Sin las Mujeres no hay Revolución (collage immagine: GFJ)
Intervista (di alcuni anni fa) a Maria Teresa Peña Gonzalez, ex guerrigliera che a 17 anni partecipò attivamente alla Rivoluzione Cubana.
di Maddalena Celano
Aggiunte: GFJ
1° dicembre 2023
Maria Teresa Peña González, rivoluzionaria cubana, sindacalista e studiosa. Eroina della rivoluzione cubana combatté ancora minorenne nella Sierra al fianco di Che Guevara, Fidel e Raul Castro contro le truppe del dittatore cubano Batista
Intervista a Maria Teresa Peña Gonzalez, ex guerrigliera che a 17 anni partecipò attivamente alla Rivoluzione Cubana. Nata nel 1940, è ingegnere chimico, militante del Partito Comunista Cubano, membra della Federazione delle Donne Cubane e della Federazione Democratica Internazionale delle Donne (in sigla, a seconda della lingua, FDID, FDIM, FDIF, IDFF o WIDF). Studiosa, saggista, scrittrice e artista, in questo momento collabora con il Centro de Investigación e Información Históica de Acapulco in Messico. Maria Teresa Peña Gonzalez da anni porta avanti studi sul rapporto tra le religioni e la condizione femminile. In particolare, è autrice di Sexo-Género: una construcciòn socio-religiosa-cultural, “il suo più importante lavoro sul rapporto tra religioni e condizione femminile, e in questo libro evidenzia come le teologie religiose (in particolare, quelle cristiane) abbiano marchiato le donne come specie secondaria e subordinata”. Non solo ex guerrigliera, quindi, ma anche “combattente” per i diritti delle donne. Conosciuta per la prima volta nel luglio 2011, nella sua dimora presso il quartiere Vedado dell’Avana, l’ho incontrata nuovamente in Italia nel giugno 2014, organizzando con lei diversi incontri e iniziative nel Lazio. Quest’estate, tra giugno e luglio 2017, ho trascorso con lei, all’Avana, due settimane intense in cui abbiamo ripercorso i sogni di una vita e le sue battaglie politiche e culturali. Donna carismatica e tuttora gradevole, nonostante l’età, dimostra sempre un forte temperamento ardente, volitivo e fiero. Non è difficile immaginarla, ancora giovanissima, con il fucile in spalla, scontrarsi con la soldataglia del tiranno Batista.
Sin las Mujeres no hay Revoluciones (collage immagine: GFJ)
L’intervista
di Maddalena Celano
Qui da noi in pochi sanno che la Rivoluzione Cubana, sin dalle sue origini, viene segnata da una forte prospettiva “di genere”. Le donne rapidamente ottennero ruoli decisionali e di leadership. Come si sviluppa la consapevolezza femminista delle donne cubane?
Sin dai primi anni della Rivoluzione Cubana, l’equità di genere diventa una priorità: si avviò una serie di misure tendenti a eliminare le barriere che mantengono la donna in posizioni sociali subordinate, innestando un tentativo di trasformazione integrale degli individui. La creazione nel 1960 di una Federazione di Donne Cubane, in sigla FMC, determinò un importante passo nel processo organizzativo di proposte e azioni positive, arrivando perfino a convertirsi in una delle istituzioni più attive e dinamiche che siano mai esistite nella storia contemporanea di Cuba, in funzione dei sostanziali risultati ottenuti. Tuttavia, la lotta per i diritti della donna nella Rivoluzione non supera, durante le prime due decadi, la dipendenza da abitudini culturali ereditate dalla tradizione colonialista, mentre la massiccia incorporazione lavorativa delle cittadine cubane, è uno dei cambiamenti più indicativi, ma non risponde tanto a una necessità di uguaglianza di diritti ma più a una necessità strategica da parte della dirigenza del paese d’ampliare la propria forza lavoro.
Si sta tentando di comprendere quanti e quali siano stati i cambiamenti essenziali nei diritti della donna cubana durante questi cinquanta anni di Rivoluzione, il suo processo d’integrazione sociale, di ricerca, di eguaglianza, la rivendicazione dei suoi spazi. La principale organizzazione femminile e la più ramificata sul territorio nazionale, la FMC, incontrò le sue difficoltà nell’assumere la teoria di genere o, per citare un altro aspetto importante, nel gestire i differenti ambiti organizzativi sorti nella cornice della nuova realtà sociale. Ma conviene conoscere brevemente come si è sviluppata la storia prima del 1959. Quali sono state le tappe fondamentali?
