La politica estera di Cuba è associata alla fratellanza con le giuste cause dei popoli

La diplomazia cubana è un pilastro della costruzione socialista

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Traduzione e aggiunte: G.Federico Jauch
26 dicembre 2023

Cuba, nelle parole di Fidel, ha accompagnato le cause più giuste dell'umanità.

I cubani e gli amici del resto del mondo si preparano a celebrare il 65° anniversario del trionfo della Rivoluzione cubana. Si possono e si devono dire tante cose per spiegare la sua esistenza, ma il solo fatto che sia stata la prima rivoluzione socialista di lingua spagnola – che le conferisce una valenza unica al mondo -, ne specifica il luogo e anche la portata universale.

Nessuna analisi di questo tema potrebbe iniziare senza stabilire che Cuba ha avuto un privilegio eccezionale: il pensiero e le azioni del leader storico della Rivoluzione, il Comandante in Capo Fidel Castro Ruz. È impossibile comprendere la logica e i successi nella sfera esterna senza la sua impronta.

La Rivoluzione, ovviamente, è l’opera di un intero popolo; ma anche in base a questa premessa, si può dire che, senza la politica estera che l’ha caratterizzata, difficilmente esisterebbe.

Il sistema di relazioni internazionali del Paese è, in senso stretto, uno dei pilastri della costruzione del socialismo a Cuba, in quanto custode, per quanto lo riguarda, della sovranità e dell’indipendenza nazionale. Questo sistema di relazioni estere è quindi uno straordinario scudo difensivo per l’isola.

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Naturalmente, il maggior deterrente per il nemico si è sempre basato sulla forza militare delle Forze Armate Rivoluzionarie (FAR), che all’inizio avevano l’appoggio dell’allora URSS, e sulla dottrina stessa della guerra di tutto il popolo; ma anche, fin dall’inizio, l’impero ha calcolato i costi internazionali che avrebbe dovuto pagare per un’invasione, dall’inizio alla fine della guerra.

Il prestigio internazionale della Rivoluzione, per i suoi stessi meriti storici, costituisce un’altra delle colonne portanti; la temerarietà di sfidare l’imperialismo statunitense a soli 180 chilometri di distanza ha dimostrato, tra lo stupore di amici e avversari, che l’arroganza imperiale non solo poteva essere affrontata, ma anche sconfitta.

UNA RIVOLUZIONE BASATA SUI PRINCIPI

La Cuba rivoluzionaria  ha assunto il principio fidelista di cambiare ciò che deve essere cambiato, con professionalità e prudenza, seguendo il senso dell'opportunità.

La politica estera rivoluzionaria si basa su principi che sono stati mantenuti negli ultimi sei decenni e mezzo, nonostante gli alti e bassi della storia e la dialettica degli eventi.

Tra gli altri, i principi inalterabili sono il rispetto delle norme che regolano il diritto internazionale; il senso della giustizia universale, dell’uguaglianza delle nazioni, senza distinzione di dimensioni, potenza militare o economica; il senso di solidarietà che ci rende più umani; il rispetto della pace, della sovranità e dell’autodeterminazione dei popoli.

Da questa cultura di principio è emersa una statura morale che, secondo gli studiosi stranieri, ha posto questo piccolo arcipelago al livello di una grande potenza nel concerto delle nazioni, in disproporzione ai parametri universali per tale qualifica, che sono più associati alle dimensioni territoriali, demografiche, militari o economiche di ciascun Paese. È l’etica e un’alta dose di coraggio, direbbe qualsiasi cubano.

Durante tutto questo tempo, è stato assunto anche il principio fidelista di cambiare ciò che deve essere cambiato, con professionalità e prudenza, seguendo il senso dell’opportunità.

I primi anni dopo il 1959 furono il momento della sopravvivenza della Rivoluzione; fu allora che iniziò a prendere forma la configurazione di quella che sarebbe diventata, un decennio e mezzo più tardi, la mappa dei legami politici con l’esterno, molti dei quali sono ancora in atto.

Da quel momento in poi, sopravvivere significava affrontare il ferreo blocco economico, finaziario e commerciale imposto dal governo degli Stati Uniti praticamente a partire dal 1959, subendo le successive codificazioni dal 1962, tra cui la Legge Torricelli, la Legge Helms-Burton e gli innumerevoli ordini esecutivi delle successive amministrazioni yankee.

