggi

Pubblicato in Attualità, Cuba, Cultura, Internazionale, Svizzera

ARCHIVI