Nelle due ultime decadi del secolo XIX a Cuba, come in altre aree della regione latino-americana, dove i movimenti popolari continuano ad assumere il nuovo compito di modernizzare il paese l’educazione delle donne emerge come un argomento molto diffuso, dal quale si elabora un discorso destinato a combinare la necessità sociale e individuale del lavoro femminile con la moralità borghese. Il compito non sarà facile. Oltre alle profonde ferite e conseguenze della lotta contro la colonizzazione spagnola, bisognerà parlare anche di un patriarcato molto radicato nella mentalità sociale. La storia nazionale di Cuba ricalca uno stereotipo universale di uomo cui sono assegnati valori patriarcali che lo rendono preda di una costruzione di genere secondo cui essere maschio è importante in quanto le donne risultano essere cittadine di seconda classe. In questa realtà, l’inserimento lavorativo della donna resta soggetto a una severa disciplina ricalcata da principi morali e religiosi. Prima di allora una teoria basata sulla famiglia monogamica e patriarcale modellava la donna dentro casa, subordinata ai capricci del marito come una perfetta casalinga. Si pensava che le donne fossero venute a questo mondo con la missione di favorire il culto della maternità e l’amministrazione della casa, ovviamente nella sua parte domestica, giacché di spese e investimenti si occupa il signore della casa. In quell’epoca a Cuba non era abituale vedere una donna introdotta nel mondo del lavoro salariato. Una delle poche funzioni accessibili alle donne era di fabbricare sigari o contenitori per sigari. Verso il 1899, in coincidenza con l’intervento nordamericano sull’isola, sarte, maestre o lavandaie cominciarono a fare le prime apparizioni. Più tardi compariranno ostetriche, infermiere, dattilografe, stenografe o commesse di commercio. Verso il 1899 sorge una nuova Repubblica per la quale avevano lottato anche le donne, una nuova Repubblica non conforme alla visione androcentrica dei suoi primi mandatari. Le donne chiesero finalmente il suffragio, l’indennità e altri tipi di richieste che portarono un aumento di aspettative sul ruolo femminile, facendo crescere considerevolmente anche una bibliografia scritta su temi relazionati col femminismo, la legislazione e il suffragio. La costruzione di un’ideologia nazionalista cubana sullo stile nordamericano attraversa l’istruzione pubblica, la forza di lavoro femminile diviene portatrice di una pedagogia sociale nazionalista. Questa situazione stimolò il primo intervento nordamericano nell’Isola (1898) e la sviluppo d’idee moderne sulla donna che include la nascita di corsi universitari per donne cubane presso l’Università di Harvard e contatti col Woman Club di Boston. Questi incontri ebbero influenza sull’ulteriore nascita di organizzazioni femministe in stile nordamericano nel paese. Tutto ciò in una società dove il machismo fu convalidato come forma di cultura, legato all’egemonia maschile costituita dall’infanzia e riaffermata, tra gli altri parametri, nel valore epico del combattente. Progressivamente, la nuova professionista, l’operaia o l’impiegata, si va aprendo spazio nel mondo che arriva. Ciò annuncia perfino la sua offerta lavorativa in riviste, alcune delle quali sono dirette da donne (Gonzalez Pages, 1998: 275). Prosegue il vecchio discorso patriarcale ma convive già con una nuova sensibilità sociale, frutto dell’influenza liberale nordamericana. L’incorporazione femminile al mondo lavorativo genera parallelamente importanti cambiamenti nella vita quotidiana dell’isola: si creano centri per l’infanzia, associazioni femminili e prime organizzazioni sindacali per lavoratrici. Cominciarono ad apparire forme di socievolezza femminile e donne progressiste che appoggiano idee ed organizzazioni socialiste ma con meno risorse economiche rispetto ai maschi. Il femminismo si andava facendo largo in quel terreno