Resistenza, oggi. A Cuba è reale, in “Occidente” è retorica (VIDEO)

Cuba oggi, dove la Resistenza non è un mito, continuerà a costruirsi con la guida di un Partito conduttore di un processo di continuità nel quale Fidel è presente ogni giorno e in ogni opera.
In Occidente invece gli squadristi oggi non sono più nelle strade con il manganello e l’olio di ricino ma sono negli studi televisivi o sui grandi giornali, pronti ad aggredire, deridere, offendere e denigrare qualsiasi voce critica.

a cura di GFJ

Cuba: Un paese in permanente resistenza

Le donne cubane meritano un monumento per aver resistito al blocco per oltre 60 anni

tratto da www.cuba-si.ch/it

Da quando gli spagnoli arrivarono per la prima volta nel nostro arcipelago nel 1492, sino al giorno d’oggi, –passando, ovviamente, per l’usurpazione statunitense dell’indipendenza nazionale, la tappa neocoloniale e la difesa della Rivoluzione, per sei decenni, con «le unghie e i denti»– Cuba è stata un enorme riferimento di resistenza.

La storia ha fatto sì che questo paese partorisse un José Martí Pérez e un Fidel Castro Ruz.

L’Isola grande delle Antillas ha appreso il valore dell’internazionalismo precocemente, nel 1868, quando un dominicano patriota, Máximo Gómez, diresse e lottò con le fila dei mambì nella lotta contro il giogo della Spagna.

La storia ci ricorda che la nostra Isola immensa, trasformata in neocolonia del vicino del Nord – Martí aveva avvisato sulle sue intenzioni perniciose – visse anni di vero inferno, di spoglio della sovranità, di furto delle risorse, di regimi crudeli che sapevano leccare molto bene lo stivale dell’impero il quale li pagava per depredare il paese.

Furono decenni oscuri senza una vita degna, quando si poteva osservare un marinaio yanquee orinare sulla statua di Martí a L’Avana, quando con un esercito di soldati trasformò Caimanera (prov. Guantánamo) in un centro di prostituzione, contrabbando, droga e vizio, a lato del territorio usurpato in cui avevano installato la funesta base navale in Guantánamo.

Furono anni –secoli direi – in cui proliferavano l’analfabetismo, la mancanza di salubrità, le malattie che non venivano curate perché non c’erano medici, né centri di salute né mezzi per affrontarle.

Ma erano anche anni nei quali si formava la coscienza di una gioventù che poi fu protagonista «dell’assalto al cielo», per ridare a Cuba la sua dignità, la sua sovranità e la sua grandezza naturale.

Chi guidò le nuove battaglie conosceva l’opera di Martí, la dignità di Maceo, il valore e l’acutezza strategica di Gómez. Furono loro gli artefici della scuola militare, organizzativa, politica ed etica, che seguirono in ogni combattimento di fronte alle molte avversità, quando la vittoria sembrava ancora lontana. Fidel.

Un uomo straordinario, genio politico e militare, Fidel Castro, ha saputo impregnare, con il suo coraggio, la sua intransigenza rivoluzionaria e la convinzione nel trionfo, la certezza che l'unica alternativa era la lotta armata per fare di Cuba un paese libero e sovrano.

Il 1º gennaio del 1959, con le armi spianate e l’unità come bandiera, i «barbudos», guidati da Fidel scesero dalla Sierra e iniziarono quella che il leader definì la battaglia più difficile: far durare la Rivoluzione. Resistere!

Un solo Partito, portatore della bandiera dell’unità come premessa per agglutinare tutto il popolo attorno a lui. Per resistere!

Si costituiva così un Partito unico, come aveva fatto José Martí il 10 aprile del 1892, quando creò il Partito Rivoluzionario Cubano, per il quale l’Apostolo aveva anticipato l’idea che solo attraverso una tale organizzazione si poteva dirigere la lotta emancipatrice del popolo.

Oggi questa terra immensa, eroica, degna e solidale si può sentire orgogliosa che l’idelogia di Martì, sostenuta e messa in pratica da Fidel quando assaltò la caserma Moncada, e raccolta nella sua arringa, nota come “La storia mi assolverà” sia diventata una realtà.

Un solo Partito, l’unità come bandiera e il vincolo con il popolo come principio.

Orgogliosi e impegnati, noi che abbiamo abbracciato le idee di Martí e di Fidel, militando nel Partito o nelle organizzazioni dei lavoratori, dei giovani, delle donne e dei pionieri, abbiamo fatto dell’unità e della resistenza la chiave per affrontare e vincere ogni tentativo – interno o esterno – di dividerci e di piegarci.

Cuba viva, oggi,  continuerà a emanciparsi dietro la guida di un Partito conduttore di un processo di continuità nel quale Fidel è presente ogni giorno e in ogni opera.

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Occidente: Resistenza da chi e da cosa?

tratto da https://www.marx21.it

È tradizione consolidata che le celebrazioni del 25 aprile in Italia siano accompagnate da polemiche, critiche e distinguo. Quest’anno però lo scontro sta degenerando in farsa ed è stato introdotto un nuovo dilemma: sì o no alle bandiere della Nato, una discussione che stravolge il buon senso.