Il blocco è l’insieme di sanzioni più esteso, prolungato e crudele che un Paese abbia mai sopportato nella storia contemporanea, e rappresenta chiaramente un atto di genocidio.

La maldestra risposta dei governi statunitensi all’esercizio dell’indipendenza di Cuba spiega anche, in larga misura, il modo in cui la Rivoluzione ha gestito la sua politica estera.

All’ostilità imperiale si rispondeva non solo con dignità, ma anche con molta intelligenza, che non di rado disorientava gli avversari; molto di questo si ritrovava nel rafforzamento dei legami con l’ormai defunto Campo Socialista, così come nel sostegno al movimento rivoluzionario in America Latina, che viene evocato con orgoglio, e in altre parti del cosiddetto Terzo Mondo.

In quegli anni sono state scritte vere e proprie epopee; ad esempio, la mille volte eroica caduta del Che in Bolivia.

Abbiamo solo riportato i nostri morti dall'Africa, avrebbe detto Fidel con emozione

Che dire dei contingenti internazionalisti in Angola, dove l’apartheid sudafricano ha trovato la sua tomba, anche grazie al sangue versato dagli abitanti di un’isola che, quando si è ritirata, non si è impossessata di miniere o giacimenti, né ha lasciato in piedi un governo fantoccio di qualsiasi tipo di colonialismo.

Abbiamo solo riportato i nostri morti dall’Africa, avrebbe detto Fidel con emozione.

Sarebbe imperdonabile non menzionare la solidarietà, dispiegata praticamente in ogni angolo del mondo, perché la politica estera cubana è indissolubilmente legata alla fratellanza con le giuste cause dei popoli di tutto il mondo, condividendo ciò che abbiamo, trasformando questo gesto in un esempio che contraddistingue la sua Rivoluzione, autentica nel suo internazionalismo.

Quando la solidarietà si veste di camici bianchi, come angeli senza ali

Questa solidarietà era vestita di camici bianchi, come angeli senza ali, che hanno portato la bandiera della Stella Solitaria in più di cento Paesi. È un’immagine colossale.

Persino l’ex presidente dell’impero, Barack Obama, si rammaricò pubblicamente del fatto che Cuba inviava medici ovunque, mentre loro, invece, distribuivano marines in tenuta da combattimento, spesso carichi di odio razziale.

La vocazione integrazionista della Rivoluzione, eredità ineludibile degli eroi, eredità scritta nel marmo da José Martí, non può essere trascurata in questa riflessione. Il presente e il futuro della Nostra America non sarebbero gli stessi senza una Celac, o senza alcune delle strutture integrazioniste dei nostri Caraibi, dove è presente il contributo modesto e disinteressato di Cuba.

G77+Cina. A Cuba si riunisce il nuovo mondo multipolare

Cuba ha brillato in altri ambiti multilaterali, con proposte utili, difendendo posizioni di principio e necessarie; fin dagli inizi della Rivoluzione, Cuba ha aderito al Movimento dei Non Allineati, poi al Gruppo dei 77 + Cina, e ad altri eventuali spazi terzomondisti o delle Nazioni Unite.

Quando l’isola ottiene un sostegno praticamente unanime nel voto di condanna del blocco all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, assistiamo solo al culmine di uno sforzo internazionale accuratamente sviluppato, alla consacrazione del personale diplomatico incaricato da un popolo eroico. Ciò che è davvero straordinario è che questo sostegno non sta diminuendo, sicuramente come riflesso della giustizia della denuncia di questa politica criminale.

«Chi insegna la verità prepara i popoli a comprenderla; chi insegna la menzogna condiziona i popoli per ingannarli [...]» Fidel Castro

Un’altra battaglia improrogabile è stata combattuta nello spazio mediatico, nella lotta contro la calunnia, contro il tentativo di screditare un’opera della dimensione della Rivoluzione.

Non da ultimo, abbiamo anche dovuto affrontare un flusso migratorio politicizzato, utilizzato dalla potenza di aggressione per denigrare il Paese, generando ogni tipo di incentivo e privilegio per i cubani “sfuggiti al comunismo“. Questi “esuli” sono sempre tornati nella terra natale; molti, la stragrande maggioranza, mantengono legami con il proprio Paese. Oggi gli emigrati cubani hanno la possibilità di contribuire allo sviluppo della loro patria.

Agli eroici martiri del servizio estero cubano vanno le ultime parole di questo omaggio. Erano dove era necessario. Fanno parte del paradigma intangibile della Rivoluzione cubana.

 

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