intellettuale, sia da posizioni progressiste che religiose: tante borghesi, meticce, bianche e creole continuano a difendere la loro indipendenza e i diritti economici e sociali conquistati. Gradualmente aumenta anche il numero di laureate in studi superiori. Esistono alcune statistiche sulla progressiva incorporazione delle donne agli studi universitari nei primi 15 anni del nuovo secolo. Nei primi decenni del ‘900 solo 189 donne cubane si laurearono in differenti settori. Per quanto concerne il magistero, il numero aumentò a 4.244, essendo le donne il 82 percento di totale delle maestre (Gonzalez Pages, 1998: 275). Il matrimonio, inteso come istituzione che subordina la donna come proprietà al suo compagno, comincia a essere criticato da importanti intellettuali cubani, specialmente vincolati alle classi liberali e di razza bianca. Un movimento esteso di dissenso sociale ottiene, nel 1918, che Cuba si converta nel primo paese latinoamericano a ottenere una legge sul divorzio. Un anno prima, nel 1917, si approvò la legge sulla patria potestà e sedici anni dopo, nel 1934, la donna cubana otterrà il diritto a potere scegliere se essere scelta nei processi elettorali, dopo decadi di lotta. L’ottenimento di due importanti traguardi, la Legge sulla Patria Potestà, nel 1917, e la Legge sul Divorzio (1918), definirono una tappa in auge del femminismo liberale in Cuba che porterà alla creazione del Club Femminile (1918), associazione che raccoglie i primi documenti sul dibattito femminista della decade degli anni ’20. L’attivismo del Club Femminile incoraggiò la creazione di una Federazione Nazionale di Associazioni Femminili a Cuba nel 1921. Le associazioni integranti convocarono il Primo Congresso Nazionale delle Donne Cubane (1923) che ebbe la particolarità di essere il primo in America Latina, con un programma che include dal giardinaggio femminile fino a dibattiti su aspetti tanto polemici come la differenza tra figli legittimi ed illegittimi, la necessità di ottenere un’uguaglianza sociale e sostanziale tra l’uomo e la donna nella legislazione sull’adulterio e l’inevitabile tema del suffragio femminile. Questo tipo di organizzazione è convocata per la seconda volta nell’ aprile del 1925, ma la Chiesa Cattolica prende le redini della situazione facendosi rappresentare da varie organizzazioni fittizie per boicottare i temi proposti e propiziare lo scioglimento del Club Femminile. Le contraddizioni si acuirono nel periodo del governo di Gerardo Machado, nel 1925 fino al 1933, con l’utilizzo del suffragio femminile come uno dei primi punti populisti della sua campagna. Così rimasero divise le forze tra femministe e suffragiste, con posizioni ben divergenti (Gonzalez Pages, 2008). Mentre si va costruendo un paradigma di donna che difende la sua partecipazione alla vita pubblica, il femminismo come ideologia articolato a Cuba si avvicina molto alla strategia riformista del movimento statunitense più che alle proposte europee alimentate in tecniche di propaganda e disubbidienza civile vicine al socialismo. Ma a Cuba anche le donne nere e meticce giocarono una carta importante nei compiti di consapevolezza e lotta per l’uguaglianza, attività che si rese evidente attraverso riviste informative tanto differenti come Femina, la Feminista, Minerva o la Luz.
Le femministe cubane finalmente cominciarono a “flirtare” con il socialismo: si dedicarono ad aiutare le donne affamate, che stimolarono a parlare in pubblico e ed esprimere le loro idee. Si lamentavano, tuttavia, che la campagna che avevano intrapreso non sarebbe rimbalzata al grande pubblico ma reiterarono la necessità di risolvere un doppio problema, quello della casa e quello del cibo. Purtroppo all’Avana ribassarono di circa di un 25 percento le contribuzioni salariale in alcuni stabilimenti come le seterie e le profumerie che impiegavano un 80 percento di personale femminile.