Prontamente è scattato il linciaggio dei maggiori organi d’informazione contro l’ANPI | Associazione Nazionale Partigiani d’Italia colpevole di avere detto no alla presenza di questi simboli durante le celebrazioni. Già il fatto che si parli di un’assurdità simile è una sconfitta per l’antifascismo, non perché la Nato sia stata fondata nel ’49 a Liberazione compiuta, ma perché essa è stata un’organizzazione che ha portato morte e distruzione nel mondo, basti pensare alla sciagurata guerra in Jugoslavia fatta in totale spregio del diritto internazionale. Ricordiamo che la Nato nacque non solo, e non tanto, con funzione difensive rispetto al Patto di Varsavia (che infatti è sorto successivamente) ma per necessità di controllo interno, ovverosia per impedire che le organizzazioni comuniste e socialiste andassero al potere. Fu una scelta che limitò la nostra democrazia e la nostra sovranità in totale negazione dei valori della Resistenza.

Oggi come ieri?

Il tema delle bandiere atlantiste è però solo un pretesto per attaccare l’ANPI e per continuare l’escalation bellica contro la Russia.  La scelta russa di avviare l’Operazione Militare Speciale va vista nel suo contesto storico; se un atto viene giudicato in modo a sé stante senza analizzare quello che c’è stato prima si può arrivare a dei brutti paradossi, ad esempio è giusto fucilare un uomo e poi appenderlo a testa in giù? Un simile atto può essere giustificato con quello che è successo nei 20 anni precedenti? Noi pensiamo di sì, piazzale Loreto appartiene alla nostra storia come i partigiani che lì vennero trucidati nell’agosto del ’44. Allo stesso modo non dimentichiamo i 14 mila morti nel Donbass, così come conosciamo molto bene le denunce di questi crimini fatte dall’OSCE, dall’ONU e persino da un’organizzazione ambigua (eufemismo!) come Amnesty International.

Se c’è un nuovo pericolo fascista esso non si trova in Russia e paradossalmente neanche dietro le bande naziste ucraine, perché esse senza il sostegno e la compiacenza dell’Occidente sarebbero già da tempo scomparse dalla storia. Il nuovo fascismo sta nel giustificare il battaglione Azov, sta nel presentarlo come un battaglione di patrioti,  “le cui svastiche sono ispirate ad atavici retaggi del passato e non certo all’esempio di Hitler e Stepan Bandera” (intanto divenuto padre nobile della patria).

Gli squadristi oggi non sono più nelle strade con il manganello e l’olio di ricino ma sono negli studi televisivi o sui grandi giornali, pronti ad aggredire, deridere, offendere e denigrare qualsiasi voce critica. Durante il maccartismo era obbligo iniziare a parlare sentendo la necessità di dire: ‘non sono e non sono mai stato membro del Partito Comunista’, oggi per ottenere il permesso di intervenire occorre dire che ‘Putin è un dittatore e la Russia è l’aggressore‘, ci chiediamo perché nessuno ha mai sentito il bisogno di rimarcare con la stessa foga i ben più gravi crimini statunitensi?

Domanda retorica: Perché si condanna, giustamente, il fenomeno dai bambini-soldato ma si esaltano le foto di bambine ucraine con in mano un’arma? Quando l’Unione Sovietica resisteva all’orda nazi-fascista si diceva che il contributo dei bambini alla difesa della Patria era quello di continuare a studiare, veramente i nostri giornalisti pensano che solo degli stipendiati da Putin si pongano queste domande?

Il sostegno ai nazisti ucraini oramai è ampiamente diffuso anche a sinistra, quella sinistra che con forza continua a parlare di resistenza ed a chiedere l’invio di armi.

L’Occidente non riesce a guardarsi allo specchio, chi non accetta la sua visione del mondo è un paria, il limite di questo ragionamento è che mentre un tempo era questo piccolo spicchio di mondo ad esercitare un’egemonia oggi non è più così e nuovi attori, a partire dalla Cina, si stanno affacciando (meglio riaffacciando) sulla scena.

Lo stesso atteggiamento che porta a non considerare le posizioni altrui senza indagarne i perché lo si ritrova nella politiche interne. Ci si dispera per le vittorie dei cosiddetti ‘populisti’ e ‘sovranisti’ ma non ci si chiede mai perché queste forze vengono votate. Entrambe le questioni, vittoria delle forze anti-sistema e blocco anti-occidentale a livello internazionale, hanno una radice comune nella crisi delle nostre “democrazie” che non è conseguenza delle vittoria delle forze anti-establishment ma ne è causa. Intanto si è visto in questi anni ridursi i salari e gli stipendi a beneficio di rendite e profitti, sono cresciute le diseguaglianze e conseguentemente si sono ridotti gli spazi democratici.

La Resistenza taciuta delle donne

Ricordiamo e ringraziamo:
le 35.000 donne che operarono come combattenti
le 20.000 patriote, con funzioni di supporto
le 70.000 donne iscritte nei GDD
le 4.653 donne arrestate, torturate e condannate dai tribunali fascisti
le 2.756 deportate nei lager tedeschi
le 2.900 donne giustiziate o uccise in combattimento
le 512 commissarie di guerra
le 1.700 donne ferite
le 19 donne medaglia d’oro
le 17 donne medaglia d’argento

Il 25 aprile deve avere al centro questi temi e non il sostegno ai nazisti ucraini.
Gli Stati Uniti ed i suoi alleati devono capire che il mondo sta cambiando, che la loro egemonia è finita e che la guerra non può essere uno strumento per impedire che la storia faccia il suo corso.


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Pubblicato in Attualità, Cuba, Internazionale, Svizzera

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