Questi sono i fatti. Tuttavia, la narrazione imposta è piena di omissioni e lacune e legittima spudoratamente le azioni sanzionatorie degli Stati Uniti, anche contro la sovranità europea.
Riferire senza remore o dubbi che la società francese Maurel & Prom MAUP.PA ha dovuto chiedere un permesso al Dipartimento di Stato americano per poter commerciare con la compagnia petrolifera venezuelana PDVSA, ci porta a due conclusioni che non verranno mai affrontate: il blocco, oltre a essere illegittimo, è extraterritoriale e l’Unione Europea è più vassalla che complice.
Seguono due costruzioni di natura più strategica e ideologica che si esprimono, una, nella matrice comunicativa che cerca di seminare l’idea del fallimento economico del processo chavista, a prescindere, per quanto cinico possa sembrare, dalla contraddizione logica rappresentata dal blocco. Un puro gioco di prestigio mediatico.
L’altro è mettere in guardia i terzi da ciò che potrebbero affrontare se decidessero di esplorare percorsi alternativi al neoliberismo e al capitalismo.
Il caso di Cuba è un altro esempio antologico di manipolazione e menzogna.
Accusata per decenni di essere una dittatura crudele e di violare i diritti fondamentali, Cuba è stata appena eletta da 146 Stati nel Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite.
Ma Cuba soffre anche di un ferreo blocco economico, commerciale e finanziario imposto dagli Stati Uniti. L’intenzione è chiara: sconfiggere questa esperienza socialista.
Grazie al trattamento mediatico della stampa mainstream, intellettuali e politici sono arrivati a ripetere le argomentazioni di Washington secondo cui il blocco è un pretesto cubano per giustificare i problemi economici dell’isola.
Cambiano parere solo quando conoscono a fondo il quadro di leggi e regolamenti progettati dagli Stati Uniti per asfissiare e sottomettere il popolo cubano e quando le imprese dei loro Paesi si scontrano e subiscono le conseguenze di questo sciame genocida.
Inoltre, chiamando questa guerra economica embargo, come la Casa Bianca l’ha sempre definita, si cerca di alleggerire il peso aggressivo e criminale e di presentare la questione come una disputa bilaterale.
Basta controllare la stampa di questi giorni per vedere come la compagnia energetica messicana PEMEX si sia vista annullare la richiesta di un prestito milionario da parte di una banca statunitense, proprio dopo che è stato rivelato che, in modo sovrano, aveva esportato petrolio a Cuba. Un modo per confermare che il blocco è una questione bilaterale, al di là delle recenti accuse della suddetta banca.
La guerra
Negli ultimi 75 anni, il popolo palestinese ha subito crimini inimmaginabili. Dall’uccisione di bambini con il fosforo bianco all’espropriazione permanente della loro terra.
La lotta per riconquistare la propria terra, la propria dignità e la propria libertà è stata la scelta di milioni di palestinesi in tutti questi anni. La comunità internazionale, per lo più inerte, ha assistito al più lungo crimine del nostro tempo, come lo ha descritto Fidel Castro il 12 ottobre 1979, in occasione della plenaria dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
Su questo stesso scenario, 19 anni prima, Fidel espresse un’idea che è ancora valida oggi e la cui essenza è stata ignorata, nascosta, quando si analizza ciò che sta accadendo oggi nella Striscia di Gaza. Fidel disse nel 1960: “Se sparisce la filosofia dell’espropriazione, sarà sparita la filosofia della guerra”.
Non c’è spazio per la superficialità o l’opportunismo, tanto meno per la codardia o l’omissione della storia quando si cerca un approccio al conflitto israelo-palestinese.
Dare la colpa alla vittima perenne per la nuova escalation, conoscendo l’asimmetria tra un popolo vessato, bloccato e tormentato e un regime sionista sostenuto dagli Stati Uniti che viola i più elementari diritti umani e tutte le risoluzioni delle Nazioni Unite e il diritto internazionale, è una falsità e un’ipocrisia. Tutte le guerre sono odiose, ma non credo alle false preghiere di pace, dettate da tribune montate su milioni di palestinesi morti.
L’espropriazione e il genocidio del regime sionista di “Israele” contro i palestinesi è la causa reale e fondamentale di ciò che sta accadendo oggi in quella regione.
La codardia e l’indifferenza di gran parte della comunità internazionale, insieme al sostegno politico, diplomatico, militare e finanziario degli Stati Uniti al genocida “Israele”, hanno procrastinato una soluzione giusta e duratura per entrambi i popoli, unica garanzia di pace.
Ma non è di questo che parlerà la grande stampa corporativa monocorde, né la piccola stampa, entrambe piene di interessi, bugie e riflessi condizionati, e incapaci di presentare i fatti in modo obiettivo, razionale ed etico.