L’incorporazione della donna cubana alle attività pubbliche nelle prime decadi del secolo XX, ha nella sfera della vita politica uno dei suoi esempi più illustrativi. Dagli anni venti sorgeranno diverse associazioni cittadine e formazioni politiche costituite da donne come il Partito Femminista e il Partito Nazionale Suffragista, la Lega Difensiva della Donna, il Club Femminile di Cuba o il Movimento delle Cattoliche Cubane. In un primo momento le domande dei movimenti sono rapportate fondamentalmente con la modificazione del Codice Civile, l’approvazione della legge del divorzio, la giornata lavorativa di otto ore, la creazione di scuole di Arti e Mestieri, l’ottenimento d’impieghi per la donna o il diritto all’educazione e alla cultura. Il suffragio universale si trasformerà in poco tempo nella sua rivendicazione principale. In realtà, la priorità delle rivendicazioni è molto marcata per le distinte origini sociali. Il suffragio simbolizzò la democrazia in un’epoca in cui i presidenti violavano i principi democratici. Ma a differenza del divorzio o delle leggi sulla proprietà, si approvò il suffragio perché le femministe lo trasformarono in una causa e in un simbolo nazionale.
Come in tanti altri posti, sotto la definizione di femminismo, coesistono ideologie moderate, conservatrici, progressiste, socialiste, etc. Quale fu l’orientamento politico maggioritario all’interno del femminismo cubano?
Mentre la leadership del movimento rimarrà nelle mani di donne di razza bianca, nella loro maggioranza appartenente alle classe media o alta, l’evoluzione della società cubana colpiva in maniera differente i rispettivi ruoli di uomini e donne in ogni classe sociale. Le donne povere vivevano in uno stato veramente critico; la loro lotta era per la sussistenza e l’assicurazione di alimenti fondamentali per la loro famiglia. Le operaie organizzarono nuovi scioperi e combatterono la dittatura machadista (del tiranno Machado). Ma non diedero preferenza alle questioni di genere. Le donne di classe media assunsero perciò la leadership a nome di tutte le donne cubane. I cambiamenti interni al pensiero femminista cubano sono notevoli a partire dagli anni trenta e coincisero con un Manifesto del Partito Ortodosso, partito progressista a cui aderì lo stesso Fidel Castro.
Un cambiamento di forze a beneficio della sinistra, dopo il movimento rivoluzionario del 1933 a Cuba, si vede specchiato nella celebrazione dell’ aprile del 1939 nel famoso Terzo Congresso Nazionale delle Donne, dove per la prima volta le donne cubane otterranno un’ampia rappresentanza. Il congresso fu una rottura con il femminismo liberale degli anni 20, perché la maggioranza delle conquiste liberali e formali erano già realtà: il divorzio, la legge sulla patria potestà, il suffragio, legislazioni sulle operaie e sulla maternità. Ciò che restò invariato fu il potere economico molto sbilanciato tra uomini a donne (a vantaggio dei maschi) e fortemente sbilanciato tra neri e bianchi (a vantaggio dei bianchi). Cosa mancava? Che queste leggi si realizzassero e che si integrassero ad altri temi, come quella donna giovane, nubile e povera con i suoi problemi specifici, la donna e le leggi sociali, la donna e la pace, la donna e la maternità, (Gonzalez Pages, 2008).
Tra 1934 e il 1958, come segnala l’esaustivo lavoro d’investigazione di Olga Coffigny sulle donne politiche cubane (Coffigny, 2008), vi furono ventisei donne elette nel potere legislativo, ventitré come rappresentanti e tre come Senatrici. Ma buona parte di esse apparteneva a famiglie benestanti, donne della media o piccola borghesia. Le donne povere e le nere furono ancora una volta escluse.
In questo periodo dominato dal dittatore Fulgencio Batista vi fu un “revival” del machismo e le donne furono profondamente sottovalutate nel seno dei propri partiti. Nelle elezioni di gennaio del 1936 le donne ottengono per la prima volta cariche di rappresentanza alla Camera, ma i voti femminili servono essenzialmente per l’ottenimento di maggioranze, perciò il loro ruolo restò sostanzialmente simbolico. Nel frattempo, le lavoratrici-madri continuarono a operare in un sistema che non le sosteneva per nulla, le molestie sul lavoro erano all’ordine del giorno mentre la prostituzione e lo sfruttamento minorile divennero un fenomeno massivo ed endemico, in sintesi si trattò di una vera e propria “emergenza-sociale”.
Nel 1959 con la vittoria della Rivoluzione Cubana guidata da Fidel Castro, la rivendicazione dei diritti della donna cubana per la prima volta fu messa all’ ordine del giorno. Nel 1960 nasce l’idea di creare una Federazione di Donne Cubane che affronterà tutte le problematiche concernenti la “questione-femminile”. La FMC si farà carico della formazione professionale e politica delle donne, della tutela e della protezione della maternità, della creazione di asili nido, del recupero sociale ed economico delle donne costrette alla prostituzione (a causa di ricatti o a causa della penuria economica) o ad altre situazioni di coercizione, degrado e svilimento.
Com’è composta la FMC?
La FMC è strutturata su base territoriale che va dal livello nazionale al livello municipale. Ogni cinque anni, si celebra il suo Congresso eleggendo il suo nuovo Comitato Nazionale, con un 50 percento di nuove delegate, ed il suo nuovo Segretariato composto, secondo i suoi statuti, da una Segretaria Nazionale, una Seconda Segretaria e tre dirigenti.
Altre ONG cubane costituite da donne è quella Circolo di Genero e Giornalismo dell’Unione di Giornaliste di Cuba, l’Organizzazione delle Donne Scientifiche dell’Accademia di Scienze di Cuba, la Cattedra della Donna nei Centri di Educazione Superiore o la Loggia Massonica Femminile del Gran Consiglio dell’ Ordine delle Figlie di Acacia. Queste organizzazioni si occupano di studio, ricerca, relazioni esterne, educazione e orientamento ideologico.
La questione è vedere fino a che punto, da una parte, questa nuova visione emancipazionista sia rispettata nella pratica da un’impalcatura istituzionale in una struttura piramidale. Dall’altro canto, la ricettività acquisita sulle questioni di genere suscita nella nuova generazione di donne cubane nuove rivendicazioni con nuovi esempi pratici di conquista di autonomia e spazi propri di espressione.
Quali sono state le conquiste femminili più evidenti portate avanti dalla Rivoluzione?
L’evoluzione che ha avuto la presenza femminile negli organi del Potere Popolare ha fatto in modo che si desse maggior spazio e presenza ai servizi per l’ infanzia e la maternità, all’ espressione artistica delle donne ed alla comunicazione inter-generazionale. Nel nostro paese non si è optato per un sistema di quote-rosa per stimolare la promozione politica di donne; ma quotidianamente si progetta una strategia integrale diretta a cambiare tradizioni e modelli culturali machisti in chiave femminista ed emancipazionista. I frutti di questa strategia sono evidenti nei differenti processi elettivi. Già nella VII Legislatura la presenza femminile è triplicata a tutti i livelli, in tutti i luoghi di potere.
Le donne a Cuba sono il 40,63 percento dei delegati nelle Assemblee Provinciali e il 43,39 percento delle deputate. Tuttavia resta il problema del sovraccarico domestico e l’attenzione a figli e anziani che continuano a essere un ostacolo allo sviluppo sociale e culturale delle donne, soprattutto in un sistema in cui gli elettrodomestici e le nuove tecnologie non sono ancora così diffusi come nelle famiglie europee e statunitensi (gli elettrodomestici sono presenti solo nelle famiglie di classe alta a Cuba). Nondimeno il Governo lavora molto, sotto il profilo culturale e sociale, per la creazione di servizi d’assistenza e di supporto alle donne lavoratrici e nello sviluppo di un’equa redistribuzione del lavoro domestico all’interno della coppia.
Simultaneamente, la FMC negli ultimi anni ha continuato a produrre diverse pubblicazioni e lavori critici sulla condizione delle minoranze o questioni come il razzismo. Gli studi di genere a Cuba hanno introdotto anche un nuovo corpo d’ investigazione: l’analisi della mascolinità cubana, dello stereotipo universale di uomo o di donna e la relazione tra sessismo e razzismo.
La FMC adotta una Piattaforma d’Azione che raccoglie una serie di misure che debbono implementarsi in un periodo di quindici anni e la cui meta è l’uguaglianza, lo sviluppo e la pace. Il Governo Cubano, con l’approvazione del Consiglio di Stato il 7 aprile di 1997, s’impegna al compimento dell’agenda proposta, sono sette le aree tematiche d’azione e novanta i progetti di misure concrete. Il tutto si realizza con l’appoggio della FMC e il resto delle organizzazioni di massa ed altre istituzioni nazionali.